Marzia Varvaglione: vino, la nuova sfida è nella comunicazione

Pubblicato in: Personaggi

di Emanuela Sorrentino

Produzione maggiore dello scorso anno, di ottima qualità, con uve sane e dalla buona resa. La sintesi della vendemmia pugliese è di Marzia Varvaglione, business developer dell’azienda di famiglia Varvaglione 1921, presidente Ceev, comitato imprese vitivinicole europee e di Agivi, associazione giovani imprenditori vinicoli italiani.

Come è andata questa vendemmia?

«A nome dell’azienda e confrontandomi con i colleghi posso dire che lo scorso anno e l’anno ancora precedente rispettivamente per autosiccità e peronospora delle viti avevamo registrato in media un calo del 20%. Quest’anno non c’è stato esubero, siamo molto soddisfatti della vendemmia regolare che non si vedeva da anni».

Cosa crede si possa fare per migliorare e migliorarsi nel settore?

«Anzitutto non bisogna muovere passi senza essere consapevoli di dove si vuole andare e di ciò che si intende fare. Bisogna ascoltare le richieste del mercato e le esigenze delle nuove generazioni».

Un esempio?

«Molti si avvicinano al mondo del vino come appassionati, sono i consumatori del futuro. Le aziende devono conservare e preservare la tradizione, difendendola con amore, ma anche sperimentare, osare con nuove proposte. In questo modo attraverso il vino si racconta il territorio che è la culla accogliente e generosa delle nostre realtà imprenditoriali».

Si riferisce all’enoturismo?

«Certo, è un volano di sviluppo per scoprire la ricchezza della campagna in tutte le sue forme. Le aziende agricole aperte al pubblico con visite in cantina rendono il visitatore, che sia turista o appassionato locale, sempre più protagonista. Le persone sono in continua ricerca di esperienze da vivere. E così si danno informazioni su ciò che si produce e quindi si beve».

E della Puglia lei cosa racconta?

«Racconto il territorio con il clima così favorevole che ci consente in azienda di offrire un valido esempio di sostenibilità e di lavoro sul biologico come fanno tanti colleghi, racconto poi dei vitigni autoctoni che sono la forza delle nostre aree da cui si producono eccellenti bottiglie, qualitativamente valide. E racconto che sono alla quarta generazione con i miei genitori e i miei fratelli. In azienda per il 60% produciamo primitivo, poi negramaro e susumaniello da cui realizziamo ottimi rossi e rosati. A bacca bianca abbiamo invece malvasia e verdeca».

E sui vini dealcolati cosa pensa?

«Si stanno affermando sempre di più a livello italiano e mondiale, in Francia sono in voga bollicine senza alcol prodotte nella regione Champagne. Ritengo sia non una moda ma una nuova visione, una nicchia di mercato che, per aziende che ne hanno la possibilità, non bisogna tralasciare».

Avete due prodotti dealcolati, vero?

«Sì, uno spumante e uno Sprits lanciati un anno fa. Siamo stati i primi nel Centro Sud Italia. Si tratta di prodotti conto terzi, della linea Puglia Zero. C’è crescente richiesta di queste bottiglie. Se ci sono nuove esigenze del consumatore come i vini dealcolati bisogna darne voce se si può. Sono una produttrice anche io e difendo ovviamente il settore vino, ma nel frattempo guardo con attenzione a questo segmento che non va solo giudicato».

Tema noto è quello di vino e salute, cosa ne pensa?

«Credo che sia necessario fare una riflessione sul consumo responsabile. Parlo di vino, ma anche di alcol e cibo. Con moderazione si deve mangiare, si deve bere, bisogna dedicarsi all’attività fisica, dormire le giuste ore. Solo così si condurrà una vita sana, è una tematica ricorrente anche in tanti convegni a cui partecipo con le associazioni di cui faccio parte. Il problema spesso sta nella mancata o errata comunicazione, vanno condannati solo gli eccessi».

 


Dai un'occhiata anche a:

Exit mobile version