
di Barbara Guerra
Ieri sera il Noma ha chiuso. Riaprirà tra un anno in un luogo diverso. Quanti ristoranti al mondo possono vantare il primato di essere l’identità stessa della loro città? Il Noma di Renè Redzepi ha rappresentato per tredici anni l’orgoglio gastronomico di Copenhagen, della Danimarca e di una regione geografica intera, quella dei Paesi del Nord. Lo si capiva anche dalle piccole cose. Salire su di un taxi in città e dire semplicemente Noma, senza perder tempo a memorizzare l’impronunciabile indirizzo che ci avrebbe condotti al porto. Un tempo magazzino del sale, poi la sede di quello che era uno dei ristoranti più importanti del mondo. Questa la nostra cena del marzo 2014, il Noma di René Redzepi: uno sguardo verso il futuro.
Il Noma non è stato un ristorante, ne mancava anche qualche elemento fondamentale. Poche volte ho sentito persone raccontare di esserci stati e di desiderare tornarci al più presto. “Esperienza” è il termine che più spesso si è scelto per sintetizzarne la narrazione. Innanzitutto un grande Erasmus permanente di palati e cuochi. Ogni sera tra brigata e clienti si inscenava lo spettacolo che vedeva protagonisti persone da tutti i continenti. I muschi ed i licheni sono gli ingredienti che più spesso vengono citati se si parla di Redzepi, qui infatti è stata data loro dignità. Selezione delle specie, raccolta effettuata con cura maniacale, abbinamenti giocati sul filo del rasoio. Questo però è anche il luogo da cui è partito il Nordic Food Lab che oggi vive all’interno dell’università di Copenhagen e poi è stato probabilmente la prima importante tavola europea dove si è tentato di sdoganare la cultura degli insetti edibili. Ricordo nella mia cena una polpetta ripiena di purea di grilli.
Al centro dell’intero progetto sempre una maniacale attenzione alla sostenibilità sia sulla scelta degli ingredienti che delle tecniche di cottura, che nella lotta agli sprechi alimentari.
Dal Noma è partito l’intero movimento gastronomico del Nord che ha visto poi affermarsi uno stile preciso, quello dell’essenziale, dei pochi ingredienti in un piatto, dell’uso dei fermentati e dell’amaro, dell’assenza di grassi. Si, nell’area geografica a più alto consumo in Europa di grassi animali è partita la contemporanea rivoluzione della leggerezza.
Tra un anno le scene riapriranno in una zona probabilmente più congeniale al progetto gastronomico, la campagna nelle immediate vicinanze della città. I riflettori saranno allora ancora puntati sul progetto gastronomico dello chef ritenuto tra i più influenti al mondo, un visionario che rasenta il genio.
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