Ledoyen Pavillon a Parigi e la rivoluzione delle salse di Yannick Alléno

Pubblicato in: Parigi
Yannick Alleno

di Monica Caradonna
Ha comprato casa in Toscana e ha comprato pure una vecchia 500 blu. Una macchina che parla dell’Italia e che del Bel Paese è identità indiscussa.

Sarà anche per quella sua innata voglia di valorizzare ciò che è terroir in cucina e quindi anche nella vita. È in vacanza in Versilia Yannick Alléno e, nel frattempo, a qualche centinaia di chilometri, nella sua Francia, il mondo Alléno si evolve e cresce.

Il 2 agosto a Ledoyen Pavillon, nel salotto buono di Parigi, lungo gli Champs-Elisée, dove Allèno ha uno dei suoi due 3* Michelin, è stato aperto un nuovo cantiere. Si comincia dalla cucina. In programma, interventi anche sulla sala e, in un futuro più prossimo, anche sulla terrazza. Insomma, lo chef del rinascimento della cucina francese, rivisitazione del bel Mr Big di Sex and the City, (l’attore Chris Noth, cruccio amoroso della giornalista Carrie Bradshow-ndr), non si ferma. E, nel frattempo, degusta l’aceto dell’amico Massimo Bottura e racconta con naturalezza la sua vita su Instagram.

Moderno con circospezione, scettico verso la globalizzazione in cucina – rea di aver fatto dimenticare la poesia delle salse -, avanguardista con passione, illuminato e innovatore, Yannick Alléno ha rivoluzionato la cucina francese ricucendo con il passato. È partito, infatti, dalle origini, dalle salse, da quel legame liquido che crea armonia nel piatto e ne ha firmato l’evoluzione.

«Alléno è un visionario della cucina – racconta Martino Ruggeri chef adjoint di Ledoyen Pavillon – un vero innovatore. Ha ricostituito un legame tra la cucina francese e le salse, rendendole puro concentrato di gusto, essenza di creatività e di tecnica».

Martino, 30 anni, pugliese, braccio destro di Yannick Alléno, inizia la sua giornata molto presto. Alle 7,30 del mattino è già per strada. Non lascia la cucina se non al termine del servizio, dopo aver assaggiato ciascun piatto che esce per raggiungere la sala. Alléno è il suo maestro ed è la giusta spinta verso un processo di sperimentazione continua. «Con lui non ci sono limiti» dice Martino. E come dargli torto dopo aver assaggiato la cucina di Ledoyen Pavillon. L’identità del ristorante sono le salse. L’identità della Francia sono le salse, ma nella testa e nella cucina di Alléno queste hanno subito una vera e propria rivoluzione nell’anima più profonda, nella loro essenza sottile.

È tra il 17° e il 18° secolo che le salse vivono il loro momento di massimo splendore e appeal, ma con la nouvelle cuisine, alla fine degli anni ‘70, c’è un cambio di passo, la cucina mette loro un freno a favore delle mousse e dell’uso dei sifoni e sparisce il saucier dalla brigata. Non ci sta Alléno, sempre più convinto del ruolo di marcatore identitario delle salse e del bisogno di soddisfare una memoria prima gustativa che estetica. Ecco, allora, la svolta. L’incontro professionale con Bruno Goussault, direttore scientifico di Crea, il Centro di ricerca sugli studi dell’alimentazione di Parigi, con il quale inizia la sperimentazione ispirata alla tecnica usata nell’industria del latte. Obiettivo, rispettare il gusto ed esaltarlo nell’ottica di una cucina autentica, sincera. Il resto è storia. La crioconcentrazione è la tecnica nobile di estrazione del gusto, il volàno per concentrare i sapori con il freddo. Ci sono volute più di 500 prove prima di arrivare al risultato che Alléno e Goussault hanno ritenuto funzionale alla cucina. «La crioconcentrazione consente di intensificare il gusto delle salse – spiega Martino Ruggieri – di renderlo più intenso, esaltando le proprietà dei singoli componenti. Ripetere il processo più volte vuol dire arrivare sempre più all’essenza, ma l’evoluzione ulteriore di Alléno è stato sviluppare le estrazioni in fermentazioni in questo modo innovativo di realizzare le salse». Processi molto costosi, sani, concentrati.

Esplode, allora, in bocca il gatzpacho, un melange di estrazioni e resta lì lungo, persistente, ruffiano e avvolgente.

Colpisce la memoria del gusto il foie gras, allevato a mais, servito con daikon, cotto con le alghe mozucu e accompagnato dalla mousse montata con estrazione di anguilla con polvere di spinaci, arancio e sesamo nero.

Ma è sul piatto principale che fonda la sua filosofia Alléno. C’è il piccione, che diventa declinazione di sensazioni e consistenze, stili e tecnica. Le interiora diventano hot dog servito con maionese con fermentazioni di carciofi; le carcasse sono la base per il consommé che è elegante, saporito, armonico, apparentemente semplice ma incredibilmente complesso. Ci sono i fichi cotti adagiati su una pigna e accompagnati da chips di patate con polvere di pigne e pinoli e poi c’è lui, il piccione salmistrato, affumicato e cotto con un olio di cocco, servito su un fondo di piccione con pinoli e una fermentazione di scalogno. Insomma, un piatto unico sì, ma assolutamente geniale. Un piatto che diventa un percorso nel percorso. Indimenticabile. Affascinante. Emozionale.

Sedere alla tavola di Ledoyen è un’esperienza che resta impressa a marchio a fuoco nell’anima; è una prima volta che segna un cambiamento nel desiderio di chi sceglie la tavola come percorso emozionale; è un attimo dopo l’Armageddon, la riappacificazione dei sensi.

 

Ledoyen Pavillon
8 Avenue Dutuit,

75008 Paris, Francia

 


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