Musmeci 2007 Etna rosso doc

Pubblicato in: in Sicilia

TENUTA DI FESSINA

Uve: nerello mascalese, nerello cappuccio
Fascia di prezzo:  da 30 a 40 euro, in enoteca
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno

Quando emette sbuffi e scoppiettii senti le vicine parlare dai balconi: “Chi ‘ffù?” – “Nenti, nenti! E’ ‘a muntagna ca si mummuria!”. “’A muntagna”, così la chiamano gli etnei. Detta anche “Mungibeddu”, viene  considerata dalla popolazione locale quasi una divinità soprannaturale, e nutrono nei suoi confronti una sorta di ancestrale rispetto e timore riverenziale che si trasmette di padre in figlio. Certo, in tutto questo, c’entra anche il fatto che l’Etna, il più alto vulcano attivo d’Europa, costituisce, da sempre, oltre che un incomparabile e gratuito spettacolo della Natura, anche una vera e propria minaccia, che in un passato non poi così lontano, ha fatto ingenti danni alle comunità stabilitesi sulle sue falde.

“Terra madre” generosa di frutti saporitissimi (castagne, noci, nocciole, pistacchi, fichi d’India (a DOP), ”puma cola” – piccole mele autoctone dalla caratteristica nota acidula), sorgenti d’acqua, e vini straordinari, “’a muntagna” è sicuramente uno dei rilievi più singolari del pianeta, un luogo magico dove si può sciare guardando il mare, scoprire una Natura incontaminata fatta di paesaggi mozzafiato e, spingendosi sino ai crateri sommitali, ritrovarsi in un luogo di tipo lunare con un che di ipnotico dove il tempo è scandito dai diabolici lamenti e dalle sulfuree esalazioni del vulcano. Come si può evincere dal sito del Consorzio di Tutela dei Vini Etna DOC, le vigne dell’Etna crescono su terreni  sabbiosi di origine vulcanica, ricchi di scheletro, coltivati sin dall’antichità. Ne abbiamo notizia dal poeta Teocrito nel III secolo a.C. e ulteriore conferma da alcune monete del V secolo a.C. giunte fino a noi. Quella dell’Etna è stata la prima area vitivinicola siciliana ad ottenere il riconoscimento della denominazione di origine, riconosciuta con DPR dell’11.08.1968. In 42 anni di vitivinicoltura tutelata dalla denominazione d’origine, i vitigni autoctoni previsti dal disciplinare per la produzione dell’Etna DOC nelle sue tipologie Rosso, Rosato, Bianco e Bianco superiore, non sono mai stati soggetti a modifiche o integrazioni (un contesto davvero esemplare!). L’area di produzione della denominazione di origine interessa diversi comuni sulle pendici dell’Etna, in provincia di Catania, ma è nei comuni di Castiglione di Sicilia e Randazzo che oggi si concentra oltre il 40% della produzione vinicola della DOC Etna.

Negli ultimi 10 anni, questo territorio, magnifico e davvero unico, si è ritrovato illuminato dalle luci della ribalta e sempre più imprenditori e vignaioli, siciliani e non, stanno investendo risorse in questo suggestivo lembo di Sicilia a grande vocazione alla vigna e, che sembra, a detta di molti, avere parecchie “affinità elettive” con la Borgogna (anche se quest’ultima è una zona di pianura e non di montagna, anche se di elevata latitudine). Il nerello mascalese, da sempre cultivar a bacca nera predominante, prestigioso ambasciatore della vitivinicoltura etnea, presente con una varietà di eterogenee popolazioni clonali, presenta, effettivamente, dei caratteri in comune con il cugino borgognone pinot nero (il basso contenuto antocianico, alcuni aromi di frutti rossi) e ha una resa in vigna notevolmente condizionata dall’altitudine e dal versante ove è coltivato, oltre che dal sistema di allevamento.

Il più diffuso è sicuramente quello ad alberello, con elevate densità di impianto (tra 6000 e 9000 gli impianti più recenti, ma non è difficile riscontrare, soprattutto nei vecchi vigneti, densità di 12000 ceppi/ettaro), elemento questo, di ulteriore assonanza con la Borgogna. Il territorio, poi,  si divide, in piccole sottozone, chiamate “contrade”, che sono collocate su altezze e su terreni lavici molto diversi: Rovittello, Passopisciaro,
Porcaria, Guardiola, Chiappemacine, Sciaranuova, Rampante, per citarne alcune.  Le Contrade dell’Etna, costituiscono, a tutti gli effetti, i veri e propri “cru” dell’omonima DOC. Antiche proprietà feudali oggetto di frazionamenti avvenuti nel tempo, ma tuttora chiaramente individuabili sulle mappe topografiche, le contrade si trovano ciascuna su una stratificazione di colate laviche con minerali, granulometria e altitudini differenti tra loro. Verificando che l’ uva portata in cantina, dava vini diversi a seconda della contrada da cui proveniva, ha spinto alcuni produttori a vinificare, separatamente, i vini di ciascuna contrada.

Affascinati da questa terra maestosa e straordinaria,  Silvia Maestrelli, produttrice di vino toscano nella sua tenuta Villa Petriolo di Cerreto Guidi, suo marito Roberto Silva, imprenditore di consolidata esperienza con una grande passione per il vino, e l’agronomo ed enologo Federico Curtaz (noto per essere stato per 15 anni l’agronomo del noto produttore di Barbaresco, Angelo Gaja), nel 2007, acquistano, a Castiglione di Sicilia (CT), riportandolo in vita, un vecchio palmento del 1700  in pietra lavica che si affaccia su un vigneto di nerello mascalese di 6 ettari, a guardia del quale sorge il “Milicucco”, un poderoso e maestoso albero che sovrasta, come un fedele, secolare custode, l’intera tenuta e le cui radici sono tenacemente abbarbicate al muretto di cinta in pietra lavica. I vigneti ottuagenari di Fessina, in Contrada Rovittello (uno dei più prestigiosi “cru” dell’areale etneo), leggiamo dalla scheda aziendale, sono incastonati “tra due antiche sciare (colate laviche del passato, stratificatesi nel corso dei millenni, ndr) semicircolari, che, come due grandi braccia, li cingono in un gesto quasi materno”.

L’età media dei ceppi è di 50-60 anni, ma in alcune zone tocca gli 80-90 anni». È per questa ragione, che la Tenuta di Fessina si è presentata sul mercato con due distinti Etna rosso DOC, espressione dei terroir che compongono la prestigiosa vigna. Così, mentre Erse è un Etna Rosso DOC ottenuto vinificando le uve dei ceppi più giovani e per la cui vinificazione ci si avvale solo di contenitori in acciaio, il Musmeci, la selezione della tenuta, nasce, invece, delle uve prodotte dai ceppi quasi centenari. Il nome dato al “grand vin” etneo è in omaggio al Sig. Ignazio Musmeci, ex proprietario, ormai ottantenne, a cui va il merito di aver conservato amorevolmente queste viti che sono veri gioielli della natura, consentendo oggi, ai nuovi proprietari, di lavorare su queste vigne di grande “saggezza”. Fra terrazze, muri di pietra lavica e millenarie sciare nere, “’i vigni di Fessina”, come la gente del luogo chiama i vigneti della tenuta, presentano un sesto d’impianto ad alta densità, 1,15 x 1,15 (8000 ceppi per ettaro), sono poste a 670 metri s.l.m., su terreno sabbioso ricco di scheletro e cenere vulcanica. I terreni vulcanici sono caratterizzati da grande profondità. Ciò consente alle radici di espandersi, e unito alla forte mineralità dei terreni, ciò fa sì che le vigne di queste zone abbiano una grande longevità. Non solo, bisogna anche ricordare che , alla stessa stregua di quanto avviene in altri territori vulcanici, spesso le viti dell’Etna sono “franche di piede” ossia piantate direttamente senza utilizzo di portainnesto. Ciò conferisce alle piante grande longevità, impensabile per i soggetti su portinnesto.

Vendemmiate manualmente a maturazione molto tardiva (ottobre inoltrato) le uve sono state vinificate a temperatura controllata con una macerazione sulle bucce di 8-10 gg. Dopo la malolattica, il vino etneo è stato interessato ad un periodo di affinamento di 15 mesi tra legno (botte da 36 hl e tonneaux), acciaio e bottiglia. E’ il caso di dire che Il Musmeci 2007, appena nato, ha già vinto, conseguendo i Tre Bicchieri Verdi del Gambero Rosso 2010 e l’Eccellenza de L’Espresso 2010.  Ho stappato la bottiglia circa un’ora fa e Il Musmeci 2007 è già nel balloon da circa 10 minuti. Ma è chiuso in se stesso. Mi ignora completamente. Roteo con attenzione il calice cercando di aerarlo per farlo aprire, e mentre aspetto un minimo cenno, stringo tra le dita e annuso il tappo monopezzo con cui la preziosa bottiglia era tappata. Mi soffermo ad ammirare il suo volto. In linea con i caratteri cromatici di tipicità, legati precipuamente al vitigno, è di un bel rosso rubino molto scarico con splendidi riflessi granata. Sia l’occhio che il naso percepiscono, di primo acchito, la grande consistenza del vino (14 gradi, dichiarati in etichetta). Ciò mi conforta. Penso già a come potrà essere la bocca. Calda, morbida, possibilmente. Riporto il calice al naso, e sembra di avvertire qualche descrittore. Il “piccolo”, forse, comincia a svegliarsi. Magari ha capito che sono un suo conterraneo, e non vorrà certo farmi l’affronto di non comunicare!

C’è, almeno all’inizio, riservatezza, forse anche timidezza. Dal canto mio, l’emozione è alle stelle, e non potrebbe essere che così. Non capita certo tutti i giorni di trovarsi al cospetto di una “grande” personalità. Si comincia a rompere il ghiaccio. Importanti sentori floreali sembrano arrivare. Viola (principalmente) e rosa (meno distinto, almeno alla mia soglia, del primo). L’alcool continua a farsi sentire, in modo non pesante ma deciso. Piccoli frutti rossi (indistinti) e note speziate piuttosto marcate e chiare (noce moscata, pepe nero e vaniglia, perlopiù) caratterizzano lo spettro olfattivo del rosso e gioioso liquido. Una bocca calda e morbida, in linea con la mia immaginazione, lascia, con una discreta e gentile progressione, spazio a quella bella ed energica acidità che contraddistingue questo vino, sicuro preludio di quella grande longevità a cui è destinato, e a quella splendida, accattivante mineralità, armonicamente fusa con quella nobile e fitta trama di tannini dolci che solo uve di piante “navigate” possono donare, e che troviamo confermata, nel bel finale naso-bocca e nella sua lunga e trionfante Persistenza Aromatica Intensa. Se è vero che nessuna persona al mondo sarà mai così sincera, nelle sue relazioni, come sa esserlo il vino, Il Musmeci 2007, oltre ad essere sincero è anche buono, autentico, profondo. Parafrasando colui che ne è l’artefice, ha decisamente, quell’eleganza, quella compostezza, quella profondità, quella verticalità che appartengono davvero solo ai grandi vini rossi. Come si evince dalla controetichetta, di questo vino sono state prodotte, nell’annata 2007, solo 8000 bottiglie e 1000 magnum. Un vino per pochi, dunque, risultato di una lunga macerazione ed estrazione, tese a creare una nuova interpretazione del vitigno etneo, anche se non immediatamente comprensibile poiché destinata, progettualmente, ad una lunga parabola evolutiva. Come lo stesso Federico Curtaz ha precisato in un video su You Tube: “Crediamo che la sfida sia appena cominciata. Abbiamo bisogno che la nostra cantina maturi, maturi nei suoi legni, le sue botti, il nostro modo di lavorare, perché ogni luogo ha bisogno del suo tempo, delle sue interpretazioni, che tengano conto di tutti i suoi elementi caratteristici”.
In questo senso, dobbiamo ammettere che Curtaz, con queste parole, dimostra non solo il suo spessore professionale, risultato della sedimentazione delle esperienze maturate come tecnico di alto livello, ma anche la sua coerenza di fondo. In Sorì San Lorenzo, un bellissimo saggio-romanzo del wine-writer americano Edward Steinberg, uscito nel 1996 e che narra della nascita del Sorì San Lorenzo 1989 del produttore Angelo Gaja (di cui Federico Curtaz era, in quel periodo, responsabile dei vigneti), possiamo leggere queste sue parole:  “Non si può fare questo lavoro con la mentalità di un sindacalista. Devi avere una prospettiva a lungo termine… Ci vogliono anni prima di vedere i risultati di quello che fai”.

Il Musmeci è un vino di montagna, nasce a quasi 700 metri di altezza, in un ambiente che lo porta a maturare a tardo ottobre. I vini vulcanici, in fondo, sono un po’ tutti caratterizzati da questo curioso, affascinante paradosso. Sono generati da una terra unica, frutto della potente esuberanza della Natura, ma alla stessa guisa di molti anziani di poche parole e carichi di esperienza e consapevolezza, esprimono discrezione, umiltà, austerità, pur profondamente coscienti della loro profondità… Il Musmeci 2007 è proprio così, come il vulcano su cui è nato. Per adesso è calmo, composto, ma visibilmente fiero, conscio della sua grandezza. Emette qualche borbottio, per far sentire il suo carattere, forte e deciso ma, discreto ed elegante, si prepara ad “esplodere” quando sarà il momento. Ho abbinato Il Musmeci 2007 Etna rosso DOC ad uno spezzatino di maiale locale al sugo con finocchietto selvatico, sodalizio organolettico risultato alla fine, a detta dei miei commensali, davvero intrigante. Pasteggiando con Il Musmeci, mi sono ricordato di ciò che scriveva negli anni 80, Andrè Tchelistcheff, professore Emerito di Enologia a Davis e consulente in Italia di grandi produttori come Incisa della Rocchetta e Lodovico Antinori, scomparso nel 1994: “Essere i grandi vini il risultato di una equazione che coniuga e contempla a un tempo eleganza, equilibrio, morbidezza, consistenza, complessità, possibilità di pronta beva e capacità di lungo invecchiamento”. Anche il nostro, grande Gino Veronelli condivideva questa definizione, sicuramente azzeccata. Forse qualcuno penserà che lo stiamo cogliendo ancora “bambino”, ciononostante, Il Musmeci, presenta una beva incredibilmente piacevole e non così impegnativa come ci si poteva aspettare. Tchelistcheff, dunque, non sbagliava. Ad ogni modo, ci conforta una certezza: che le altre due bottiglie che riposano nella nostra cantinetta, aspetteranno molto, molto tempo, prima di vedere la luce…

Questa scheda è di Carmelo Corona

TENUTA DI FESSINA  –  Contrada Rovittello  –  Via Nazionale  –  SS 120 n. 22  –  Castiglione di Sicilia (CT)  –  Tel. 347 3590547  – www.villapetriolo.comwww.divinando.blogspot.comfedericocurtaz@tenutadi fessina.com – silviamaestrelli@tenutadifessina.com – Titolari: Silvia Maestrelli, Roberto Silva e Federico Curtaz –  Enologo: Federico Curtaz  –  Vigneti: Monte Etna, 6 ettari (di proprietà): Val di Noto (nero d’Avola), 2 ettari (di proprietà); Calatafimi-Segesta (chardonnay), 5 ettari  –  Bottiglie prodotte: 60.000  –  Vitigni: nerello mascalese, nerello cappuccio, nero d’Avola, chardonnay. Prima vendemmia aziendale: 2007  –  Consorzio di Tutela dei Vini Etna DOC: www.etnadoc.com.


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