Sherry, ritratto di un vino molto “speciale”

Pubblicato in: Liquori, infusi & C
Sherry, tanti volti di un grande vino

di Daniele Lencioni

Lasciamo Siviglia nel tardo pomeriggio, ci mettiamo frettolosamente alla guida sotto questo cielo carico e plumbeo alla volta di Jerez de la Frontera. Come prima di noi hanno fatto Arabi, Fenici, forse Romani e Inglesi ci avviciniamo alla punta finale della costa andalusa, luogo dall’arida fertilità, punto strategico rinchiuso tra un leggero alito sabbioso d’Africa e la sconfinata forza dell’Oceano.

Un’oretta di viaggio, ma guidare dentro alle vallate andaluse è poesia pura e contiamo di arrivare a Jerez per cena. Grossi e grassi nuvoloni continuano a seguirci e pochi chilometri dopo la nostra partenza ci precipitano addosso. Fine della poesia e inizio del temporale. Continuo sui centocinquanta, la pioggia cade forte, lei mi guarda preoccupata dopo il primo fulmine, io la ignoro. La pioggia aumenta, poche auto stanno percorrendo quella strada, anzi forse siamo soli, e la pioggia aumenta ancora.

Ho guidato sotto molti temporali nella vita, ma cazzo! Turbinii di fulmini e grassi tuoni costellano la mia guida, l’acqua deve essere alta, perchè come tocco lo sterzo l’auto se ne va puttane, questa volta ci guardiamo, intensamente. Lei è preoccupata, rallento, osservo in basso e quasi mezza ruota è sommersa. La pioggia aumenta ancora, stiamo in silenzio ma se volessimo parlare dovremmo urlare per sentirci.

Trenta chilometri da bere in un fiato, come una copita di sherry.

Non esito e tiro dritto verso Jerez.

L’auto non mi abbandona e a cinque chilometri dall’arrivo la mano del cielo ritrae i nuvoloni e le nostre orecchie fischiano come appena usciti da un concerto. Esco dall’autostrada e le strade lucide ci portano dentro a una schiera di palazzi di periferia, poi ci perdiamo dentro a quartieri eterogenei fino ad arrivare alla parte alta, antica.

Spengo il motore.

Freno a mano e sigaretta.

Benvenuti a Jerez de la Frontera.

 

Città curiosa Jerez, a tratti monumentale, a tratti modesta e anonima, percorsa da stradine tumultuose, che sbalzano il cammino del turista. Città misteriosa, deserta per strade e vicoli e subaffollata in un metro quadro, città meravigliosamente fatiscente e paesana, la malinconia ispanica lontano dalle chiassose località turistiche già macchiata d’africa, città di storici bar, città intrisa del profumo delle bodega di sherry.

Jerez, Xeres o Sherry, sulle strade di questo vino hanno marciato civiltà e paesi, mitico e mitologico vino fortificato, prodotto dalla lungimiranza e dalla necessità anglosassone e dalla poesia infinita nelle sue bodega e da consumarsi con altrettanta poesia.

Gli spazi immensi in cui le file di botti si perdono, il grigio della muffa alle pareti e il clima caldo umido crea un odore indescrivibile, non saprei esattamente dire a cosa assomigli, ce losiamo chiesto per tutto il tempo, fatto sta che il meglio della raccolta e della lavorazione di uve palomino, muscadel e pedro ximenez, tra tutte, comincia a evolversi qui dentro e in base al carattere diventeranno tipologia fino, se dalla traspirazione della botte scolma si formerà una spessa pellicola biancastra composta di piccoli microorganismi detta flor. O oloroso, se non la svilupperà e assumerà un carattere più docile e rotondo. Discorso a se per il dolcissimo e intenso pedro ximenz.

 

Camminando in una bodega è come camminare in un piccolo paese, un dedalo di casolari e cotili, oggi scaldati da un sole terso, porta con se una fase di vita del vino che andrà a finire nella copita che berremo. C’è ancora tanta umanità in una bottiglia di sherry, c’è il senso dell’attesa e della voglia di veder evolvere un vino secondo il carattere che dovrà avere. Dalle tre grandi categorie appena descritte in verità ne fuoriescono altre, mi sembra sette in tutto. Piccole sfaccettature che dimostrano come non si voglia sottomettere un prodotto al gusto standardizzato dei nostri palati, ma invece come si esalti il capriccio evolutivo di vino.

Del sistema soleras che dire. L’infinita caduta di un prodotto che si porterà nel cuore i sentori e l’aroma dei suoi predecessori. L’eterna aggiunta a un prodotto parzialmente spillato che paziente passa di botte in botte. Spettacolare, nei miei e nei suoi occhi c’è un rispetto infinito per questo vino lento e prezioso che si sviluppa con tanta operosità. E’ poesia, l’ho già ma non mi stanco, c’è da perdere il tempo qua dentro, quasi un’uora a camminare tra legno, muffa, vetro e polvere. Tanta polvere.

 

Ogni bodegas che si rispetti ha la sua galleria di illustri personaggi storici e la loro botte, o nel caso dei reali la prorpia cryadera.

Due ne abbiamo visitate, situate a breve distanza. La famosissima Gonzales Byass, spettacolare e autocelebrativa, ma poco esaustiva, un’esperienza a metà, e la leggermente meno famosa Harveys ma incredibilmente completa e meravigliosa al limite dell’orgasmo.

Lasciamo Jerez de la Frontera in serata, come l’abbiamo trovata, proseguiamo a sud per salutare le scimmie arroccate a Gibilterra, ci vogliono almeno un paio di caffè per rimettermi in sesto e qualche chilometro ancora ci vorrà prima che dalle nostre giacche se ne vada l’odore persistente del legno e della muffa.

Ah, dimenticavo, nelle bodega si distilla anche Brandy.

Ma questa è un’altra storia.

 

 

 

In miscelazione

La prima, doverosa, quasi obbligata scelta ricade su di lui, il classico sherry fino secco, Tio Pepe.

Giallo paglierino severo, oscureggiante. Grande naso ricco, ma riconducibile a mandorla amara, frutta gialla essiccata e legna bagnata. In bocca aleggia una nota resinosa, dolce/acida come un impasto di miele e buccia di limone. Ovviamente lungo, tenore alcolico molto ben addomesticato.

Si va a creare un cocktail “any time”, ottimo come aperitivo, ma anche da bersi in momenti piacevoli della giornata.

Base Absolute vanilia per conferire struttura e rotondità. Si va a rinforzare la parte agrumata seminascosta del cocktail con liquore Mapo Mapo, rinforzata ma leggermente zuccherata da un goccio di Bitter Orange Bols. Sherry fino seco.

Shaker. Coppa Cocktail.

Provare per credere.

 

Proseguiamo con l’esatto opposto. Dolce, corposo al limite dello sciropposo, il Pedro Ximenz è uno sherry a se stante nella composizione e nel processo evolutivo. Prodotto con l’omonima uva, si va a scegliere un prodotto non eccessivamente pregiato da miscelare, in quanto la ricetta è ricca e complessa.

Don Zoilo 12 Years, Williams & Humbert.

Bel colore mogano denso. Naso pervaso da uva passa, fico e prugna secca, leggera cannella e burro fuso.

Stessi sentori in bocca arricchiti ma più zuccherini, viene fuori anche una caramella mou evidente. Ottimo in miscelazione, meno adatto al consumo solitario.

Si va a dare subito una base decisa e netta con una grappa Bottega barrique riserva, nella quale vado a scogliere due bei cucchiaini di gelato alla noce di Macadamia Haagen-Dazs, correggo a piccole dosi con Baileys caramel flavour e Disaronno.

Grattata di cacao amaro e decorazione con mela disidratata, meringa e cialda.

Quasi un dessert, dal carattere avvolgente e ben equilibrato, adatto sia a lui che a lei.

 

Ultimo, solenne e raffinato Apostoles palo cortado Gonzales Byass, si è giocato il posto fino all’ultimo con Harveys very old palo cortado medium 30 years entrambi. L’ha spuntata per una nota di dolcezza in più.

Partiamo dal presupposto che miscelarli è reato e in questo momento io sono un criminale, però mi è balenata una piacevole idea, che alla fine si è rivelata molto azzeccata. Vado a spiegarvela.

Dunque, partiamo dal nostro sherry, un vino che nel bicchiere si presenta in veste omogenea, colore che ricorda il caramello bruciato. Al naso non so da dove partire, caramello, noci, nocciola, legno, sapidità marina, spezie dolci e cuoio per dirne alcuni.

In bocca grande e viva acidità, stessi sentori del naso, ma arricchiti da una nota floreale secca e mielata nel finale. Persistenza…quando finisce ve lo dico.

Bene, andiamo ad operare così.

Affumicatura del ghiaccio con sigarello toscano al caffè. Base alcolica scelta sul territorio, grandissimo brandy spagnolo Fundador solera exclusivo reserva.

Leggero rinforzo di aroma al caffè con liquore Khalua e complessità aggiunta con due gocce di Aromatic Bitter Truth old time.

Tecnica throwing per non sconvolgere troppo gli ingredienti.

Risultato sorprendente bello e introspettivo, beccato al primo colpo. Da sorseggiare filosofeggiando nudi e appagati, su pelle d’orso davanti al camino fiammeggiante lontani dal mondo.

 

 

 

 

Buon sherry a tutti!

 


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