Potenza, Antica Osteria Marconi

Via Marconi, 233-235
Tel e fax 0971.56900
www.anticaosteriamarconi.it
Chiuso domenica sera e lunedì. Ferie due settimane ad agosto e la settimana delle feste natalizie
Per capire la filosofia e un po’ di storia, l’ultima scheda su questo sito:
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Per capire di cosa parliamo e dove siamo:

In grande crescita creativa Francesco Rizzuti, sempre perfetta la sala. Uno dei pochi motivi per venire a Potenza, se non siete stati messi sotto processo da Woodcock, città inghiottita dal cemento e dai mostri architettonici, è provare questa cucina sapiente, aggiornata e lungimirante.

La carta dei vini è sterminata, perchè Peppe Misuriello ha una enoteca da molti anni con memoria storica seria. Fatevi guidare da lui, i prezzi sono sempre di maturità commerciale.


Questo Benvenuto di polpettine di calamari e seppie in brodo di gallina aromatizzato con rafano giovane e foglie di carciofo è corroborante, fantastico, rasenta la perfezione assoluta grazie al gioco di consistenze dovuto alla destrutturazione della materia regalata dal mare.
Ricetta candidata a piatto dell’anno anche se è un po’ presto:-)
@@@@@ smak
Ovviamente non ci berrete nulla

Ci soffermiamo sui pani straordinari di questa regione presentati a tavola dai fornai di Potenza, tra i più buoni del Sud e quindi d’Italia. Integrale, di Matera, con le patate. Quelli lunghi non sono grissini, ma la pasta dei taralli con il finocchietto presentata lunga anziché a 8.
Avrete capito, se siete persone con un po’ di sale in zucca, che solo questi primi due ingressi sono motivo che valgono il viaggio.

Il baccalà è stato l’unico modo per mangiare il pesce nell’Appennino prima della costruzione delle strade veloci. Per questo lo trovate ovunque e più siete lontani dal mare più è buono e saporito. In Basilicata si fa con i cruschi. Qui è presentato su zuppetta di fagioli di Sarconi e cicorietta da campo. Ottima la tempura, ma è il piatto che ci è piaciuto di meno perché statico, non si muove e la sapidità del baccalà si perde. Anche se il richiamo con i fagioli è antico, a nostro giudizio bastava la frittura con una idea di cicoria che, invece di lanciarlo, lo tira nelle sabbie mobili e alla fine uno dice: dov’è il baccalà?
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Abbiamo bevuto Fiano di Avellino 1995 di Mastroberardino :-)

La tartare di vitello è divertita con queste citazioni: due bocconi sono con le alici salate, il terzo con il cous cous lucano, ossia con il biscotto di grano duro sbriciolato. Erbette e germogli di aglio completano la preparazione. Un piatto che strappa il sorriso.
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Questo invece è un piatto di coraggio perché non accetta mediazioni palatali. Piace oppure no. La polpettina di agnello è infatti rafforzata dal pecorino di Filiano, ottime le verdure di campo. Francesco non si è preccupato di nascondere l’agnello, tanto chi lo sceglie già sa cosa cerca mentre gli altri lo rifiutano apriori.
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Tra le entrate, citiamo l’acquasale di rape 2010 con l’uovo di Parisi e i cruschi di Senise, una sorta di breakfast lucano rivisitato, la parmigiana scomposta di alici e melanzane con spuma di caciocavallo podolico, il fagottino croccante di agnello con mandorle e spezie e salsa al curry, la scaloppa di fegato d’anatra alla piastra, salsa di mele in casa e liquerizia.

Qui, per chi non lo avesse capito, c’è un richiamo alla minestra di mare di Gennaro Esposito che il nostro Francesco conosce bene, non a caso è sempre presente alla festa di Vico. I fagioli sono di Sarconi, l’idea nuova è l’aggiunta di miso che alleggerisce il piatto salvandoci dalla grevità papposa e infantile dell’amido della pasta unito a quello dei fagioli
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Tra i primi trascriviamo le linguine con alici, pane speziato e cremoso di patate al limone, le linguine con alici, mollica, salsa wasabi e pistacchi di Bronte, la pasta mista di Gragnano con i fagioli bianchi di Sarconi, il baccalà e il cotechino, le candele di Gragnano con il fegato di agnello lucano, il tartufo e il caciocavallo podolico, i tubettini integrali con le cimette di rama, il limone candito e la salsa di acciughe. Gli strascinati con il ragù di agnello, il cacioricotta e il rafano.

Siamo all’esecuzione di un classico presentato in modo preciso e impeccabile. Bella l’idea del goloso plumcake. In una giornata normale questo sarebbe un piatto unico, al tempo stesso goloso e molto deciso e pulito nei sapori.
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Qui abbiamo cambiato vino e bevuto l’Aglianico del Vulture 1985 di Paternoster :-)

Tra i secondi segnaliamo il filetto di baccalà con guanciale, agrumi, cruschi, il maialino dda latte in crosta di pane e senape rustica, patate e finocchio, il controfiletto di manzo ristretto all’Aglianico con tortino croccante di funghi cardoncelli.

Infine il dolce, anzi il passaggio dal dolce al salato con la chiacchiera su spuma di canestrato di Moliterno.
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Dei dolci vi narriamo sulla cassata di ricotta, la mousse al cioccolato, olio e scaglie di sale, il Tiramisù, la terrina di cioccolato, mandorle e spuma di ricotta al caffé, il Flan di cioccolato amaro e il semifreddo al torroncino di mandorle, arance e limoni.

Da aggiungere infine il piatto dei formaggi e l’assaggio di sei torroni, una buona idea per riproporre la copeta.

Ora veniamo ai prezzi. Su, dite… Vi aspetto.
Vabbé, se siete a Napoli o a Roma, quasi rientrate con i costi della benzina per quello che spendereste in città.

Qui avrete un menu degustazione a 5 portate per 35 euro e un gran menu a 7 portate per 45 euro. Alla carta non potrete mai andare oltre i 50 euro. Lunch con due o tre portate a 20-25 euro.

Infine i nostri due compagni di viaggio, Piero Mastroberardino Vito Paternoster. Anzi, i loro fantastici e leggendari papà.


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