Marina del Cantone. Ristorante Lo Scoglio

Piazza delle Sirene, Località Nerano 15
Tel. 081 8081026

C’è una caratteristica della psicologia partenopea dovuta al monito del Vesuvio, alla bellezza delle isole, al mare, al frappè geologico e archeologico dei Campi Flegrei, agli Astroni che fanno di Napoli l’unica città al mondo con un vulcano spento nel proprio territorio: è il rapporto con il ritmo della natura. In nessuna altra città è così presente senza mediazioni, persino la fisicità si identifica con lo stato psicologico nel linguaggio. Mi intosto vuol dire tengo il punto, sono scacato invece rimanda alla noia, mi stai ‘ncoppa ‘o stommaco mi sei antipatico, e via dicendo.

Questa premessa per dire che venire allo Scoglio e giudicarlo con i protocolli artefatti della ritualità gourmet maturata in Italia negli ultimi vent’anni non ha alcun senso. Sarebbe come dire: perché non completano il Colosseo o ricostruiscono Pompei? Oppure: possiamo pavimentare la spiaggia così si cammina più comodamente?

Lo Scoglio oggi gestito da Peppino De Simone è anzitutto uno stile di vita: quello maturato nella gioia di vivere dopo la guerra, quando si scoprì il senso della Terra delle Sirene e tutte le persone importanti della Terra decisero di trascorrere in relax un periodo della loro vacanza in barca tra Capri, Positano, Amalfi.
Nacquero così, sulle palafitte o sulle spiagge sassose, alcuni punti di riferimento per chi era per mare: la Tonnarella a Conca dei Marini, Alfonso a Positano, i locali nel porto di Amalfi, la Buca di Bacco, Maria Grazia, Taverna del Capitano e lo Scoglio in questa Baia dove il tempo è sospeso.

La bellezza si paga, la stagionalità anche. E il fatto che il tuo posto possa essere occupato da uno che non guarda il conto perché lo giudica irrilevante rispetto all’emozione di mangiare uno spaghetto ai ricci traghettato su una lancia di fronte all’infinito pure. Venire in uno dei posti più ambiti del mondo e pretendere di pagare da trattoria vuol dire voler comprare casa a Capri a prezzo di costo di materiale e manodopera.
Spiegare che le cose stanno così è anche un po’ il mio lavoro, ripeterlo a chi si vanta di essere del mestiere mi deprime.

Sono posti, questi, dove si arriva in barca, lontano dagli affanni. E ci si affida a Peppino De Simone per trascorrere un pomeriggio senza tempo aspettando l’imbrunire e tornare a bordo.

Si mangeranno cose semplici: verdure dell’orto, pomodori che possono essere buoni o meno a seconda della stagione, come tutti gli ortaggi, le verdure e la frutta coltivati in modo naturale. Quest’anno, per esempio, difficile che i primi siano dolci, c’è solo diluizione e tanta acidità a causa delle piogge di maggio e giugno. Già, proprio come accade per l’uva che diventa vino. Ma con il fiordilatte agerolino l’abbinamento è perfetto, vale da solo lo sbarco.

Ci si affida, dunque a quel che c’è: verdure, latticini, frutti di mare e ricci messi nel piatto al volo. Si chiacchiera, si beve un vino, magari anche delle percoche in un bianco a caraffa. Perché no? Ci si rilassa. Si entra in empatia con il ritmo naturale, il cammino del sole, il mare, la macchia mediterranea, il casino nella spiaggia, le barche che vanno e che vengono.

Questa filosofia, questo stile, sono inarrivabili. E immortali. Per goderne bisogna avere sensibilità, cultura, umanesimo, ricchezza: sono i presupposti per arrivare alla semplicità essenziale di questi piatti. Un patrimonio papilloso che qualsiasi villico della Terra delle Sirene ha invece dentro dalla nascita.


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