Unesco, abbiamo fatto la cucina italiana: ora facciamo gli italiani

Pubblicato in: Polemiche e punti di vista

Unesco, Il mio commento pubblicato sul Mattino

di Luciano Pignataro

“Abbiamo fatto l’Italia, ora dobbiamo fare gli italiani”, “L’Italia è una mera espressione geografica”: queste due famose definizioni, la prima attribuita a Massimo D’Azeglio, la seconda a Klemens von Metternich, hanno una attualità incredibile e ancora oggi, a distanza di quasi due secoli, sono divisorie. Per quanto riguarda l’Italia e gli italiani possiamo discutere, ma una cosa è certa: la “Cucina Italiana Esiste” e da ieri è Patrimonio Immateriale dell’Umanità riconosciuto dall’assembea plenaria Unesco all’unanimità. Ma adesso dobbiamo mettere subito il punto fermo su tre questioni.

 

Criticare i miti per fare clickbaiting, la nuova comunicazione di successo

La prima che è affermare che “La Cucina Italiana non esiste” porta sicuramente alla vendita di tanti libri, fa clickbaiting sui social e procura molti inviti in tv. Nella comunicazione moderna in cui il sapere nasce la mattina e muore la sera per poi ripartire il giorno seguente, il successo viene sempre dall’attaccare i miti consolidati e le personalità di rilievo come ben sa qualsiasi social media manager alla prima lezione. E fa bene chi sfrutta questi meccanismi, ma poi sostenere questa tesi significa fare la parte di chi guarda il dito e distoglie lo sguardo dall’orizzonte. Perché se ci si concentra sui prodotti è ovvio che la stragrande maggioranza di quello che mangiamo viene da fuori ed è cambiato nel corso dei secoli essendo l’Italia un pontile lungo oltre mille chilometri nel Mediterraneo dove sono nate quasi tutte le principali civiltà e religioni negli ultimi tremila e passa anni. Ma direste mai che l’Espresso non p italiano perché da noi non si coltiva il caffè? Quando si parla di made in Italy, di cucina italiana si parla di uno stile affermato e riconosciuto in tutto il mondo, la capacità della cultura italiana di essere inclusiva e aperta elaborando però qualcosa di originale e ben caratterizzato. La pizza napoletana è sostanzialmente farina macinata in Italia con grano anche importato, pomodoro adottato da poco più di due secoli ma com la manualità maturata a Napoli, anche questa riconosciuta dall’Unesco nel 2017. Dalla Val d’Aosta alla Sicilia l’abilità di trasformare i prodotti e renderli unici con ricette, stile alimentare e convivialità è quello che fa grande il made in Italy a tavola in ogni continente.

 

Il Sud motore psicologico e gastronomico indispensabile dell’Italia

La seconda cosa da puntualizzare è che parte di questo stile, di questo patrimonio, viene dal Sud e ha come base la Dieta Mediterranea basata sul desiderio di carne più che sulla carne in quanto tale. Sentiremo celebrare l’Artusi come padre della critica italiana, ma questi sono luoghi comuni di una critica di origini nordiche stata superata nei fatti dalle abitudini alimentari quotidiane di tutti gli italiani. Una visione per la quale l’uso del pomodoro, della pasta e dell’olio d’oliva non erano degni di una grande cucina. I fatti hanno dimostrato esattamente il contrario, l’Artusi ignorava totalmente la tradizione dei Monzu, i libri di Vincenzo Corrado e Ippolito Cavalcanti (che riportò la ricetta simbolo del nostro paese, i vermicelli al pomodoro) sono i veri testi fondanti della cucina italiana moderna. Dieta Mediterranea e Arte del Pizzaiolo sono già due riconoscimenti Unesco inequivocabilmente meridionali e sono lo scheletro della Cucina Italia nel mondo. Lo rivendichiamo non perché siamo campanilisti o nostalgici. Ma perché la narrazione gastronomica, come quella storica, ha bisogno di un riequilibrio se davvero vogliamo rafforzare l’identità del nostro paese.

Il primato dell’Italia nel Mondo

Terza questione riguarda il primato dell’Italia. In giro si parla di cucina francese e messicana che già avrebbero ottenuto questo riconoscimento. Falso, fake news come si dice oggi: l’Unesco ha riconosciuto il Pasto Gastronomico Francese e solo la cucina del Michoacán, una regione che si affaccia sul Pacifico del Messico. Dunque l’Italia è il primo paese al mondo che vede riconosciuta la propria identità gastronomica e bisogna dare atto che stavolta il Ministero dell’Agricoltura e quello dei Beni Culturali hanno subito sposato la proposta di Maddalena Fossati, direttrice della cucina Italiana, che il governo Draghi non aveva preso in considerazione. Quindi, al di là delle posizioni politiche, questo è sicuramente un risultato che il ministro Lollobrigida e l’ex ministro Sangiuliano hanno il pieno diritto di rivendicare. La vicenda della pizza non trovò nel 2017 altrettanta facilitazione.

Il riconoscimento Unesco non è un marchio commerciale ma culturale

Infine una precisazione: il riconoscimento Unesco non è un bollino commerciale, ma un forte gesto culturale e dunque tutti noi, soprattutto le giovani generazioni, faremo bene a tutelare questo risultato che è premiante anche per la biodiversità e la inclusività di uno stile alimentare che proprio grazie a queste due componenti trova le ragioni di un successo commerciale e cutlurale oltre che motivo del voto unanime dell’assemblea Unesco a Dehli


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