Terra di Lavoro. L’ orto di Aniello. Colori e sapori d’autunno napoletano

Pubblicato in: Minima gastronomica

di Tommaso Esposito

C’è ancora molto sole e tanta luce in questo novembre che avanza.
Stamattina me la prendo e vado in giro con Aniello.
Un po’ dei nostri anni son passati assieme.
La nuova casa di Pulcinella ne sa qualcosa.
Non fa più il macchinista sui treni e si dedica al suo orto.

Suo e  per gli amici.
Ora che è autunno raccoglie quel che resta.
E prepara la terra per l’inverno che chissà se verrà.
Un po’ lontano dal centro, eppure fra le case ogni piccola zolla racconta una storia.
Peperoncini?

Mannò, ‘e spatelle.
Giacché paiono spadini.
Espadilla.

Da queste parti albergarono i Catalani.
Piccantissimi e pungenti.
Fra poco si sradicano e si lasciano appassire.
A gennaio ce ne sarà bisogno per la zuppa forte.
Puparuole calamarielli
.

I lunghi, che non sono ‘e chiochiari, rari ad oggi.
Sono Calamare de padula, somigliano a quelli di mare.
Per essere parimenti fritti oppure ‘mbuttunate.
Ve ne darò ricetta. E non solo di questi.
La pommarolella gialla è già pronta p’o piennolo.

Ha concentrato gli umori sull’arbusto e perciò sarà di sapore.
Col baccalà ‘a zì Runatiello, una favola.
Scornosi  ‘e chiuppetielli si nascondono e spuntano tra le rime legnose.

Qualche giorno e vedrai.
Vruoccole ‘e Natale
non ancora in fiore.

Hanno tempo per spicare ed esser pronti alla Vigilia.
Soltanto un’ arancia purtuallo ‘ ciardino è matura e sugosa.

Spaccato è ‘o granato per mostrare i suoi semi rubini.

Non resisto, la colgo e li assaggio.
Così pure ‘o cachisso, là là per cascare.

Zuccherino e non più attaccuso.
Mai è stato lignasanto a vainiglia.
Donde s’è difeso dal becco dei merli.
Maschio e femmina Dio li creò.

Si abbracciano.
Fondono i rami e si scambiano il seme che genera frutti.

E’ sempre umidiccio qui. Il clima giusto per fare il resto.
Sono piante di kiwi.
De lo cotugno nzertato a ppiro ‘ncoppa

ca nce lega e assesta
,
qui non c’è traccia.

Lo milo che ritrovo appena riposto nella sporta sta di passaggio.
Da un pasteno altrove nella piana.
Ne farò mele cotte e cotognata. E vi dirò.

Uva fràula .
La seconda. Già è andata la prima.
Profuma e dolce è ancora.

Molto più della pigna di Asprinio che svetta solitaria.
Orgogliosa tra i pampini ingialliti della vite maritata con i pioppi sul confine.

Uva Suricillo .
Grappoli appassiti.

Becchime ormai per allodole.
Quel che serve al vino Peccerillo già è stato raccolto.
Cinquanta bottiglie si e no, che non giungeranno ad aprile.

Si corazza e s’arma Aniello.

Aje visto maje quann’esceno le llape
Da lo cupo pe ghire a la pastura?

Meglio essere prudente.

Vacuo appello.
Raggiungo l’arnia per affrancare e suggere il miele.

Dorata preziosa stilla.
Sarà bambagia per gli struffoli.

Che Bona Jornata!


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