
Faceva freddo, ieri sera. Più freddo delle altre sere. Forse arriva l’inverno. Stavolta arriva davvero, credo.
Mi si è fatta gelida la sera quand’ho saputo che il Bepi se n’è andato. Giuseppe Quintarelli è morto. Con lui scompare l’Amarone della tradizione.
E muore l’idea stessa di classicità valpolicellese. Senza se e senza ma. Un’epoca è finita. Per sempre.
Gino Veronelli fra le sue ultime cose lasciò scritto del suo “inginocchiarsi di fronte a una bottiglia di Amarone della Valpolicella Classico Superiore Monte Cà Paletta 1978 e memorare i poeti”.
Ecco, capita, stappando un vino del Bepi, che si resti attoniti. Davanti, intendo, a quei vini così possenti, eppure anche così eleganti. La finesse, dicono i francesi, la finezza. Coi vini del Bepi capisci che la finezza è tanto. Tanto.
Capiterà ancora, fortunatamente, di godere dello stupore di questi sorsi, ché i suoi sono vini che sanno sfidare il tempo, e lo faranno a lungo se si avrà la pazienza di aspettarli. Occorre pazienza, come l’aveva lui ad attendere il vino, che si compisse. Anni.
Avrei voluto, ieri sera, d’acchito, scendere in cantina a prendere una bottiglia di quelle del Bepi. Per ricordarlo con uno dei suoi rossi. Ho poi deciso d’attendere. Forse l’attesa è il miglior ringraziamento che io gli possa tributare.
Il resto sta nei miei ricordi.
*Ringraziamo l’amico e collega Angelo Peretti per aver consentito la pubblicazione di questo bellissimo ed emozionante ricordo.
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