Il mio pranzo perfetto in otto portate d’autore

Pubblicato in: Minima gastronomica
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di Albert Sapere 

Omaggio a Mario Giacomelli, Mauro Uliassi. Il miglior menu lab di sempre di Mauro e la migliore cucina di pesce in Italia in questo momento. Partendo da Senigallia il mare viene esplorato, visto in tante sfaccettature, raggiungendo luoghi lontani e posti inaspettati. L’amore di Mauro per la banchina di Levante e la costa Adriatica è conclamato, il passo successivo, attraverso la grande sensibilità e il lavoro di tutto il suo staff  è mettere queste sensazioni nel piatto. Mario Giacomelli, uno dei grandi maestri della fotografia in bianco e nero. Amico di Mauro, Giacomelli dal 1983/87 crea Il mare dei miei racconti, fotografie aeree scattate alla spiaggia di Senigallia. Il mare qui si fonde con l’orto. Un piatto da annusare, anzi da sniffare, la note vegetali sono intense, anche al gusto, il mare è in sottofondo, accarezzando il palato e l’olfatto come in una calma giornata primaverile.

 

Lenticchie quasi meglio del caviale, Massimo Bottura. Il 2016 è l’anno dell’Osteria Francescana in cima al mondo. Quest’anno ho fatto pranzo e cena a Via Stella e vi assicuro che non lo dimenticherò mai, per questo i piatti saranno due nel mio pranzo ideale del 2016. “I limiti, come le paure, sono spesso soltanto illusioni”, così concludeva il discorso Michael Jeffrey Jordan, forse il più grande atleta di sempre, nel giorno del suo inserimento nella Hall of fame del Basket. Allora puoi decidere di prendere un prodotto “umile” come possono essere le lenticchie e farle diventare quasi più buone del caviale. Riuscirci poi è quello che rende il tutto assolutamente geniale.  Tecnica, pensieri ma soprattutto cultura.

 

Le 5 stagionature del parmigiano in consistenze e temperature diverse, Massimo Bottura. Sempre emozionante rimangiarlo, come la prima volta. Innanzitutto perché il Parmigiano Reggiano è il mio formaggio preferito e trovare il suo gusto così intenso e pulito mi mette sempre di buon umore, poi perché questo piatto, per me, rappresenta l’idea che ho della ristorazione d’autore. Un solo ingrediente, tecniche diverse e tutte perfettamente eseguite, passando dalla grande scuola francese, fino all’avanguardia più spinta, mettendo il proprio territorio al centro del mondo. La tecnica, in questo piatto, è un mezzo per esaltare l’ingrediente, la concentrazione e la purezza del gusto il motivo di questo lavoro. Un grande piatto non è un momento estemporaneo e, per arrivarci, bisogna provare, affinare, riprovare, tanto che Massimo una volta mi disse: “Sono vent’anni che tutti i giorni provo sempre a migliorare questo piatto”.

 

Riso rosa e gamberi, Enrico Crippa. A Piazza Duomo le presentazioni dei piatti sono eleganti ma mai cervellotiche, come a voler precisare che bisogna sempre concentrarsi sul gusto. Erbe e fiori si trovano oramai quasi ovunque nella ristorazione italiana a tutti i livelli, spesso una moda, nella maggior parte dei casi inutile a mio avviso, perché è giusto usarli quando apportano sensazioni al piatto, non solo per estetica, questo avviene in pochi casi. Nel regno di Enrico Crippa invece tutto questo ragionamento è diverso, il tutto si ribalta, come vedere la stessa foto da un’altra prospettiva o con una luce diversa. I fiori, le erbe, gli ortaggi non sono orpelli decorativi ma protagonisti del piatto. Un risotto, dove il dolce è il leitmotiv e proprio la parte vegetale sul piatto fornisce brio e rende ogni boccone diverso dal precedente, lampi geniali.

 

Candele ripiene di parmigiana di melanzane, Gennaro Esposito. Pasta secca e parmigiana di melanzane. La mie due grandi passione, la pasta secca abbinato al mio piatto preferito la parmigiana di melanzane. Golosità, leggerezza, pensieri intelligenti, tecnica. Copertina di Linus. Sui primi piatti, ci sono poche storie da raccontare. I gusti sono i miei, la mano e i pensieri di Gennaro fanno centro, attraverso il prodotto, la tecnica e gli abbinamenti. Un piatto manifesto anche per tanti giovani cuochi. La pasta secca è l’Italia, studio e ricerca vanno bene, ma pur sempre con le caratteristiche di “un piatto di pasta”, ed in questo Gennaro fa gol a porta vuota.

 

Lièvre à la royale, ruote pazze e cavoletti di Bruxelles, Antonio Guida. La vera grande novità della ristorazione italiana d’autore nell’ultimo anno in Italia. Le due stelle Michelin prese in un batter d’occhio. Una cucina neoclassica, equilibrata. per certi versi golosa. Una grande squadra, anche di sala diretta da Alberto Tasinato. Un grande cuoco francese una volte mi disse quando hai imparato a fare due cose in cucina puoi fare tutto: la liaison con il sangue nella lièvre à la royale e il temperaggio del cioccolato. La cosa che mi ha colpito più di tutte è stato l’abbinamento proposto con le ruote pazze, un tocco italiano con la cottura della pasta al dente e poi l’utilizzo di un vegetale intenso e difficile come sono i cavoletti di Bruxelles. Questa lièvre à la royale è meravigliosa, classica nella preparazione, perfettamente eseguita, ma anche personale e non banale.

 

Piccione e pistacchio, Niko Romito. Se avete delle convinzioni assolutamente incrollabili sulla ristorazione soprattutto quella classica, andate presto dalla parti di Castel di Sangro così le rimetterete subito in discussione, senza se e senza ma. I miei pranzi al Reale hanno tutti un fil rouge, quello di farmi uscire con una serie di convinzioni completamente sgretolare. Mi è capitato quando ho provato spigola e tartufo bianco  o la prima volta l’assoluto di cipolle. Questo pranzo, tra i migliori di quest’anno, al centro delle mie domande ha messo due piatti in particolare: verza e patate e il piccione. Essenzialità, pensieri intelligenti, per una cucina che è davvero qualcosa di nuovo, di non visto prima. Adoro il piccione e lo mangio dovunque e viene sempre abbinato ad un altro grasso animale, classicissimo l’abbinamento con il foie gras. Il cuoco abruzzese ridetta le regole e lo abbina ad un grasso vegetale il pistacchio e anche la cottura sotto pressione, con la pelle che diventa della stessa consistenza della carne, per un piatto che sa di piccione amplificato alla massima potenza.

 

Il bonet, Antonino Cannavacciuolo. Antonino Cannavacciuolo, “Tonino” per gli amici, da Vico Equense ma trasferito oramai da tanto tempo sul lago d’Orta, resta uno dei miei cuochi preferiti. Villa Crespi e il lago d’Orta sembrano usciti da una fiaba, cura dei dettagli maniacale, discrezione e garbo da tutto il personale, gli ospiti si sentono coccolati e non oppressi. Il cuoco vicano nasce come pasticciere e si vede, anche nella cucina esprime precisione e rigore ma con quella marcia in più di chi ama mangiare e mette l’aspetto della golosità ad un posto estremamente importante. Allora capita che il miglior bonet, il più classico dei dolci torinesi, lo faccia un campano. Bellissima la presentazione, alleggerito nella parte dello zucchero, è un dolce che coniuga golosità e leggerezza come pochi.

 

Miglior servizio. Il miglior servizio di sala, per il 2016, non può che essere la squadra dell’Osteria Francescana. Una grande squadra, senza personalismi, su tutti ovviamente Giuseppe Palmieri. In questo ristorante decidere di proporre un grande Sirah con l’agnello o di servire solo Gevrey Chambertin o Puligny Montrachet sarebbe la scelta più comoda che possa esistere. Beppe, invece, con i suoi abbinamenti, prova a riscrivere tutto, soprattutto le convenzioni. Siamo passati da un liquore allo Yuzu ad uno alla Genziana, da un grande bianco di Borgogna ad un cocktail con l’acqua minerale senza mai annoiarci, anche qui con tanta cultura enologica ed ironia. Il paragone usato da Luciano qualche anno fa è più che mai attuale: Beppe è come il papà della sposa, con i suoi abbinamenti accompagna i piatti all’altare, per poi lasciargli la scena al momento opportuno.


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