Pizza. Storia napoletana, il nuovo libro di Antonio e Donatella Mattozzi edito da Slow Food

Pubblicato in: I libri da mangiare
Donatella e Antonio Mattozzi

Donatella e Antonio Mattozzi

di Santa Di Salvo

Il caso unico, eccezionale e documentato, è quello della pizzeria di via Tribunali 35, dove dal lontano 1822 in poi si registra, salvo qualche breve eccezione, la presenza delle donne. Si comincia con Teresa Santelia e si arriva a Esterina Sorbillo, scomparsa nel 2010, a cui il nipote Gino ha dedicato l’attuale locale. Perché se la pizza è femminile, le donne in pizzeria sono una rarità storica. Ci voleva la nuova edizione di un saggio recente ma già classico, quello di Antonio Mattozzi, stavolta non a caso coautore assieme alla figlia Donatella, per ritrovare il filo che ricostruisce il ruolo femminile nelle pizzerie napoletane. Per la prima volta, ecco i documenti che dal 1807 attestano la presenza di “pizzaiuole” titolari (una, Maria Rosaria Romito, di botteghe ne aveva addirittura due, a Gesù delle Monache e a Porta San Gennaro). E se il pensiero corre immediatamente al basso di donna Sofia ne “L’oro di Napoli”, meglio specificare subito che qui non si tratta solo delle pizze fritte preparate nel basso e vendute fuori in strada, ma di veri e propri locali, spesso gestiti da donne rimaste sole per la morte o l’allontanamento dei marito. A metà Ottocento tale Angelina Caiazzo rileva la pasticceria di Gaetano Pintauro, nel 1876 ci sono già cinque o sei titolari di pizzerie con vendita di vino, nel 1891 Teresa Palumbo apre al nuovo rione Vomero, mentre a via Speranzella si registra nei decenni una continuità di discendenza femminile. E’ un capitolo importante di “Pizza – Una storia napoletana” (Slow Food editore), 270 pagine, euro 16,50).

Il lavoro fondamentale di Antonio e Donatella Mattozzi, integralmente riveduto e ampliato rispetto alla prima edizione del 2009, riprende la storia di pizzerie e pizzaiuoli a partire da fine Settecento ma adesso arriva agli inizi del Novecento, grazie a nuovi dati acquisiti dall’Archivio della Camera di Commercio. Documentazione preziosa come la riproduzione di alcuni elenchi dell’Archivio di Stato attestanti tutti i pizzaioli con bottega dal 1807. Un affascinante repertorio che fa parlare le carte e una volta per tutte sgombera il campo da ogni equivoco, da tutte le invenzioni tramandate per inerzia (vedi la storia della nascita della pizza margherita) e dalla disinvoltura generale del web e delle chiacchiere social. Illustrazioni, mappe e stampe accompagnano la storia.

Pubblicato in misteriosa coincidenza con il momento in cui è cominciata l’irresistibile ascesa della pizza, il saggio di Antonio Mattozzi era partito da una ricerca personale sulla storia della sua famiglia, la più antica e numerosa tra quelle dei pizzaioli napoletani. Poi il paziente lavoro di ricerca, la consultazione di montagne di documenti inediti del periodo borbonico e dell’Italia unita hanno trasformato il libro in qualcosa di molto più importante. Soprattutto per la meticolosa ricostruzione storica di un mestiere oggi finito sotto i riflettori, ma fino a pochi anni fa considerato all’ultimo gradino della scala sociale. “ Professo’, ci avete restituito la dignità” disse commosso Enzo Coccia alla prima lettura del libro. E anche con un altro maestro della pizza, Franco Pepe, nasce da allora un legame di stima e affetto. Sembra proprio, come scrive in prefazione Donatella Mattozzi, che l’uscita del libro abbia accompagnato in questo ultimo decennio tutti i più significativi riconoscimenti per la pizza napoletana. Soprattutto la sua ascesa come prodotto di eccellenza, profondamente rinnovato sotto tutti i profili, finalmente oggetto di studio e di ricerca. Uno dei passaggi più significativi di questa trasformazione è che la versione inglese di questo saggio, curata da uno studioso di Harvard, è stata acquisita da molte biblioteche universitarie in tutto il mondo.


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