Come si impicca un caciocavallo spiegato dal boia

Pubblicato in: I miei prodotti preferiti
caciocavalli impiccati, il team di Mario Laurino

di Lello Tornatore

La cucina è una cosa seria, e come tutte le cose serie ha bisogno di approfondimenti professionali. L’altro giorno, nel consueto giro mattutino su fb mi imbatto, tra le tante, in profondissime affermazioni del tipo “…senza tecnica dovrebbe essere vietato cucinare anche a casa…” e ancora “…mi sono rotto i cavassi (avrà voluto dire…cabasisi ?) come direbbe xxxxx del mantra sulla materia prima…” E come non concordare con pensieri così illuminati, che segnano lo spartiacque tra il vecchio e il nuovo, la barbarie e la civiltà moderna, i piccioni viaggiatori e il 2.0. E basta co’ ‘sta storia del km zero, del cuoco-contadino, dei disciplinari di produzione, dei prodotti ecosostenibili…quello che conta è LA TECNICA, vuoi mettere, come estràe Niko…non estràe nessuno!!!

 

 

E allora, anche solo per impiccare un caciocavallo…è tutta una questione di tecnica… Incominciano dall’inizio: chiaramente quando parliamo di tecnica, implicitamente parliamo anche di attrezzature. E quindi, dove vi avviate con il barbecue della domenica (a’ furnacella)??? Occorre piuttosto un attrezzo professionale, prodotto da aziende specializzate che dopo anni e anni di studio e ricerca sono riuscite a mettere in piedi un know how totalmente innovativo che dà la possibilità allo chef di effettuare una cottura-non cottura, a temperature controllate e con ph “schiumogeno” (cosa vorrà dire?)…beh, inchiniamoci a tanta cultura senza farci domande retrò!!!

Ma veniamo alla materia prima (si può dire?)…basta prendere una palla di cacio (da cui il nome originario “caciocapalla”, poi trasformato in caciocavallo), non ha importanza il colore, la razza da cui proviene il latte, i pascoli, il caglio utilizzato, e tutte le altre menate varie. Importantissimo è invece, il verso nel quale si “ impicca” il caciocavallo.

 

Va preso per la testina (la pallina che sovrintende a tutta la palla grande). Il sistema di cottura omologato dalla filosofia di cottura delle grandi cucine d’avanguardia prevede una “petit chaine” (catenella) realizzata con un materiale particolare che ha la proprietà di mandare messaggi sul cellulare ogni 5 secondi che comunicano la temperatura istantanea, sia al cuore della testina (pallina) che al cuore della palla grande di cacio. Geniale!!!

In questo modo lo chef ha la possibilità, intanto che il caciocavallo  “s’impicca”, di tenere un congresso, fare uno show-cooking a LSDM, registrare una ricetta su mysocialrecipe.com, che so…per esempio girare uno spot promozionale o addirittura di partecipare ad una antropocena!!!

Insomma, oggi il mondo corre veloce, e questa è la teoria dell’ottimizzazione…bellezza!!! Ma tornando alla “tecnica”, molto importante è anche il coltello con il quale si preleva la parte sciolta dell’ impiccato. Non è un semplice coltello, ma si tratta di un “coteau sournois” detto così perché entra in sintonia con la mano dello chef che guida l’asportazione valutando la replica di un grafico di una funzione, elaborato in tempo reale e in collegamento con i valori espressi dalla “petit chaine”. Geniale? Noooòòò…piuttosto proprio “ ingénieux“!!!

E stiamo ancora lì a parlare di come lo faceva mia nonna??? Oppure del produttore che “conoscosoloio” ??? No signori miei, è solo una questione di tecnica!!! E non è finita qui…successivamente alla fase di asportazione, viene il momento più delicato : “ le revêtement “ (la spalmatura).

 

 

Si procede guidando il coteau sournois con un movimento armonico-equilibrato, disegnando nell’aria un pezzo di circonferenza che va da 1/4 a 1/8 a seconda del grado di morbidezza del formaggio, avvertito dalla sapiente mano tecnica e precisa dello chef. La fate semplice voi, eh!!!

Ma attenzione, non è finita qui…il completamento del piatto passa attraverso l’operazione finale: “Le râpé de truffes “ (la grattata di tartufo). E come si fa??? Non è semplice, anche per questa operazione è indispensabile “ un’ assoluta padronanza della tecnica, che viene appresa da una grande bottega senza saltellare a destra e a manca come molti fanno con i master post universitari che fanno titolo in un paese estetico e burocratico come l’Italia ma che poi non servono a un cazzo perché non si impara nulla di concreto” (almeno così dice un famoso guru della critica gastronomica, leggi il Pigna) :D .

In sostanza si tratta di sbocconcellare “ le truffe”, inondarlo della saliva tecnica dello chef e procedere alla “pulvérisation” sulla preparazione testè realizzata!!! Che capolavoro…ecco, questo è proprio il caso in cui, come dice sempre il guru, si “allungano i sapori della materia prima di grande qualità”…anche letteralmente!!! ;-) Per concludere, ma seriamente stavolta…se mi permettete di dire la mia, il cibo è un prodotto che va consumato a tavola, meglio se in compagnia, la piacevolezza della preparazione quindi, non dipende tanto dalla materia prima o dalla tecnica, quanto piuttosto dalla qualità della compagnia con cui si condivide!!!

 


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