Napoli. Cap’Alice Enosteria napoletana. Atipica? Certo, ma fa tendenza

Via G. Bausan, 28
Tel. 081 1916 8992
Aperto dal lunedì al venerdì sempre. Sabato la sera.
Chiuso Domenica
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Un pasto completo senza vino sui 40 euro

di Tommaso Esposito

Via Bausan giù vive la movida.
Su è più tranquilla.
Qui Pico Palermo, che è architetto, ha pensato di creare e arredare con gusto questo bel locale.

Un banco di servizio per la mescita del vino nei calici e per piluccare come acini d’uva qualche finger dal piatto. E poi due spazi con tavoli candidi e mise en place variopinta. Allegro e gaio lo stile.

Ci si può accomodare e gustare come in osteria.
Piatti unici e veloci.
Oppure slow con il vino in compagnia.
In cucina c’è Mario Loina che governa i fornelli.

E’ stato tanto tempo con Antonio Tubelli.
Il Maestro, lo chiama.
Ora sta qua a giocare di fantasia per far cibi, ecco diciamo, di tendenza.
Guarda ai palati over trenta che ambiscono a delicatezze e buon gusto.
E allora fusion e contaminazioni.
Tra Napoli e oltre.
Vediamo.

Per benvenuto una fresellina di Castellammare, crema di zucca, uovo di quaglia e pecorino.
La zucca non è la nostra cocozza sicché cremosa e dolce è la vellutata. Bagnata come si deve la galletta.

Ragionati gli antipasti.

Capafritto: alici impanate al pecorino e basilico, pesce bandiera e arancino di cuscus.
Qui l’occhio strizza al Maestro Tubelli.
E allora più che arancino si direbbe pall ’e cous cous e alici ‘ndorate e fritte.
Gustosi i bocconcini di bandiera.  Bella idea, ma da migliorare nella sostanza l’arancino.

Maialino nero croccante con chutney d’uva e verza saltata.
Buona la verza questa sì croccante giacché cruda.
Buona questa mostarda, cosiddetta chutney per strizzare l’occhio all’India gandiana, fatta con uva della vigna di Pico.
Morbido in sé il maialino. Farebbe bella figura anche senza tempura.
Io non amo l’avvio in dolcezza del pasto, ma riconosco il mio limite campagnuolo poco avvezzo alla cucina etno-chic. Sigh sob!
Ecco i primi.

Deciso e sapido per il pecorino romano e per la scelta della linguina questo  “mangiamaccheroni” con carciofo croccante. Anche qui aleggiano il ricordo del Maestro del cuoco e la sua rilettura d’ O ddoje allattante.
Però un vermicello o uno bucatino renderebbe il piatto più sciuliariello.

‘Ngarrati sono gli Gnocchi parigini “confit”, crema di friarielli, colatura di alici e pane al pomodoro.
Ben fatto è l’mpasto del cazzamarro, cioè lo gnocco di farina senza patate.
E’ ceniero ceniero, si scioglie in bocca e non si appiccica. E’ gustoso per la sapiente mantecatura con la vellutata di friariello verde brillante, amara e piccantina. Fresco è il pomodoro appassito e valido è il crunch della mollica di pane fritta con gli aromi. Vivida è la traccia della colatura.

I secondi in carta sono il baccalà glassato alla “papaccella” con insalatina di rinforzo. Corretto è utilizzare in frittura la fella del baccalà e non il mussillo. Orpello è la glassa di papaccella. Ottima è l’insalata di rinforzo. Un preavviso natalizio apprezzato.

Il capocollo ai ferri con salsa di pistacchi e galletta di patate e broccoli. Buona la carne, ma in questa doppia cottura soffre. Allora o ai ferri o in lunga  a bassa temperatura. Ri-fusion anche qui evoca il pistacchio.

Infine un dolce tiramisù. Per i golosi bisognosi di ultracoccole.
Grande cordialità e attenzione per un pubblico evergreen che ha voglia di mangiare alla moda.
Ah, la cantina è bella, ampia e varia. Si beve al calice di tutto e la bottiglia non ha un grande ricarico.


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