Sotto l’ombrellone-1 | Depardieu, Questioni di core

Pubblicato in: TERZA PAGINA di Fabrizio Scarpato

di Fabrizio Scarpato

A me Gerard Depardieu sta simpatico. E’ uno che ha preso la vita per tutti i versi, l’ha rivoltata come un calzino, subendone tutte le conseguenze, anche tragiche. Non si può dire che non abbia fatto la vita che ha voluto, io per primo non potrei dirlo e sfido molti altri.

Depardieu è innamorato del cibo, non so se ne capisce (e poco mi interessa), ma sicuramente gli piace, sin dai tempi delle clamorose mangiate alla straordinaria Trattoria Cantarelli a Samboseto, durante le riprese di Novecento: due atti, molti mesi, tanti savarin di riso.

Sembra un corto circuito molto istintivo, assolutamente fisico, persino impellente: mangiare e bere, come voler pisciare su un aereo in fase di decollo e piantare un casino che levati. Impulsivo come acquisire vigneti e proprietà in giro per il mondo, dal Cile a Pantelleria, o aprire e chiudere ristoranti e trattorie a Parigi; compulsivo come recitare in centinaia di film o ingenuo quando, facendosi tirare per la giacchetta oversize, declama le virtù di un qualsivoglia barolo piuttosto che del caciocavallo podolico. Ma c’è da credergli, forse. “ Il mio rapporto con il cinema è lo stesso che ho con il vino e col cibo: li cerco per le sensazioni che mi possono dare. Amo il cinema così come amo la vita, entrambi mi ricambiano e mi restituiscono molto”. Avercene.

Ultimamente, a Locarno, Depardieu si è lanciato in lodi sperticate verso l’Italia, dove nel recente passato ha più volte dichiarato di volersi trasferire ( aridaje): “Amo l’Italia perché non ha mai perduto i valori della natura e della famiglia, specie nel centro-sud, in cui esiste ancora una autenticità che ha radici nella terra. C’è chi preferisce la roba internazionale, a me invece piacciono le regioni”. Ovazione. Double face, per dirla alla francese: che può andar bene al popolo mangereccio conservatore, quello del vuoi-mettere-un-bel-piatto-di-pasta-e-fagioli, come al più incallito innovatore: forse non voluta, ma illuminante sintesi di contemporaneità. Il nostro possiede trattorie che fanno cucina italiana, produce vino italiano, acquista quantità faraoniche di tartufi di Alba, ed è anche testimonial di una passata di pomodoro, in cui con voce cavernosa sibila “tengo ‘o core italiano…”
Mmm… sarà il core business?

Roberto Nepoti: Irresistibile Depardieu “Il cinema è come il cibo” – La Repubblica


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