La tradizione è sempre figlia di processi complessi che alla fine diventano facili. Ma la semplicità non è banalità.
.
Pensavo proprio a questa prova provando in giuria gli eccellenti risultati ottenuti dai tre concorrenti selezionati dall’Avpn per il Contest Vero Pizza. Semplici come l’impasto diretto della pizza napoletana che è stato duramente attaccato negli anni passati e sostituito spesso e volentieri con metodi ottimi per la panificazione ma che ne snaturano l’anima trasformandola in un lievitato.
Non è una questione di lana caprina, ma del motivo per cui Napoli si può identificare con la pizza a differenza di tutte le altre città, sino al riconoscimento Unesco dell’Arte del Pizzaiolo Napoletano che fu un colpo culturale mortale per i mulini che per esigenze commerciali spingevano altre pratiche, altri prodotti e altri protocolli. Attenzione, qua non discutiamo di bontà del risultato finale, ma di come dobbiamo definire la coppia di sostantivo e aggettivo più famosa del mondo: pizza napoletana.
Bene cosa deve avere un lievitato per essere definito pizza napoletana? Per me è molto chiaro: deve avere un impasto diretto, ossia lievito, acqua, farina e sale per prima cosa. Poi la farina deve essere 00, una vera eccellenza italiana che viene ottenuta attraverso puri procedimenti meccanici, infine una cottura veloce per restare scioglievole al punto tale che si può piegare senza spezzarla.
Molto semplice. Ogni altro procedimento allontana la pizza dalla sua anima napoletana ed infatti anche in provincia il gusto è diverso da quello della città. Sono due le obiezioni di attacco a questa tesi: la prima che è la biga esalta il profumo del grano. Vero e c’è a chi piace, ma l’essenza della pizza è avere un profumo proprio che è il risultato del profumo dell’impasto, del pomodoro e del fior di latte (da preferire di gran lunga alla mozzarella di bufala per gusto e preparazione), Altrimenti si diventa pane e qualcosa.
La seconda si traveste dietro motivazioni nutrizionali e salutistiche aderendo al punto di vista anglosassone che analizza gli ingredienti a prescindere dal contesto dello stile alimentare. Quindi la farina integrale è più salutare di quella raffinata il che è vero in assoluto, insignificante se inserisco la pizza in un contesto dove assumo fibra durante ogni giorno della settimana con verdure, ortaggi, frutta.
Dunque se io voglio godere di una pizza autenticamente napoletana la voglio da farina 00, a impasto diretto e cotta in un forno pensato per la pizza. E’ questo che distingue i pizzaioli dai panettieri.
Non solo questione di tutela della tradizione, ma la ragione è che le pizze tradizionali, marinara, cosacca, margherita, sono davvero più buone se realizzate in questo modo pechè esaltano il sapore di tutti gli ingredienti.
Poi quando si fanno altre combinazioni, allora si può anche pensare a cambiare impasto.
Amen!
articolo pubblicato sul Mattino il 16 dicembre 2025
Dai un'occhiata anche a:
- Andrej Godina: Report ha ragione, il caffè italiano è in ritardo su trasparenza e cultura della filiera
- Crisi del vino? La verità è che abbiamo smesso di voler essere adulti
- Marco Contursi | Le mie segnalazioni sul blog: consigli per l’uso
- Paolo Marchi e Daniel Young: quando Identità Golose scoprì la pizza
- Le Figaro scatenato contro la pizza napoletana di Michele a Parigi
- Alberto Grandi mette la Bufala sulla Pizza Paulista
- Paulo Airaudo non le manda a dire: “Il vegetale? Al ristorante va bene come contorno”. E su Ferran Adrià…
- A ristorante si mangia il bello non più il buono
