Oscar, derby tra Cotarella e Moio

Pubblicato in: I vini del Mattino

18 maggio 2002

Tre vini, un produttore, e ben due enologi: è la Campania la regione rivelazione, almeno nelle aspettative, per la grande notte degli Oscar del Vino organizzata dall’Ais (Associazione Italiana Sommeliers) al Cavalieri Hilton di Roma il 9 giugno. Una splendida conferma, queste nomination così numerose per la serata più mondana dell’anno concepita dal vulcanico Franco Ricci che nel giro di qualche mese ha lanciato la guida Duemilavini e la rivista Bibenda. Lo scorso anno il nostro Sud fu penalizzato, si impose solo il Don Carmelo di Albano, la Campania molto più semplicemente fu del tutto ignorata. Il nostro pianto greco, ma soprattutto la grande vivacità di Bacco all’ombra del Vesuvio, sembra aver messo le cose a posto. Almeno nella premessa: staremo a vedere a chi saranno assegnati i tanto agognati Oscar. Ma ecco le nomination, che ciascuno di voi, seguaci del dio caucasico, può sostenere dichiarando la propria preferenza all’Ais (www.bibenda.it). Forse la sorpresa più inaspettata e gradita è quella dell’Aglianico del Taburno Rosato di Fontanavecchia (Torrecuso, tel. 0824 876275), 6000 bottiglie o poco più curate da Angelo Pizzi e volute da Libero Rillo: un gioco che può diventare molto importante in un segmento, quello dei rosé, troppo fuori moda per essere dimenticato. Dovrà vedersela con il Cirò Rosé della Fattoria San Francesco e il Rosa di Montacuto 2000 di Moroder. Il mitico Privilegio dei Feudi San Gregorio è in corsa come miglior dolce mentre il Piedirosso dei Campi Flegrei Montegauro Riserva 1997 delle cantine di Quarto Grotta del Sole concorre nella categoria miglior rapporto qualità/prezzo. Vincenzo Ercolino dei Feudi San Gregorio è nella categoria del miglior produttore. Siamo quasi all’en plein campano, infine, per gli enologi: due su tre. Parliano del re dell’aglianico Luigi Moio e del re dei tre bicchieri regionali Riccardo Cotarella. Una bella sfida, che divide in cantina e unisce nel bicchiere la terra dei vulcani spenti. Così parlò Plinio il Vecchio.


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