Firenze, Il Palagio del Four Season e la cucina di Vito Mollica

Borgo Pinti, 99
Tel. 055.2626450
www.fourseasons.com
Aperto solo la sera e chiuso la domenica.
Ferie tra gennaio e febbraio
Prezzo: da 50 a 125 euro.

Più che una recensione è il racconto di una cena felice nata su Facebook con l’amico Sabino Berardino, il vate del bon ton gastronomico fiorentino:-)
Congresso Ais, solito mordi e fuggi e spazio ritagliato per la serata, tutti al Palagio e alla fine siamo 13 a tavola. Ecco perché all’inizio il sommelier Walter Meccia ci fa trovare un bel Pinocchio per fare 14.
Ci sta.

Il tema è la cacciagione nella quale Vito Mollica, da quattro anni qui a Firenze dopo un lungo peregrinare per l’Europa, esprime la sua concezione in una frase che a me piace molto, il “chilometro giusto”. Lavorare un prodotto in cui il risutato sia giustificato dalla distanza. Quando si parla di verdure il chilometro zero è infatti perentorio, ma ci sono prodotti nati per viaggiare ed è giusto goderseli.

Ero stato qui sempre per toccate e fuga, in occasione del piatto dell’anno con Pommery per il cacio e pepe e poi con la nuvola di Pino Cuttaia o per provare il mitico brunch domenicale. Mai però per una bella cavalcata nei piatti del menu di Mollica, lucano di Alvignano, paese a ridosso di Potenza un tempo molto rinomato per la preparazione del baccalà nelle sue trattorie. Dove c’è uno dei più belli e sconosciuti castelli federiciani, ben restaurato, quello di Lagopesole.

Vito è un cuoco dotato di tecnica perfetta, matura e consapevole. Come tutti coloro che hanno lavorato nelle grandi strutture, riesce sempre a trovare il giusto equilibrio tra estro creativo e necessità di far alzare tutti contenti e soddisfatti da tavola. Per fare questo serve totale padronanza del mestiere, la giusta nota ruffiana in ogni piatto e al tempo stesso esprimere una idea precisa e non confusa dell’ingrediente principe. I passatelli sono stati sicuramente uno dei piatti della serata, con un brodo finissimo ed elegante, al tempo stesso ricco di sapore. Per precisare e numerare quello che voglio dire: per me questo è un piatto da 18 che senza il parmigiano sarebbe da 19.

Ma il vero top della serata, da mangiarne a badilate e da mettere nell’Arca della memoria è stato il civet di lepre dove la bravura è stata nell’aver creato un piatto per golosi al tempo stesso con una formidabile spinta che lo ha fatto terminare presto lasciando tutti con la voglia… di lievre a la royale!

Di scuola il marbré, con una maionese perfetta. Tipico sfizio da Champagne.

E la tacchinella ci ha già fatto sentire vicino il Natale.

Dolce ma non stucchevole il dessert finale

Infine i vini. Abbiamo usato la formula BYO, ossia ci siamo portati un po’ di bottiglie da casa visto che si era tra professionisti.

Si è bevuto
Biancolella d’Ischia Frassitelli 2012
Greco di Tufo Cantine dell’Angelo 2009
Poliphemo Luigi Tecce 2006
Fiorduva 2012
Brunello di Montalcino Fattoria dei Barbi 1961
Les Allots Nuit Saint George 2006 Remoriquet
chianti classico VILLA ROSA 1966
Barbaresco Pieve Santo Stefano (anni 60 non meglio precisato) 
Camartina 1999
Domaine Prieuré Saint Christophe, Mondeuse Tradition-Savoie AOC
Sabbie di Sopra il Bosco 2009 Nanni Copè
Antico Gregorio riserva 1985 Contini

Il consiglio è quello solito: questi sono posti didattici e di emozione e se si è appassionati non bisogna farseli sfuggire. Il servizio professionale, la cornice elegante sono il degno tapis roulant di una cucina che ha ancora molto da esprimere pur avendo raggiunto un equilibrio maturo.

Le foto sono di Tommaso Luongo, delegato Ais Napoli, che ringraziamo.


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