Palazzone: il grechetto di Orvieto tra futuro e tradizione

Pubblicato in: Cantine e Produttori di Vino
Il Palazzone

di Antonio Di Spirito
Attraverso Ulisse, Dante ci raccomandò: “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza“.

Però bisogna ricordarsi sempre da dove si viene ed il proprio passato per apprezzare meglio i risultati raggiunti.

Nel 1969 la famiglia Dubini acquistò una proprietà in quel di Rocca di Ripesena, vicino Orvieto, con annesso un caseggiato in rovina; fu, poi, interamente restaurato rispettando l’originaria architettura, soprattutto per gli esterni, e trasformandolo in un accogliente ed elegante relais resort, con arredi curati e completi di ogni comfort.

Furono impiantati 25 ettari di vigneti e, nel 1988, iniziò la costruzione di una moderna cantina, abbandonando, così, la vecchia cantina, che era stata ricavata, chissà in quale secolo del passato, in una vecchia tomba etrusca scavata nel tufo, sotto un castagneto: temperatura costantemente fresca ed umidità, ideale per la conservazione del vino.

Negli anni successivi, però, ci fu un giusto ripensamento; valeva la pena recuperare una ricchezza culturale: un’antica “cantina” etrusca.

L’idea era quella di fare il vino di una volta, utilizzando la stessa composizione di uvaggio, le stesse attrezzature e gli stessi procedimenti: pigiatrice manuale, tino aperto in legno di castagno, torchio, botti di castagno, damigiane di vetro da 54 litri e nessuna filtrazione.

Verificare, insomma, che con le conoscenze e le cure profuse oggi, sia in vigna che in cantina e senza far ricorso a sofisticate tecnologie, si possono comunque evitare tutti gli errori e molti difetti diffusi nel vino del passato.

L’appezzamento circostante la cantina rappresenta il punto d’incontro dei due tipi di terreno che caratterizzano l’intera zona Orvietana: sedimentario-argilloso, ma ricco di fossili, e vulcanico. Il vigneto è stato reimpiantato rispettando quelle che erano, tradizionalmente, le proporzioni delle uve (uvaggio) utilizzate per l’Orvieto Classico: procanico (così viene chiamato localmente il trebbiano toscano), verdello e malvasia.

Negli anni ’90 del secolo scorso è stato rivisto il disciplinare dell’Orvieto DOC ed il grechetto è stato incrementato fino al raggiungimento, in concorso con il procanico, del 60% minimo (da che era 1-2%). Il nuovo disciplinare ha liberalizzato l’utilizzo di qualsivoglia vitigno ed ha imposto di fatto la pratica del blend, in quanto il grechetto, per esempio, deve essere raccolto in anticipo rispetto ad altre uve (matura prima), altrimenti addolcirebbe troppo il vino finale.

Le uve vengono selezionate, pigiate senza diraspatura e vengono ammostate in un tino di castagno; la fermentazione spontanea si avvia nel giro di 2-3 giorni; quando avrà formato un consistente cappello di circa 20 centimetri di spessore, viene svinato e posto in botti di castagno dove completa lentamente la fermentazione e resta in maturazione fino al compimento di un anno. L’affinamento avviene per otto mesi in damigiane di vetro; poi si imbottiglia ed il vino staziona per ulteriori quattro mesi in grotta prima di essere immesso in commercio.

Naturalmente non viene filtrato.

Abbiamo assaggiato le ultime tre annate di questo vino.

Musco 2015
Procanico 50%, verdello 30%, saldo di malvasia toscana.

Nel calice si apre con profumi di salvia e lavanda prima e con profumi di frutta dolce, quasi candita, di albicocca e susina dopo; al palato è inizialmente asciutto e secco; poi frutta gialla candita, molta sapidità, buona freschezza e tanta persistenza. La chiusura del sorso è leggermente speziata. Andrebbe aspettato ancora un po’.

Musco 2014
Olfattiva diversa dal precedente, frutto di un’annata tribolata. Il colore è intenso ed ha note di erbe aromatiche (salvia e lavanda) e si apprezzano note mineral-ferrose; il tasso alcolico è palesemente più basso dell’annata precedente e la freschezza si esalta; al palato è meno intenso e “grasso”, ma sicuramente più elegante; sapidità e piccola speziatura fine accompagnano la gradevole chiusura del sorso.

E’ un vino contenuto ed armonico.

Musco 2013
Il colore è quasi ambrato; i suoi profumi vanno dalle erbe officinali a quelli di frutta candita; ma presenta una lieve nota di maderizzazione. La seconda bottiglia ci regala un vino poco floreale, ma fruttato, salino, quasi tannico; la freschezza, però, dona equilibrio e morbidezza al sorso.

Dal punto di vista olfattivo sono un po’ monocordi: mancano profumi di fiori e frutta; in compenso hanno complessità gustativa, grande sapidità ed un filo di tannicità morbida.

La cantina principale è costantemente aggiornata alle tecnologie più moderne, senza rincorrere il superfluo e riservando il massimo rispetto alla materia prima.

Dirige le operazioni Giovanni Dubini, coadiuvato dal giovane figlio Pietro, fresca laurea in enologia.

Quasi tutti i vini bianchi vengono vinificati in acciaio. Le procedure produttive sono simili a tante altre cantine; la pratica più interessante sembra essere quella legata alla chiarifica ed alla separazione dalle fecce; i mosti vengono separati dalle bucce ed immessi nei serbatoi di fermentazione, dove, però, vengono sottoposti subito ad una flottazione: con una pompa si nebulizza azoto liquido nella parte bassa del serbatoio; le bollicine di azoto spingono verso l’alto le fecce fini e le compattano; la parte inferiore della massa vinaria è completamente illimpidita; quindi viene separata e posta a fermentare. Il grosso vantaggio sta nel fatto che, a differenza dell’illimpidimento statico a freddo, che durerebbe comunque più di una giornata, non si rischiano fermentazioni spontanee indesiderate. A quel punto si parte con la fermentazione.

Ultimamente il relais è diventato un vero e proprio Wine Resort con proposte degustative ad ampio raggio, sia per i vini, che per la cucina; quest’ultimo settore si è arricchito con l’arrivo di un talentuoso chef, Riccardo Mattoni, che propone la ricca cucina locale rivisitata ed adattata all’esaltazione dei vivi di Palazzone. Abbiamo così potuto degustare gli altri vini aziendali, annate vecchie comprese, durante una ottima cena!

Terrevineate 2015
Erbe officinali, frutta carnosa ed una leggera nota affumicata lo caratterizzano al naso; al palato porta un ampio spettro di sapori fruttati; è asciutto, ma fresco e la marcata sapidità lo rende persistente. Calibrato e composto.

Terrevineate 2010
Con tutto questo tempo sulle spalle ha acquisito note terziarie di idrocarburi, che sposano molto bene a profumi di erbe officinali; al palato è fragrante ed asciutto, sprigiona molta freschezza, anche se conserva ancora una nota leggermente dolce. Equilibrato, pulito e persistente.

Terrevineate 1997
In questo vino ci sono solo profumi terziari di idrocarburi e note di confetto (mandorla e zucchero); in bocca è molto asciutto, ma il sorso è piacevole e fresco; è molto persistente e stupisce la pulizia che produce sul palato.

Campo del Guardiano 2015
Melone bianco, salvia ed altre erbe aromatiche sollecitano l’olfatto per un forte invito a bere; anche al sorso si esprime con frutta; grande freschezza, sapidità e fine speziatura portano ad un lungo finale. Molto equilibrato.

Campo del Guardiano 2013
E’ sostanzialmente uguale all’annata 2015 nei profumi e nei sapori, ma il sorso è appena più complesso, pur mantenendo caratteristiche di scorrevolezza. Elegante.

Campo del Guardiano 2008
Intrigante e maturo al naso con melone e lavanda in evidenza; in bocca è piacevole, sapido, fresco, progressivo e persistente. Dinamico.

Campo del Guardiano 1997
Frutta a pasta bianca e note di idrocarburi; ottima struttura e grande pulizia nel sorso; è molto fruttato, piacevolmente fresco ed in chiusura la speziatura fine è accompagnata da una lieve nota amaricante.

 


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