Sei di destra o di sinistra? Lo capisco dalla lingua

Pubblicato in: Minima gastronomica

In tutti questi anni di letture polverose e avide ricerche nelle biblioteche dei templi ho cercato la risposta alla domanda che divide in due l’umanità: come si diventa di destra o di sinistra? Cosa scatta nel cervello? La condizione sociale è un criterio, ma sicuramente non l’unico visto che nessuno dei grandi leader mondiali della sinistra del passato è stato operaio mentre tanti proletari hanno votato il Trota.
Le risposte sono molteplici, anche nell’attuale società liquida in cui uno passa con disinvoltura da un capo all’altro del Parlamento come le baldracche da un cliente al successivo. Del resto Berlusconi è costretto a rimettersi in pista dopo la sconfitta di Renzi ed è difficile spiegare questa cosa se non si risale al prototipo ancestrale di ciò che divide destra e sinistra.

Uno dei tanti giorni in cui vagavo per colli e valli dell’Appennino, la mia auto è stata bloccata da un gregge di pecore. A parte l’acquolina in bocca che subito mi viene quando vedo ovini circolarmi attorno, mi è venuta una intuizione: e se il conflitto tra destra e sinistra non fosse altro che la metempsicosi del millenario scontro tra pastorizia e agricoltura, tra uso illimitato delle risorse e sistematica violazione delle regole, dei confini, dei diritti altrui giustificato dalla forza della necessità di contro all’investimento sul futuro, la costruzione di una disciplina cronologica, l’imposizione di regole ferree sul consumo delle risorse e della gerarchia sociale?
Già, perché no?
Temi che meritano un approfondimento, è da ragazzo che sogno di scrivere un testo definitivo sull’argomento anche se la maturità mi ha portato alla consapevolezza che non avrebbe affatto molti lettori.

Così, per gioco sempre, mi son detto. In effetti si vede subito quando uno è di destra o di sinistra di fronte al bicchiere: è facilissimo da capire perché nel primo caso si predilige il dolce, ossia il tutto e il subito, l’effetto immediato, l’appagamento non rinviato dei sensi. E ancora la morbidezza, la ricerca di un messaggio gustativo che deve essere istintivo e non spiegato. Il destrorso ama il flusso orizzontale dal palato, quello che si carica sulla punta della lingua al punto tale da saltare i percettori dell’amaro che abbiamo in fondo al palato.
Quando sei a sinistra, invece, preferisci la promessa, il movimento dal basso verso l’alto che salta la dolcezza e si affida invece all’acidità laterale del palato. La verticalità tipica dei grandi vini.
Sarà per questo che tanti grandi degustatori di vino sono orientati culturalmente a sinistra?
Chi lo sa, affido al blog queste note vagamente lombrosiane prive di senso.
 La cui sperimentazione pratica però mi fa subito capire, dal primo cenno di fronte al bicchiere, se il mio interlocutore ha la vocazione del pastore o dell’agricoltore:-)


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