MICHELE LALUCE
Uva: aglianico
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Dalla cantina di Michele a Ginestra, guardando l’orizzonte e oltre la sua vigna d’Aglianico, vedi la strada che scende verso Venosa arrotolarsi in curve che si perdono tra i campi giallognoli, terra lasciata a bruciare al sole, come fossero sterpi, non fruttiferi, ma da sfruttare. Campi di grano intorno, tanti, troppi, non coltivati, perché conviene così, perché, in fondo, ci sono gli aiuti economici di qualche stato sovrano o della comunità europea.
Quale agricoltura sia questa, ci si chiede, fatta di bilance e bilancini, di pesi soppesati, di contributi sparsi qui e lì, per compensare, equilibrare quella che doveva o dovrebbe essere la fortuna di tutti noi: la globalizzazione.
Poi guardi Michele e le sue mani, doppie e spesse, muscolose per il lavoro continuo, la sua gentilezza non di maniera ma autentica, la sua faccia da brigante, il suo parlare schivo, la sua ritrosia alle domande e il suo chiedere continuamente a noi – assaggiamo i vini? -.
Seguiamo Michele da sempre e continueremo a farlo, perché ci piace l’uomo e il vino che fa. Ci piace il suo cambiare di volta in volta, i piccoli passi che l’hanno portato dall’acciaio al legno, il suo parlare franco, il suo discutere di commercio, di vini fatti per essere venduti, senza tanta filosofia, senza tanti sofismi. Allo stesso tempo ci piace il suo essere lontano, come uomo di campagna vecchia maniera, a qualsiasi scorciatoia o furberia intelettuale. Fa il vino, cerca di farlo buono e vuole venderlo. Il tutto di una semplicità disarmante.
Dello Zimberno avete letto qui e qui , del S’adatt scriviamo adesso.
Ecco, se volete veramente sapere cosa significhi naturalezza espressiva di un vino, allora acquistatene uno dei suoi. Dai colori naturali, non quelli di una vernice, non quelli realizzati dall’uomo con un tintometro. Dei profumi che si svelano mano a mano, di prugna, di note animali e poi spezie, e la verve agrumata, e ancora i fiori, poi il terroir, la matrice vulcanica che si esprime nei sentori di grafite, terra ed infine un po’ di cipria a ricordarci il legno.
Al palato danza aggraziato, sorso semplice, teso e nervoso, sapido nel finale, lungo, alcol sempre calibrato. Un vino di compagnia.
Un tuffo nel tempo e nella terra Lucana, insomma, che farò di nuovo, aspettando la promessa di Luciano: di tornare da Michele, in onore di Ninco Nanco, brigante, per festeggiare le piccole vigne d’aglianico, in quella terra dove neanche Cristo arrivò, come scrisse Levi, anni fa.
Sede a Ginestra. Contrada Serra del Tesoro. Tel. 0972.646145. www.vinilaluce.it. Enologo: Sergio Paternoster. Ettari: 6 di proprietà. Bottiglie prodotte: 25.000. Vitigni: aglianico, moscato
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