La lasagna napoletana di Carnevale

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Taverna di Baffone, lasagna

Taverna di Baffone, lasagna

Come si fa la lasagna napoletana di Carnevale

A Napoli, escluso il Vomero, il ceto medio non è egemone come nel resto d’Italia e in gran parte d’Europa. Qui è la sua sostanziale diversità nella quale la capitale dispiega il suo continuo chiaroscuro a cui, nel bene come nel male, è impossibile restare indifferenti. Una diversità esagerata dai numeri quando era più grande e bella di Madrid che l’aveva conquistata, e poi per il passo diverso assunto con l’avvento del capitalismo nel quale altre città e altre nazioni si sono imposte dettando i tempi dell’orologio e mettendo per la prima volta in relazione il lavoro con i minuti e le ore invece che con i giorni e le stagioni.

 

Grande città prima della rivoluzione industriale, unica con Parigi, è distinta dunque dagli eccessi, in bilico fra l’assoluta essenzialità dello spaghetto al pomodoro fresco o quello antico con il formaggio, oppure la sontuosità dei pasticci di pasta come la lasagna. L’equilibrio è ricercato sugli opposti, l’esagerazione estetica e gustativa, proprio come nella vita di tutti i giorni dove i problemi vengono affrontati solo se diventano emergenza e non gestione ordinaria. La naturalità umana in una situazione di costrizione urbana diventa anch’essa fisicità vissuta come naturalezza, penso ad esempio alla gestualità unica partenopea, ai toni di voce, alla necessità di marcare subito gerarchie e distanze sociali, ribadire preventivamente la proprietà di una donna o di un uomo. Forse per questo qui il Carnevale non ha altra, vera, forte tradizione se non, appunto, la lasagna: in una società repressa, fortemente gerarchizzata e ordinata, operosamente cronologizzata, bisogna avere uno spazio per liberare le energie, sognare qualcosa di diverso.

L’impiegato in giacca e cravatta che si mette in tuta la domenica, gli slavi e i nordici che si ubriacano con la vodka il fine settimana, le follie da sballo del sabato sera iniziate non a caso negli anni’80 in Italia, quelli della definitiva vittoria del pensiero consumistico sull’etica rurale cattolica e quella urbana comunista.

Ma a Napoli questa discrasia fra essere e lavorare non esiste così marcata, il quotidiano offre sempre qualcosa di straordinario e irrequieto, l’ordine borghese che Bassolino ha tentato di imporre con la conquista dello spazio nel centro città resta solo un episodio, una risposta di governo a ciò che si può solo autoequilibrare come ha notato molto argutamente Goffredo Fofi. E soprattutto l’essere in emergenza, in equilibrio precario costante, preserva in tutti il senso di essere ancora comunità, non c’è l’individuo solo contro tutti, non a caso qui i suicidi sono statisticamente una grande rarità. Come quando ci si trovava nelle grotte durante i bombardamenti. E la presunzione occidentale di rimettere ordine in questo caos orientale è destinata a naufragare sommersa dalla enorme e infinita marea immigratoria verso la quale i tentativi di contenerla appaiono tanto stupidi e velleitari come pensare di evitare che cada la pioggia.

Ricetta lasagna napoletana di Carnevale

Carnevale è allora la festa dei bambini o dei piccoli paesi, dove è necessario sfogare il rigido controllo della comunità familiare esercitato nel corso dell’anno. La trasgressione pagana è dunque tutta nella creazione di un piatto esagerato, capace di far dimenticare la fame, di esorcizzarla, di essere così abbondante da poter dire basta, così ricco da restare vivi, il contraltare all’unica vera regola a cui i napoletani hanno dovuto sottostare dalla fondazione della città sino agli anni ’60, quella della fame e dell’incertezza delle calorie per la sopravvivenza. Da poco tempo, insomma, i bisogni primari sono soddisfatti a livello fisico ma non ancora nell’inconscio collettivo.

La lasagna napoletana di Carnevale

Il successo della lasagna
Ecco dunque questo piatto in cui sul terreno amidoso della pasta combattono alternandosi la sensazione acida del pomodoro e quella dolce della ricotta, in cui entra tutto quello che uno vorrebbe mangiarsi nel corso dell’anno, dalla carne al salame, persino in alcuni casi le uova, simbolo d’eccellenza della fertilità in tutte le culture. La lasagna, da adesso la Lasagna, è dunque la vera trasgressione non costruita ma naturale, l’abboffata, spernacchiare la fame, sentire di avere tutto a disposizione, almeno una volta l’anno, nel piatto. Se questa è la genesi, la sua capacità di resistere e di essere realmente sentita nelle case come nei ristoranti, nelle trattorie e nelle gastronomie è ovviamente nella sua bontà, nel suo affermarsi sostanzialmente come piatto morbido e piacioso a tutti, grandi e piccini: non esiste al mondo una persona a cui non può piacere una porzione di Lasagna. Un altro elemento di successo, fattore non trascurabile nella mentalità napoletana, è la sua infinita praticità: la si può preparare il giorno prima tanto quello dopo è più buona, per questo è possibile anche conservarla, infine portarla integra facilmente con i ruoti del forno se si è invitati altrove o se, come spesso abbiamo fatto in passato, si organizzano le disfide della Lasagna, gare partite per scherzo dopo le quali spesso si sono rotti i rapporti tanto è forte l’identificazione non solo manuale ma familiare persino nella elaborazione di questa ricetta. Forse proprio partendo da queste esperienze ho capito poi quanto sia problematico dare punteggi ai vini e agli oli. Infine c’è la gestualità, il taglio della pasta simile a quello di una torta, l’evocazione immediata della festa, la speranza che in quella fetta ci sia quel salame e qualche polpettina in più. E, ancora, la disquisizione se sia più buono il centro morbidoso o la crosta esterna, la preparazione a strati in cui si esalta la filosofia vichiana dei corsi e ricorsi storici. Insomma: urrà.
I prodotti
Vorrei ora disquisire su alcuni ingredienti segnalandovi le mie preferenze, premesso che come tutti i piatti della tradizione ci sono le varianti e i segreti di famiglia. I Propilei sono costituiti dalla pasta, dal ragù, dalle polpettine, dalla ricotta.

La pasta
La stragrande maggioranza dei ricettari parla di pasta fresca all’uovo. Io credo invece che l’uovo sia molto meglio trovarlo dentro la Lasagna integro e sodo. Vanno usate le sfoglie di pasta di semola di grano duro industriali: reggono in modo assolutamente superiore tutto l’impianto del piatto mentre con quelle fresche c’è sempre il rischio pasticcio in agguato. La pasta industriale in questo caso mantiene distinti i piani e regala ordine ai sapori nella sequenza classica: ricotta, pomodoro, carne, salame e uova. Ottime sfoglie in commercio sono quelle del pastificio Faella mentre, più reperibili sul mercato italiano e ugualmente soddisfacenti, Amato.

Il pomodoro
Il San Marzano va, a mio giudizio, meglio sui sughi freschi in cui si esalti il sapore e la sua vigorosa acidità minerale. Le cotture prolungate, ovviamente, tendono ad esaltare la struttura, l’estratto secco per usare un termine preso in prestito dalla scienza enologica, dunque vanno benissimo le conserve di pelati tipo Roma. Graziella di San Valentino Torio è un’ottima soluzione.

La ricotta
Esclusa quella di bufala, soffre sempre in cucina, vi alternerete su quella vaccina se non amate, come nel mio caso, la preponderanza della morbidezza in questo piatto, o su quella di pecora ove mai preferite sentire dominante il dolce del latte. Per i caseifici vi rimando all’apposita sezione.

La carne
Il ragù, lo sanno anche i bambini, è la ricerca di equilibrio di carni diverse. Nel caso della Lasagna si usa quasi esclusivamente il maiale perché Carnevale coincideva, e coincide in effetti, con l’abbondanza di questo animale sui banchi delle macellerie in quanto siamo in piena mattanza. Se volete riequilibrare l’eccessiva dolcezza potete usare la carne di vitello per le polpettine. Fondamentali le cervellatine, sottilissime salsicce napoletane.

Salame, uova
Mettiamola così: se siete gourmet esercitati meglio evitarle perché alla fine dominano in bocca e nascondono pregi e difetti delle esecuzioni. Ma se la Lasagna è per voi una coperta di Linus, allora, va bene, ma sempre in maniera moderata. Non c’è nulla di peggio di pasta e salame. Meglio usare salsicce secche lucane o, wow, quelle piccanti calabresi.

Mozzarella, fiordilatte formaggi
No, no e no. La mozzarella di bufala odia la cucina a meno che non sia di quattro, cinque giorni. Ha troppa acqua e regala umidità in eccesso al piatto. Stesso discorso anche se un po’ meno marcato vale per il fiordilatte. Per i formaggi vale quanto detto sopra su uova e salame, se ci tenete, negli strati vi consiglio fette molto sottili di caciocavallo silano o crotonese non stagionati.

La lasagna napoletana di Carnevale

Lasagna napoletana di Carnevale

Di Luciano Pignataro

Tempo di preparazione: 3 ore
Tempo di cottura: 2 ore

Ingredienti per 10 persone

Preparazione

Preparate il ragù partendo da una base di soffritto in olio e un pizzico di sugna di cipolle, mezza carota, un gambetto di sedano finementi tritati. Aggiungete tracchiole e cervellatine e fate indorare. A questo punto versate il pomodoro e partite con la pippiata di alcune ore: dovendo la cottura essere completata in forno, conviene fermarsi un po’ prima del classico ragù napoletano lasciando alla salsa la possibilità di conservare il colore rosso vivo. Una mia variante, improponibile se si è in famiglia, è aggiungere al ragù un cucchiaio di ‘nduja.
Preparate le polpettine, mescolando carne macinata, uova, pane raffermo precedentemente ammorbidito e pressato, pecorino, sale. Fatele a palline piccole e friggetele in olio extravergine d’oliva.
Lessate le lasagne avendo cura di lasciarle al dente perché avranno bisogno di una ulteriore passata in forno.
Bene: siete pronti per la costruzione della vostra casa.
Uno strato di sfoglia, poi il ragù, la ricotta, una spolverata di pecorino.
Le polpettine ed eventualmente la carne sfilacciata a piccoli pezzi del ragù, il salame o le salcicce lucane, le fette di caciocavallo, le uova iniziate a metterle a partire dal secondo strato insieme al ragù e alla ricotta. Salite fin che vi pare, più è alta meglio è.
Alla fine mettete molta salsa e lasciate in forno per una mezzoretta.
Da mangiare almeno due o tre ore dopo la cottura, quando il tutto si è assestato, magari riscaldando dolcemente a bagnomaria o al vapore, oppure lasciandola riposare nel forno ermeticamente chiuso. La Lasagna, a differenza degli spaghetti, non va mangiata troppo calda.


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