La Campania brassicola che ci piace: Birrificio Il Chiostro

Pubblicato in: Voglia di Birra
Birrificio Il Chiostro

Birrificio Il Chiostro
Via L. Ariosto, 25
84014 Nocera Inferiore (Sa)
Tel. e Fax +39.081.5172564 Mobile +39.347.8198290
www.ilchiostro.net

di Andrea Docimo

A Nocera Inferiore non ero mai stato, e figuriamoci. Venendo dalla zona vesuviana, sono circa 60 km d’auto, non proprio un’esiguità.
Si parte, allora, con due amici Antonio Spina a Michele De Maio incontrati per caso allo ZWANZE DAY 2015 presso L’Ottavonano e con i quali si è subito venuta a creare una grande intesa).
E’ iniziato così il mio mini-trip in una delle realtà più belle del salernitano e, c’è da dirlo, dell’intero territorio campano. Su di una piccola salitella, un pò fuori dalle caotiche dinamiche cittadine, sorge il Birrificio “Il Chiostro”, orchestra brassicola sapientemente diretta da Simone Della Porta, un (si perdonino latinismo e licenza poetica) “vir bonus birrificandi peritus”.

L’intero impianto (progettato in toto dal proprietario) ammalia e seduce fin dal primo istante, pur nella sua semplicità (anche se sono previsti degli ingenti ampliamenti già a partire dai prossimi mesi).

Il processo di birrificazione consta di 4 step: Ammostamento (con un mash più lungo che si articola in due fasi a diverse temperature), Filtrazione (adoperando la tecnica del Batch Sparge), Bollitura (che avviene a fiamma diretta così come nella fase di ammostamento) e Whirlpool. Proprio l’utilizzo della fiamma diretta dona una certa rotondità al prodotto finito, e mediante l’imbrunimento enzimatico (ad esso conseguente) lo protegge dalle ossidazioni. L’ensemble è collegato da una complessa intelaiatura di pompe e tubi, che risultano perfettamente funzionali allo scopo. Ma, adesso, abbandoniamo i tecnicismi e passiamo alle birre.

A monte della visita, avevo già avuto modo di avvicinarmi all’opera di Della Porta mediante alcuni top di gamma prodotti dal birrificio, come una Memento Mori 2008 ricca di appeal, la sua evoluzione in “femme fatale” Ligneum ( Barley Wine affinato per 13 mesi in botti di Taurasi DOCG dei Feudi di San Gregorio) e la Old Ale Once Upon a Time, che pure mi aveva sedotto in un grigio giovedì autunnale con i suoi armonici toni tostati.

Ed è stato con questo spirito che è iniziata una intensa mattinata di degustazione, ad un tavolo con i miei due amici e Simone, birraio dall’aspetto di lupo solitario, ma il cui sorriso disvela una grande sensibilità d’animo (analisi confermata anche dalla chiacchierata off-topic a valle della bevuta). Si è iniziato con una variazione sul tema Belgian Pale Ale, prodotta da Antonio Spina (il mio amico aspirante birraio) con la collaborazione di Della Porta, caratterizzata da un marcato accento amaro sul finale che, tuttavia, le regalava un buon brio. Con qualche altra settimana di “maturazione”, e con una carbonatazione che diverrà più evidente grazie alla rifermentazione, ne uscirà una gran bella birra. Bravo, Antonio!

Se questo è stato un ottimo entrée di benvenuto, di non minore caratura sono state le portate successive.

La seconda birra, prodotta per La Pazzeria l’anno scorso e rinominata dagli stessi “ Azz’ ”, è una rivisitazione in chiave moderna dello stile Barley Wine (con circa 10% abv.). L’impostazione è quella della Once Upon a Time, con la differenza dell’utilizzo del Biscuit della “Viking Malt”. Importante al naso, al palato l’aspetto caramellato ed una speziatura simile a quella del panforte vengono sapientemente bilanciati dalla nota acidula. Una bella birra strutturata dal concept natalizio, perfetta per accompagnare un buon panettone artigianale.

Si è, quindi, proseguito con la Zenith in botti d’acacia, Tripel che strizza l’occhio al mondo dei vini: “il legno d’acacia viene molto adoperato in enologia, specialmente nei passiti” afferma con grande competenza Simone. E il risultato è meraviglioso: secca, pulita, ben carbonata, con un buon grado alcolico (9% abv. circa) e sentori fruttati e di miele.

Così, tra una chiacchiera ed un’altra sui viaggi annuali del mastro birraio in Belgio e qualche considerazione sulla cultura brassicola in Italia, la mattinata scorre piacevole. In questo clima disteso e leggero, passiamo alla seconda “session” di bevute.

Una Nadir invecchiata in botti di rovere americano riapre palato e mente: color tonaca di frate con riflessi rosso carminio, morbida, con vaniglia, tostato, caramello ed una nota tannica finale che invoglia a proseguire la bevuta. Quasi rilassante, con un tenore alcolico (9.5 % abv. circa) che scioglie i nervi. Bella!

Fuochi d’artificio finali con la Once Upon a Time (nuovamente lei!), ma nella sua veste elegante, da gala, con ben 36 mesi di maturazione in barrique di Amarone Zenato della Valpolicella DOCG. Se al naso già emergono sentori di liquirizia e mosto, al palato essi esplodono con sorprendente veemenza. Smooth, rotonda, astringente quanto basta. Il modo perfetto per concludere la degustazione.

Ci sarebbe da descrivere altre interessanti creazioni de “Il Chiostro”, come la Sorba (data dal mash-up tra una Belgian Strong Ale affinata in botti di ciliegio ed una acida prodotta con le sorbe), la Scottish Ale, la Oud Bruin (per la quale non sono mancati apprezzamenti anche da Lorenzo Dabove a.k.a. Kuaska), la Morus Nigra (Fruit Beer prodotta con un succo estratto dai gelsi neri freschi) o ancora la IPA, che qui sta per Irpinia Pale Ale. Le buone birre prodotte si sprecano, e non basta un solo articolo per descriverle. Magari se ne riparlerà più in là, per ora occorre solo chiudere gli occhi e rimembrare le splendide atmosfere di quei luoghi a me così inusuali, nei quali spero di ritornare presto, magari per qualche altra bevuta con i miei amici e Simone, con il quale si stringe subito e dal quale si è sempre ben accolti.


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