Ravello, ristorante Rossellinis di Palazzo Sasso

Ravello è davvero un miracolo: me lo dico ogni volta che torno ed entro in questo regno dell’atarassia nel quale le due fazioni politiche locali passano il tempo a denunciarsi delle peggiori nefandezze pubbliche e private da ormai vent’anni senza venirne a capo mentre l’ambiente celebra l’intimità tra la perfezione architettonica e la natura spettacolare dove il mare è promessa e le coppie si baciano per strada.

Scontri duri e sgradevoli, c’era chi si opponeva addirittura alla costruzione dell’Auditorium il cui pieno funzionamento permetterebbe ai fantastici alberghi di stare aperti tutto l’anno. Passa il tempo, e mi convinco sempre più che le elezioni andrebbero abolite nei paesi sotto i 50.000 abitanti, il sindaco dovrebbe essere sostituito da un commissario per concorso e l’Italia scalerebbe nella classifica mondiale perché per un Angelo Vassallo abbiamo cinquanta faccendieri impegnati a rilasciare licenze edilizie e a prepararsi la candidatura per le provinciali e le regionali in un ciclo elettorale infinito che somiglia molto all’assunzione di droga giornaliera dei tossici. Assolutamente scevra dai bisogni della comunità che non ha strumenti per intervenire. Del resto, se il Fascismo è riuscito realizzare la prima modernizzazione italiana è stato proprio grazie al sistema dei podestà. Poi lasciamo stare il resto.

Già, gli alberghi. Sono stati gli imprenditori privati che con un incredibile colpo di reni all’inizio degli anni ’90 hanno modernizzato l’accoglienza, già grande e straordinaria, in questo piccolo paese. E lo hanno fatto investendo nella ristorazione: oggi qui si cucina e ad alto livello almeno in tre hotel: Palazzo Sasso, Hotel Caruso e Villa Cimbrone.

Sono cambiati negli anni i colori di Pino Lavarra, ogni chef ha i suoi, dal bruno si è voltato verso il chiaro, il verde e i giochi floreali, sempre presenti in ogni piatto: un segno di vita ma anche di raggiunta maturità di uno stile che vive senza l’ansia dover dimostrare nulla a nessuno. Si tratta di una cucina neoclassica, non concettuale, non sofferta, molto concentrata sulla eleganza delle presentazioni e la circolarità dei piatti nel cui fondo si trova alla fine sempre qualcosa di golosamente infantile.

La carta è molto ben organizzata con un menu della tradizione di sei portate più benvenuto e minipasticceria a 85 euro e quello della mini-degustazione a 95 con una portata in meno.
Scorriamoli per avere l’idea.

Tradizione: Parmigiana in scatola di spaghetti, piccoli canneloni ripieni di robiola di bufala, filetto di San Pietro scottato con farina di peperone di senise, soufflé di limoni della costiera con sorbetto ai lamponi e birra.
Degustazione: carpaccio di manzo con crema di ricotta, spaghetti alla chitarra, trancio di spigola laccato al sedano, maialino di latte con melanzana affuicata, composizione di caffè alla nocciola

Nel pane si sente la scuola di lievitazione e la mente va subito alle colazioni. Tante golosità tra cui il babà rustico soffice e perfetto.

Ora la carta dei vini a due facce: quella campana è in assoluto la migliore che abbiamo mai visto. Non tanto per la profondità delle annate che non stupisce (qui l’Oasis e la Caravella sono imbattibili) quanto per la cultura delle scelte. Roberto Adduono è un grande sommelier e dimostra come con un budget contenuto si possa stare al passo con proposte di grande livello a prezzi abbordabili. Sembra un paradosso, ma questa carta per la capacità di entrare nelle pieghe dei territori e delle reali tendenze, è quasi una anticipazione della nostra nuova guida Slow Food.

La carta nazionale e internazionale invece non è adeguata, ferma sostanzialmente agli anni ’90, scontata. Un effetto della crisi che abbiamo riscontrato un po’ ovunque quest’anno girando tra i top: non solo gli acquisti si sono fermati nel 2007/2008, ma pesano, tantissimo, le improvvide scelte del passato. Vedere carrellate di vini che mai nessuno comprerà mi ricorda i carri armati colpiti e abbandonati nel deserto che ho visto in Yemen. Questo a dimostrazione che non bastano i soldi per il vino, ci vuole cultura e soprattutto evitare di affidarsi a un solo rivenditore che ti piazza sostanzialmente le sue provvigioni.

Questo è un piatto di gusto assolutamente meridionale, un boccone ghiotto e divertente. Un calcio di rigore a porta vuota con la bella idea degli spaghetti usati come contenitore, artifizio che definirei cineseria borbonica (ricordate il mitico cerino?)

In questo caso il piatto ha più un gusto internazionale con la ricerca di equilibrio sul versante dolce appena combattuto dall’amarognolo della melanzana. Si gioca di consistenza con la carnosità della cappasanta e la spuma eterea. Molto tecnico.

Un gradino superiore, invece, questo antipasto dove la tecnica di esecuzione oltre a divertire per le consistenze valorizza bene la carne lasciando il palato ben fresco.

La dolcezza assoluta e senza mediazioni di questo piatto è un invito a nozze per gli amanti del genere: in questo caso più che la ricerca di equilibrio c’è l’estremismo unidirezionale.

Anche qui c’è dolcezza, ma è quella un po’ rustica partenopea, dettata dal vegetale delle cipolle. Un piatto della tradizione molto ben eseguito e assolutamente goloso, da mangiarne a container.

Il terzo primo volge verso la decisa acidità in lotta con il tartufo sul campo di battaglia in cui mozzarella e uova tentano la mediazione. Forse il piatto più concettuale e spinto della degustazione.

Un grande classico rivisitato con divertimento e una spolverata di barocco che però non è stucchevole. Qui più che la Campania è di scena la Lucania

C’è anche un po’ di Lucania anche qui con il peperone di Senise, un piatto verticale non solo nella presentazione ma anche nel gusto, sempre più complesso man mano che si scende

I dolci completano bene il pranzo con sicurezza, golosità, equilibrio.

Una brigata tonica, motivata, matura. Davvero una bella esperienza in un posto da sogno che vi consiglio.

Rossellinis dell’Hotel Palazzo Sasso
Ravello
Via san Giovanni del Toro, 28
www.palazzosasso.com
Aperto solo la sera
Ferie da novembre a marzo
Prezzo alla carta 120 circa, menu degustazione a 85 e 95 euro.

Ps: i vini
Champagne Thienot 2003
Vajra 2009 Langhe Bianco
Vigna della Bra 2008, Filippi
Kerner 2006 Manni Nossing
Monteriolo 2004, Coppo
Chateau Greysac Cru Bourgeois 1996
Centomoggia 2004, Terre del Principe
Zingarella 2009, Masseria Parisi
Pozzillo 2007, Masseria Parisi


Dai un'occhiata anche a:

Exit mobile version