Rampaniuci 2006 Falerno del Massico doc

Pubblicato in: I vini del Mattino

C’è ancora tanta voglia di scoprire, recuperare gli anni perduti, rimettere la propria etichetta al giudizio del mercato. Già, in Campania le cose stanno così in tutte e cinque le province e gli investimenti in vigna come in cantina non si fermano affatto. è il turno delle piccole aziende, obbligate a dare il massimo per farsi largo spingendo sulla qualità, certo, ma anche sulla tipicità. Come Viticoltori Migliozzi di Casale di Carinola, siamo in pieno areale doc del Falerno di cui vi parliamo per due motivi. Il primo, per noi molto significativo, è perché si tratta di una cantina monoprodotto. Cioé come dovrebbero esserlo almeno la metà delle imprese campane le quali dovrebbero imboccare la strada della specializzazione sull’esempio di Montevetrano e Galardi invece di scimmiottare le grandi inseguendo più tipologie solo per soddisfare la domanda di ristoratori e enotecari incolti o semplicemente pigri. La seconda ragione è nella necessità del ritorno al blend, come il Rampaniuci, il nome è quello di una piccola collina con cinque ettari vitati tra aglianico, piedirosso e primitivo per iniziare ad andare in controtendenza. Già, perché questa fissazione del vino monovitigno è stata importata in Italia direttamente dalla cultura vitivinicola anglosassone, portata a semplificare tutto per la totale assenza di modelli enogastronomici complessi e articolati come quelli latini. Sicché sul bianco possiamo dire, apprendendo anzitutto dalla tradizione contadini, di come Falanghina, Fiano e Greco amino viaggiare da soli o tagliati al massimo con un po’ di Coda di Volpe, mentre non altrettanto, a ben vedere, possiamo dire con l’Aglianico, almeno in Campania dove è sempre stato tagliato prima con il piedirosso (Gragnano), poi con il Sangiovese e il Montepulciano (Solopaca), infine con Cabernet e Merlot in etichette in cui questo esercizio veniva dichiarato o occultato a seconda delle convenienze. La verità è che l’Aglianico ha bisogno di tempo, molto tempo, per esprimersi. E se si cercano scorciatoie credo che l’alternativa sia inconfessabile sul mercato anche se legittima dal punto di vista normativo. Ad ogni modo approfondiremo questo discorso, godendoci intanto il blend di lunga macerazione ed elevazione in legno grande del Rampamiuci, battesimo del fuoco con la splendida cucina di Renato Martino al Vairo del Volturno lunedì scorso: un vino di fascino storico, dai profumi persistenti e intensi, dal tocco papilloso morbido e autorevole, capace di affrontare piatti di carne e formaggi stagionati. Un Falerno dalle radici antiche, quelle della famiglia di Giovanni Migliozzi, da sempre nella terra, e dal tocco giovanile dell’enologo irpino Fortunato Sebastiano


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