Napoli, trattoria da Giulia. Pane, pizza e cucina di casa da oltre 70 anni a Posillipo

Pubblicato in: I vini da non perdere

di Giulia Cannada Bartoli

Via Posillipo – P.zza San Luigi 12/13
Tel.081.7691206
Aperto dal martedi alla domenica dalle ore 8,00 alle 23,00. nei week end si tira l’alba
Ferie 15 gg in agosto
Carte di credito-bancomat :no
Asporto:si

Pusilleco in napoletano,  è oggi un zona  residenziale collinare della città di Napoli, frazione fino al 1925 e, solo da allora,  integrato amministrativamente come quartiere cittadino.

Il suo nome deriva dal greco Pausilypon che letteralmente significa “tregua dal pericolo” o “che fa cessare il dolore, denominazione legata al panorama che si godeva anche duemila e cinquecento anni fa da questa zona di Napoli.

In età moderna, l’area rimase sostanzialmente sottosviluppata fino alla costruzione di via Posillipo tra il 1812 e il 1824, la via fu donata alla città dall’allora reggente Gioacchino Murat. Si trattava comunque di una zona della città non compresa nella fascia urbana, troppo lontana dal centro, adatta per la villeggiatura. Buona parte della zona ha subìto pesanti ricostruzioni dopo la Seconda Guerra Mondiale, ma ha conservato diversi edifici storici e ville, tra cui Villa Rosebery, oggi residenza di appannaggio del Presidente della Repubblica.

Nel quartiere di Posillipo si trovano diverse frazioni: Villanova di Posillipo (ovvero Porta di Posillipo), Casale di Posillipo, Santo Strato, e il più conosciuto di tutti,  Marechiaro, con il caratteristico “Scoglione”. Posillipo è senza dubbio una delle più belle zone di Napoli. Si estende dalla famosa Mergellina sino  all’isolotto di Nisida. Le sue  coste  presentano continue cale, grotte, tratti a strapiombo e alcuni isolotti.

La collina di Posillipo, che  è una parte di un cratere che divide il Golfo di Napoli da quello  di Pozzuoli, è sede di numerose ville costruite fin dall’antichità in questi luoghi. Più folkloristica, ma ugualmente importante per la cultura e la tradizione partenopea è un’altra località  posillipina: Marechiaro, con la sua “finestrella” famosa in tutto il mondo, grazie ad una delle più belle fra le canzoni “classiche” napoletane che porta il suo nome, con le parole del poeta napoletano Salvatore Di Giacomo (al quale  è dedicata l’altra bella piazza di Posillipo).

A circa metà di Via Posillipo, troviamo  Piazza San Luigi, conosciuta per i suoi palazzi costruiti dall’Istituto Autonomo Case Popolari nei primi anni ’20. Il civico 4 fu destinato agli alloggi della dirigenza fascista e perciò chiamato “Palazzo del Fascio”. Oggi la piazza si è ridotta a disordinato parcheggio con aiuole in abbandono.

 

Viaggiamo ancora a ritroso nel tempo: era il 1840 quando i pescatori, come ogni mattina, sulla piccola spiaggia di Palazzo Donn’Anna tiravano le reti a terra, piene di ogni ben di dio. Il principe Colonna passeggiava a cavallo tutte le mattine da lì fino alla villa reale. Il principe aveva assistito all’apertura dei primi stabilimenti balneari in Francia e incitò così i pescatori di Posillipo  a fare la stessa cosa. Questi gli dettero ascolto e presto fu aperto il primo piccolo stabilimento “Bagno Donn’Anna”, rifugio preferito  dei pittori della scuola di Posillipo. I bagni proliferarono sulle altre marine  della città, ma fu solo alla fine del ‘800 che i fratelli d’Alessio lanciarono due famosi stabilimenti il “Risorgimento” e il “Bagno Elena”, tuttora esistente, che prese il nome dalla principessa Elena di Montenegro, amatissima dai napoletani, sposa di Vittorio Emanuele, futuro re d’Italia, allora principe di Napoli. Lì, alle più basse pendici della lingua tufacea del Capo, la dimora seicentesca incompiuta di Palazzo Donn’Anna, nome della moglie del Viceré spagnolo, fa ancora da sfondo discreto sulla sua piccola baia di mare, quasi una porosa rupe tufacea emergente dall’acqua, come un palazzo che naviga sul mare. In questi luoghi lo scrittore Raffaele La Capria ha trascorso adolescenza e gioventù, infatti in molti dei suoi libri ritroviamo il palazzo.

Nel 1899,  i Bagni Elena con un’acqua limpida e profonda, erano il primo e il più aristocratico lido di Napoli. Già sospeso sulle palafitte lignee ben tornite, che avanzavano dalla spiaggia sul mare, nella tradizione napoletana dell’ingegneria balneare, tramandata artigianalmente di padre in figlio. Sito ideale per i “bagni terapeutici”, con la migliore spiaggia naturale di sottile sabbia vulcanica del Vesuvio. E “l’unica per le stufe di arena”. Un lido di approdo di Oscar Wilde e dell’ammiraglio Nelson, di Richard Wagner e di Massimo Gorki. La regina Elena soleva, spesso, venire nella Napoli di fine ‘800, in incognito, a passeggiare in quello stesso miglio di strada in dolce salita. Viene, quindi, l’epoca in cui la spiaggia marina attrae sempre di più le famiglie benestanti, che vivono lì nuove forme di mondanità. L’arrivo della regata remiera della Coppa “Lysistrata”, promossa da un magnate americano a inizio Novecento, era ai Bagni Elena, con il suo palco regale. Poi, il mito del Ventennio, rivolto a valorizzare ogni esercizio che servisse a modellarsi un corpo armonico e muscoloso, trova al mare i suoi fans.
Gli allenamenti ginnici avvengono sul bagnasciuga. Nel dopoguerra, l’elegante “Bagno Elena” con le palafitte a due piani, coronato alle spalle da palazzi umbertini e liberty, divenne anche cenacolo di intellettuali napoletani: Eduardo De Filippo, Domenico Rea e Totò furono assidue presenze di questo nido di amanti del mare e di Napoli.Poi venne il successo di massa degli ultimi decenni del 1900.

 

 

Circa un  secolo dopo, il 1° maggio del 1940 il primo silenzioso filobus percorreva, per il solo collaudo, la tortuosa via Posillipo. L’8 maggio successivo fu, invece, inaugurata la 40. I “velocissimi” filobus percorsero la distanza tra i due capolinea in pochissimo tempo. Il prolungamento della filovia a capo Posillipo da un lato e a piazza Trieste e Trento dall’altra avvenne in data 16 ottobre 1941. Nell’occasione, alla linea 40 venne affiancata la 40 barrata, che concludeva la sua corsa a piazza San Luigi, ove esisteva un’apposita racchetta per le corse limitate.

In seguito, dopo diverse peripezie un nuovo collegamento autoviario, denominato 140, veniva istituito sulla tratta Stazione Centrale – Capo Posillipo, supportato prima,  e “fagocitato” poi,  dalla 140 barrata (piazza del Gesù Nuovo – capo Posillipo).

L’avrete intuito, la nostra destinazione è proprio in Piazza San Luigi, Da Giulia, negli stessi locali dagli inizi degli anni ’40.

Qualche ricordo  dei posillipini

“Nel 1949 furono piantate le palme nei giardinetti della piazza che era considerata il primo centro commerciale di tutta via Posillipo. Nella piazza stessa c’erano esercizi commerciali stabili e ambulanti, che arrivavano dalle limitrofe campagne. L’elettroforno, uno dei più antichi di Napoli era gestito dai Moccia, che successivamente cedettero il forno al panettiere del penitenziario di Procida, il mitico Don Mario che raggiunse la fama ed il successo economico con la famosa pizza (focaccia) al pomodoro, sogno ambito di generazioni di ragazzini fino alla fine degli anni ’70.

 

C’era poi la latteria di Umberto, nel tempo trasformatosi in bar più moderno, il fruttivendolo, Salvatore ed un “negozio” non meglio identificato, che vendeva i generi più strani, dalla soda caustica per il bucato, ai legumi sfusi, gestito da una anziana donna che per tutti era diventata La Vecchia. Subito dopo la chiesa, c’era un altro negozio che vendeva cartoleria, ferramenta, insomma un po’ tutto quello che poteva servire in casa, il gestore si chiamava Clemente, e faceva anche il ciabattino. D’estate poi Clemente si trasformava in affitta barche sulla spiaggia di Villa Martinelli, una vera e propria organizzazione di “charter” ante litteram. L’unica salumeria era quella di Don Gesualdo Urgo qualche decina di metri prima della Parrocchia il quale, successivamente, apri una seconda salumeria per il figlio Renato all’angolo superiore di Piazza San Luigi cedendo il proprio negozio alla figlia Jolanda. In piazza poi esercitavano l’attività di ortolani altre due “aziende” don Gennaro con la moglie Eva e la figlia adottiva Angelina,  Ciccio, padre del famoso personaggio “Progiolone” che vendeva panini e bevande con il suo barchino a tutti coloro che con le loro barche d’estate frequentavano la baia del Cenito. Ancora oggi si ricordano  le sue grida con le quali offriva la sua merce, “panini imbottiti col progiolone” chi mi vuoleeee! Che coraggio che ci’avete mi guardate e non mi volete” e poi scandiva le ore: Mezzogiorno al Cenito e cosi via fino alle cinque del pomeriggio. La Piazza oltre che centro commerciale, era un vero e proprio parco Giochi per i bambini del quartiere, ci si faceva di tutto, dalle partite di calcio, alle corse ciclistiche, dal gioco della “lippa” (mazz’ e pivezo) al classico nascondino. Tant’è che i ragazzi più grandicelli organizzavano le Sanluigiadi (sul modello delle Olimpiadi). Altri cari ricordi della Posillipo di tanti anni fa sono gli odori, anzi i profumi, d’estate quello del pomodoro, c’era infatti l’abitudine di far concentrare al sole la passata di pomodoro in grossi piatti messi al sole sui davanzali delle finestre, il profumo dei gelsomini la sera all’altezza della villa Riario Sforza e, non ultimo l’aroma del gelso che cresceva all’altezza delle scale che portavano giù al Cantiere Postiglione”.

Un balzo di circa 70 anni in avanti ci porta alla lunga storia di Giulia, da Don Mario Manzo fino al 1978, alla numerosa famiglia De Biase, i titolari di oggi, originari dei quartieri spagnoli e che allora gestivano tre panifici a Napoli, In Via Santa Chiara, alla Pignasecca ed in vico Avvocata.

 

Già negli anni ’60 Don Mario Manzo aveva cominciato a sfornare le prime teglie di focacce per gli amici, poi nel 1978  Don Mario, stanco del lavoro di tutta una vita, cedette a Luigi De Biase e al cugino Enrico,  l’attività si orientò più verso l’ elettroforno con Giulia, Pasquale e i numerosi figli. Il locale odierno ha subìto due ristrutturazioni importanti: una negli anni’80 quando si allarga a pizzeria, panificio e salumeria e, l’altra nel 2005 quando si allestisce la cucina e si apre l’attività di trattoria e asporto del cucinato. Oggi a condurre la baracca ci sono il figlio di Pasquale, Gennaro, sua moglie Francesca, il cuoco e un paio di collaboratori. Da Giulia  si comincia alle 8,00 con la colazione, brioches, graffe, trecce e cornetti, tutto di produzione propria; da mezza mattinata si parte con le pizze, le frittatine, i crocchè di patate,  gli arancini,  i panuozzi,  i taralli  e il cucinato. Il locale ha 5 tavoli per circa 15 coperti.

 

I tavoli  vengono apparecchiati al momento, secondo le esigenze  e le scelte del cliente: se si opta per la focaccia, le pizze ripiene e i panuozzi, è tutto più semplice, se, invece si decide di mangiare dall’antipasto al dolce, ecco comparire le stoviglie di Vietri, i calici,  le posate e i cestini per il pane, conservati nella credenza in legno in bellavista  dietro il bancone.

Da Giulia il caos e la folla sono la regola a qualsiasi ora.

Per  Gennaro – per tutti Genny – e Francesca non esistono vie di mezzo, le cose, o, si fanno bene, o non si fanno, il locale è sempre in ordine, tutti indossano  guanti e divisa con tanto di panciotto rosso e grembiule blu.

L’assortimento è pazzesco, prima di passare ai piatti, come sempre, mi informo sulle materie prime: “ il pane – mi racconta Genny – lo facciamo noi, frutta e verdura arrivano da un noto “gioielliere” , oops! Ortolano di Via Posillipo, che garantisce prima qualità e, per la spesa all’ingrosso, prezzi più moderati. Lo stesso dicasi per la carne, le uova, tutto arriva da Posillipo e dall’attigua salumeria di famiglia.

 

 

 

 

Veniamo al cucinato, il menù è molto vario, orientato decisamente a piatti di terra; i primi cambiano ogni giorno, almeno quattro, sei, o sette i secondi e fissa l’infinita sfilza di verdure di stagione preparate in ogni modo.

 

 

 

Anche la scelta dei secondi è molto varia, si va dal roastbeef, a scaloppe di pollo, cotolette, hamburger stufate, salsicce, polpette fritte, insalata caprese con mozzarella dell’aversano.

 

 

 

 

Un paio di volte alla settimana si alternano  genovese, ragù, con relative carni, gattò di patate e sartù di riso.  La smitragliata di verdure preparate in ogni modo, fa onore alla fama dei napoletani “Magnafoglie” di basiliana memoria.

 

 

 

 

 

Si può chiudere in bellezza con la pasticceria di produzione propria, magari con una deliziosa zeppola di San Giuseppe.

 

 

Il clima qui è sempre allegro, Genny ha cento occhi e orecchie, ma, scherza sempre con tutti, il servizio è veloce e garbato. La clientela è quanto mai variegata, in primis gli abitanti di Posillipo e poi gente di ogni tipo, arriva da tutta Napoli, sfruttando ancora la pubblicità degli anni di Don Mario e dell’Elettroforno.

Genny e Francesca si capiscono al volo, nel bene e nel male, due ragazzi forti, cresciuti lavorando come ciucci, ma con l’entusiasmo di chi adora la propria città e fa di tutto per renderne più piacevole il ricordo; qui arrivano anche tanti stranieri, abituati a percorrere Via Posillipo da Mergellina a piedi, con sosta golosa in Piazza San Luigi, la piazza del cuore e dell’infanzia per chi ci è nato e vissuto.

Veniamo al quantum: non c’è differenza tra l’asporto, il mangiare in piedi, o con la tavola apparecchiata. I primi piatti costano 4,00 euro, al massimo 4,50. Cinque, al massimo sei euro per i secondi, due euro e cinquanta i contorni, tra un euro e cinquanta e due la pasticceria che si vende anche a peso a 18 euro al chilo. La rosticceria varia da 1,50 a 3,00 euro, che diventano quattro per una mega fetta di frittata di maccheroni. Le bibite sono le solite, il vino è al calice: 1 euro per vino sfuso, 2 euro per i vini doc. A conti fatti, con meno di 15 euro avrete mangiato un pranzo completo e genuino, in atmosfera conviviale, contagiati dall’eterna bellezza del mare e della vista che si godono da Posillipo. Ancora oggi, nonostante tutto, per qualche attimo la Pausilypon di una volta lenisce gli affanni di noi quotidiani cittadini condannati a correre. Ma per andare dove?

 

 

 


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