Poggio alla Meta, il Cabernet del professore

Pubblicato in: I vini del Mattino

Il Cabernet Sauvignon in purezza è un vino capace di appassionarci raramente e comunque sempre nella fascia di eccellenza come nel caso dello storico Contea di Sclafani di Tasca d’Almerita e del Sassicaia in alcune annate. Ecco perché ci piace soffermarci stavolta sul Giovane 2005 prodotto dal professore Mariano Nicòtina, titolare di cattedra alla facoltà di Agraria e dal suo allievo Anselmo Cioffi impegnato a Portici come dottore di ricerca. Lo scenario di questa avventura è nelle valli del Liri e di Comino, ad Alvito e Pescosolido, due paesini alle falde dei monti della Meta del Parco nazionale dell’Abruzzo, più o meno a mezza strada fra Sora e Venafro, dove nel 2001 sono stati impiantati i vigneti commercializzati a partire dalle vendemmia 2005. Un progetto semplice, riqualificare la doc Atina lavorando sul cabernet previsto dal disciplinare e sulla passerina del Frusinate per il bianco mentre giusto lo scorso anno è iniziato il lavoro su due vitigni autoctoni laziali, il maturano e il pampanaro sinora mai vinificati. Il nome dell’azienda, Poggio alla Meta, tradisce le origini aretine del professore trapiantato a Napoli da ormai oltre trent’anni. Il terreno argilloso calcareo è una delle condizioni per ottenere buoni vini rossi e il cabernet, insieme al merlot, non ha avuto difficoltà ad acclimatarsi e a dare un buon risultato sin dalle prime battute, del resto è proprio questa capacità a fare di queste uve vitigni internazionali rispetto ad altri molto più difficili. Lo dimostra anche la prima edizione del Giovane, un 2005 da cui ci si aspetterebbe poca struttura e che invece si presenta già all’olfatto ricco di personalità e, soprattutto di eleganza. Già, perchè in fondo quel che disturba nella media dei Cabernet Sauvignon spesso è proprio l’incapacità di avere in bocca il giusto equilibrio tra i tannini e la frutta, spesso al primo bicchiere questa esuberanza stanca e non fa andare oltre perché manca la necessaria spinta di freschezza. Non è il caso di questo vino, assolutamente equilibrato, morbido ma non piallato, fermentato e maturato in vasche d’acciaio prima di riposare qualche mese in bottiglia, giustamente consigliato su piatti come la lasagna napoletana e sui pesci grassi come il capitone. Molto utile la nota verde del cabernet franc e l’apporto del merlot: si tratta di un taglio bordolese classico nel quale però il Cabernet, con una percentuale dell’80 per cento, fa la parte del leone. Un vino di buona beva, facile da comprendere e intrigante per gli appassionati, in attesa della riserva che si chiamerà Il Vecchio.


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