Napoli, pizzeria La Figlia del Presidente. Il debutto della tradizione firmata Cacialli

Pubblicato in: Le pizzerie

Via del Grande Archivio, 23/24
Tel. 081.286738
Aperto dalle 11.00 alle 24.00
Chiuso la domenica (mai in novembre e dicembre)
www.lafigliadelpresidente.it

 

Maria Cacialli è una donna tosta, la vera matriarca (non mammà) napoletana. Quella che tiene unita la famiglia e la difende ad ogni costo, la mostra con orgoglio e la protegge con determinazione. Quella che non si perde d’animo di fronte a nulla. Quella che gli uomini di famiglia sono le braccia e lei la testa.

E così, dopo l’immensa perdita del padre Ernesto, il “presidente” dei pizzaioli napoletani scomparso lo scorso novembre, ha aperto con il marito pizzaiolo Felice Messina, avviando anche il figlio Armando alla professione, un grande locale nel cuore di Napoli, nella zona di San Biagio dei Librai. All’ingresso c’è la friggitoria, con l’ABC del cibo da strada napoletano: crocchè, arancini, frittatine di pasta, zeppoline; di fianco il forno a legna. Giù, invece, ci sono le sale con una capienza di circa 150 persone, separate da archi in pietra di tufo, con i tavoli in marmo apparecchiati in maniera molto spartana.

Alle pareti tutto il repertorio della napoletanità: le foto di famiglia, paesaggi dipinti con l’immancabile Vesuvio, portafortuna e santi, tamburelli e papi. Qui, come ovunque a Napoli, spiritualità e vita quotidiana, preghiera ed ironia hanno superato da secoli il problema della convivenza. All’ingresso del locale Maria ha voluto persino un balconcino d’epoca, per ricordare i vicoli del centro storico, dove trovano posto sia Pulcinella che san Gennaro.

 

Un discorso a parte merita il servizio in sala. Oltre allo zio Salvatore, fratello di Ernesto, il più navigato (anche lui, come Felice, lavorava con il Presidente), una squadra di giovani professionisti, affabili e affabulatori, esperti conoscitori di Napoli e del Napoli, di politica, di vita. Sono vivaci, veloci ma mai distratti e ogni pizza che portano al tavolo la sentono sempre un po’ come una loro creatura da presentare e valorizzare.

 

Il menu è quello canonico, a partire dalla margherita classica con il fior di latte e le sue varianti: con filetto fresco di pomodoro, alla romana (con le acciughe), con le melanzane, con i peperoni e il salame, alla “cocca” con uovo e formaggio, “bufalina” con mozzarella di bufala.

E poi ancora la caprese con pomodorini, basilico e mozzarella di bufala (tutto a crudo), alla tarantina con l’aggiunta di olive, capperi e acciughe, la “pizza lasagna” con fior di latte, ricotta, prosciutto cotto, formaggio e basilico; l’ortolana con funghi e verdure, la diavola con salame e peperoncino, la carrettiera con salsiccia e friarielli. La pasta è ben lievitata, la cottura è quella di un forno dai tempi giusti, la pizza è morbida, sottile, al centro cede golosamente ai sapori degli ingredienti e al profumo del basilico.

Anche l’esecuzione del ripieno è da manuale. Ma il vero pezzo forte, irrinunciabile (e al-diavolo-la-dieta)  è la pizza fritta. In realtà della pizza c’è solo la pasta base. Poi sarete messi di fronte ad un ripieno fritto nell’olio bollente con dentro provola, pomodoro, ricotta, salame e – soprattutto –  ciccioli di maiale. Il risultato finale è straordinario: saporitissimo, una cottura perfetta, colore biondo, senza bruciacchiature, una pasta sottilissima e leggera. Si, leggera: avete letto bene, il miracolo è questo!
L’altro miracolo, invece, è quello economico, che si perpetra a Napoli ogni giorno: sedersi nel 2010 in una signora pizzeria e mangiare e bere con cinque euro. Ma non ditelo a Tremonti, altrimenti gli tocca riscrivere il suo ultimo libro.



Dai un'occhiata anche a:

Exit mobile version