Teresa Mincione, quando una toga lascia il posto a una vigna

Pubblicato in: Personaggi
Cantina Teresa Mincione, Teresa

di Ornella Buzzone

C’è un momento, nella vita, in cui si decide di ascoltarsi davvero, mettere da parte le certezze, le sicurezze conquistate a fatica, per inseguire quel sogno che abbiamo custodito a lungo, silenziosamente, in un cassetto chiuso.

Per Teresa Mincione, quel momento è arrivato quando ha scelto di abbandonare la toga, i ritmi incessanti della professione forense, i corridoi dei tribunali e le infinite sfumature dell’umanità che incrociano chi esercita il diritto, e ha scelto la natura, il respiro lento del bosco, il profumo della vigna, il silenzio operoso della terra, ha scelto sé stessa.

Teresa non è mai stata una donna a metà, o bianco o nero, come lei stessa afferma, e anche questa svolta, radicale, coraggiosa, è arrivata con la forza e la determinazione di chi non fa le cose a metà.

“Per me le cose si fanno bene o non si fanno proprio,” racconta. E così ha lasciato tutto, si è cancellata dalla Cassa Forense e dall’Ordine degli Avvocati. Non c’era più un piano B.

Quel sogno, oggi realtà, era da sempre lì: camminare tra i filari con sua figlia, respirare aria pulita, allontanarsi dalla frenesia per riavvicinarsi alla vita, alla vita vera.

Tutto inizia quasi per caso, o forse no. “Siamo a Vigna Monticelli. Questa vigna è entrata nella mia vita in modo apparentemente casuale. Dovevo partecipare a un convegno, e lì ho incontrato Manuela Piancastelli. Quasi con leggerezza mi dice: ‘Sai, Vigna Monticelli è in vendita. Perché non la prendi tu?’”

Teresa sorride raccontandolo oggi. All’epoca sembrava impossibile: lei era un’avvocata con carriera, clienti, studio, famiglia. Sembrava irreale, ma quella domanda ha cominciato a scavare.

“In quei mesi succedevano cose incredibili, tutte nella stessa direzione, quelle che poi capisci essere segnali. Tutto si stava incastrando come un puzzle perfetto. Monticelli era la vigna che avevo sempre amato. Vecchia, elegante. Amo i vini da vigne vecchie, hanno un’anima più profonda. E quella vigna era la mia vigna.”

Così inizia la trasformazione. Nasce la cantina domestica a Caiazzo, una nano cantina, come lei la definisce con ironia. Prende forma un progetto personale, autentico, fatto di autonomia, studio e sperimentazione.

Teresa non improvvisa. È sommelier, degustatrice, ha percorso per vent’anni l’Italia del vino con occhio critico e professionale. Quando si trova a vinificare la sua prima annata di Casavecchia nel 2021, decide di seguire la sua visione: niente legno, ma anfora. Una scelta controcorrente, meditata.

Il Casavecchia le era sempre stato presentato come un vino scontroso, vigoroso, rustico. E lei, invece, ci ha visto un’eleganza nascosta, un cuore gentile, e voleva portarlo alla luce.

Oggi Teresa è alla sua quinta vendemmia. Accanto a Vigna Monticelli ha acquisito anche Vigna Agnese, l’ultima vigna dell’azienda Terre del Principe, ereditando un patrimonio umano, culturale, emotivo.

Manuela Piancastelli e Peppe Mancini sono stati per lei angeli custodi. Lei prende il testimone con orgoglio e con una sua identità, un modo di fare vino personale, vitale ed elegante.

In un progetto tanto personale quanto radicale, nulla è lasciato al caso. Neppure le etichette.

«Sono una fan di Luca Bellandi, artista livornese. Avevo già diverse sue opere in casa, mi ha sempre colpito il modo in cui riesce a raccontare la bellezza e la fragilità con tratti decisi ma poetici. Un giorno, racconta Teresa ,ho deciso di scrivergli. Gli ho raccontato di me, della mia follia, di questa vigna, di questo cambiamento radicale. Tutto è iniziato con un’email: “Caro Luca…”»

Da quel primo scambio nasce un dialogo denso, profondo, fatto di immagini, parole e visioni. Bellandi accoglie con entusiasmo l’idea. Selezionano insieme alcune delle sue tele, tra cui una acquistata anni prima da Teresa, che ora è custodita nella sua cantina.

Da lì prende forma l’identità visiva dei suoi vini. Ogni etichetta diventa un racconto visivo, un simbolo scelto con cura per svestire, non rivestire, il vino. Per liberarlo.

Nulla è per caso – Casavecchia

Il primo vino non poteva che portare il nome del suo motto di vita: Nulla è per caso. È un Casavecchia 100% che, in linea con la filosofia produttiva di Teresa, nasce senza compromessi.

Affinato in anfora per 12 mesi e successivamente in bottiglia, è un vino che parla piano, ma lascia il segno. Colore rubino delicato, note floreali e speziate, accenni di frutta rossa e una bocca fine, elegante, con un tannino gentile ma vivo.

Cosa abbinarci: piatti della tradizione casertana come agnello in casseruola o lasagne con ragù di cortile, ma anche formaggi stagionati, tagliatelle ai funghi porcini o zuppe di legumi su pane abbrustolito.

La Luna e il ventaglio – Pallagrello Bianco

Nel 2024 nasce La Luna e il Ventaglio, un Pallagrello Bianco che unisce gesto personale e memoria del territorio. Il nome è un doppio simbolo: da un lato il ventaglio, oggetto che Teresa ama e utilizza spesso, segno distintivo di eleganza e femminilità; dall’altro richiama la storica Vigna del Ventaglio, vigneto monumentale a forma di ventaglio nel cuore della Campania felix, non lontano da Caiazzo, a testimonianza dell’identità locale e della nobiltà di questo vitigno.

La luna, invece, evoca i cicli naturali, la lentezza, l’armonia e la profondità del lavoro agricolo.

«Il vino era perfetto – dice – fragrante, esuberante. Non volevo aspettare e rischiare di perderlo. Era il momento giusto per condividerlo. Il tempo, a volte, aiuta; altre volte, bisogna saper cogliere l’attimo.»

La sua filosofia è chiara: il tempo non è un parametro fisso, ma una relazione. Ogni vitigno ha la sua voce, il suo ritmo, il suo bisogno di essere ascoltato. «Il Casavecchia ha bisogno di un anno in anfora e uno in bottiglia. Il Pallagrello Bianco, invece, si esprime subito. Bisogna trattarli con rispetto, ognuno per quello che è, senza forzarli dentro uno schema.»

Il vino si presenta luminoso e vibrante, con profumi di fiori bianchi, scorza di limone, camomilla e mandorla. Il sorso è teso, minerale, lungo, con una chiusura pulita e persistente. Un bianco di grande stoffa, capace di coniugare immediatezza e profondità.

Cosa abbinarci: è un vino gastronomico e duttile, perfetto per antipasti di mare, tartare di tonno o scampi, fritture di paranza, coniglio all’ischitana o formaggi freschi e a pasta filata. Splendido anche su piatti vegetariani profumati, come parmigiana bianca di zucchine o pasta con limone e menta.

Sabbie al vento – Pallagrello Nero

Il secondo vino, Sabbie al vento, è un Pallagrello Nero in purezza che omaggia la natura sabbiosa del suolo di Monticelli e le brezze costanti che accarezzano la vigna.

Sempre vinificato in anfora, questo rosso esprime una personalità intensa, ma misurata, quasi sussurrata. È un rosso che vibra, con freschezza, profondità e un’eleganza sottile. Il Pallagrello Nero 2023 è in uscita.

Cosa abbinarci: perfetto con secondi di carne arrosto, brasati leggeri, timballi di pasta e piatti a base di funghi o tartufo.

In ogni bottiglia di Teresa Mincione si intrecciano tecnica e visione, precisione e poesia. C’è un rispetto profondo per la materia, per il territorio di Caiazzo e per la storia di chi l’ha preceduta, ma anche un desiderio impellente di camminare con le proprie gambe, con il proprio stile.

Oggi Teresa è viticoltrice a tutti gli effetti, con una nano cantina artigianale e un’anima grande. Ha “ereditato” le vigne da Manuela Piancastelli e Giuseppe Mancini, ma ha saputo ridisegnare la mappa del suo progetto vitivinicolo con mano ferma, costruendo una narrazione diversa, più personale, più femminile, più libera.

«C’è chi resta e chi va via, ma tutti, in qualche modo, lasciano qualcosa. E nulla, davvero, è per caso.»

Cantina Teresa Mincione

Indirizzo: Via Sant’Angelo Snc , Caiazzo (CE), 81013

Tel. +39 3391512110

 

Scheda del 5 gennaio 2024

Teresa Mincione, dalla toga al Casavecchia: Nulla è per Caso

La grande forza del vino è poter cambiare i destini delle persone. Per esempio quella di Teresa Mincione, laurea in giurisprudenza con abilitazione alla professione di avvocato, professione che ha esercitato sino a quando non ha deciso di svoltare radicalmente vita appendendo la toga al chiodo e dedicandosi ai batonage, alla potatura, alla vendemmia, alla svinatura. In una parola, alla produzione di vino. Anzi, di Casavecchia.
A questa decisione non arriva per un capriccio. Nulla è per caso è l’epitaffio di questa scelta oltre che essere il nome del suo primo vino, realizzato con il vitigno casertano riscoperto alla fine degli anni ‘90 da Manuela Piancastelli e da Peppe Mancini. Alle spalle ha il diploma di sommelier, poi quattro master di specializzazione fatti a Roma, viaggi in Borgogna e nello Champagne oltre che nelle zone vitivinicole del nostro Paese, oltre dodici anni di collaboratrice della guida Slow Wine, decine di degustazioni.
Una passione crescente, seconda solo a quella della figlia Alessia, oggi quattro anni, che con il pieno sostegno del marito Angelo l’ha spinta nel 2021 a buttarsi a capofitto nella produzione di vino. Con Manuela ci sono tante analogie: anche lei abbandonò una professione, era capo servizio del Mattino, il marito avvocato, la passione travolgente che la spinge in vigna e a studiare, studiare, studiare. Ma non è tutto: queste due donne straordinarie hanno in comune una delle vigne più belle della Campania, villa Monticelli che la Piancastelli le ha venduto sapendo di affidare il lavoro di una vita in buone mani. Un cambio di testimone.

«Per fare il vino – dice Teresa – bisogna essere disponibili tutti i giorni dell’anno, tutte le ore del giorno. Non volevo fare la parte di una persona che si mette a giocare: per farti rispettare da chi lavora devi essere la prima ad entrare in vigna e in cantina». E per farlo bene ha anche fatto il corso di «cantiniere» senza escludere magari la frequenza a un vero e proprio corso di laurea in Enologia. «Ho cercato di fare tutto al meglio, a cominciare dal top dei tappi Amorim sino a chiedere la collaborazione di persone qualificate come l’agronomo Vincenzo Coppola, uno che parla con le viti». Adesso l’incontro con Vincenzo Mercurio, un enologo capace di far esprimere al meglio le uve di territorio come pochi interpretando la psicologia dei produttori. «Lui mi ha chiesto a bruciapelo: perché hai fatto questa scelta? Ed io – racconta sempre Teresa – non ho avuto esitazione anche a costo di sembrare presuntuosa: voglio dare una chance al Casavecchia».
Nasce così il vino «Nulla è per Caso», una etichetta di Casavecchia in purezza fermentato in acciaio e affinato in anfora e poi in bottiglia. Qualcosa di completamente nuovo rispetto al panorama attuale, moderno e aggiornato, fresco e determinato, a cominciare dall’etichetta che ritrae un vestito femminile dell’artista Luca Bellandi.

Invece di un vino concentrato e in surmaturazione, Teresa ha seguito per questo vitigno la stessa strada che Bibi Graetz ha fatto con il Sangiovese o Elena Fucci con l’Aglianico del Vulture. Una estrazione leggera, puntando sulla bevibilità immediata al palato e sul frutto croccante al naso. Da questo punto di vista è una vera e propria inversione di tendenza in un mondo che ancora pensa a vini alcolici e di grande struttura. E se il Casavecchia di Manuela guardava all’Amarone, quello di Teresa, figlio delle tendenze attuali, ha fose come riferimento qualche Dolcetto stile Roddolo. La materia c’è, i tannini pure, ma l’alcol è stato contenuto a 13 gradi e il protocollo seguito ha tolto al vino ogni esuberanza mettendolo a dieta. Ecco allora Casavecchia del nuovo decennio, franco, diretto e pieno di energia.
Un vino che riflette il carattere di Teresa, timida ma determinata, elegante ma al tempo stesso salda come una roccia e capace di affrontare qualsiasi avversità.
Non poteva iniziare l’anno con una storia più bella di questa.
Vi pare?


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