Vigna Cinque Querce 2002 Taurasi docg | Voto 87/100

Pubblicato in: Avellino

MOLETTIERI

Uva: aglianico
Fascia di prezzo: da 15 a 20 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno

Vista 5/5. Naso 25/30. Palato 26/30. Non Omologazione 31/35

Sei a Capri. Anzi, al Capri Palace. Luna Caprese, poker di piatti di Andrea Migliaccio e Annie Feolde, nella gola è passato un fiume di Champagne, Clos de Pompadur e Cuvee Louise 1999 e 1990 bevuto in compagnia dei Vranken e degli amici di Pommery Italia. Insomma, dovresti aver raggiunto l’atarassia. Ma i desideri non sono finiti.

Mi rivolgo al re della serata, Angelo di Costanzo: “Ho bisogno di un bicchiere di rosso”. “Può andare bene un Molettieri 2002?”. E come, no? Dopo tanto Champagne il rosso è come una coperta tirata su davanti al caminetto, un ristoro per il palato sollecitato per tre ore dalla freschezza dei piatti e del bicchiere.
Sono sempre contrario alla scala che dal bianco porta al dolce passando per il rosso. Penso invece che il bianco aiuta il rosso e viveversa, in un ciclo infinito.
Molettieri ha dalla sua una spiccata acidità. Starei per dire che è forse l’annata che più mi piace, quella più discussa dai produttori e messa in dubbio. Invece è come se il millesimo avesse riequilibrato un protocollo eccessivamente improntato alla esibizione muscolare del frutto, come è avvenuto nel 2001 ad esempio.
La beve scorre veloce, si avverte un tannino non completamente maturo ma mai amaro, e comunque dopo lo Champagne ci sta. Rileggo poi le note che ho scritto sei anni fa su questo vino e devo dire che sono addirittura profetiche. Per fortuna, a partire dalla 2004, i produttori di Taurasi sembrano aver svoltato tutti verso interpretazioni senza residui zuccherini ruffiani.
Il punto è: dopo sei anni, dieci dalla vendemmia, cosa possiamo ancora dire di questo vino? In primo luogo che è molto, molto giovane, fresco e pimpante. In bocca è ancora più indietro del naso, non è ancora avvenuto quel ricongiungimento che in genere l’Aglianico compie, ora lo sappiamo, intorno ai dieci anni. Poi aggiungiamo che non ha la complessità delle grandi annate ma che comunque ha un’ottima costruzione enologica, lunga, piacevole, supportata da una ottima bevibilità complessiva.
Per il resto, posso solo confermare quanto scritto e compiacermi della mia vista lunga. Ogni tanto ci vuole:-)

Scheda del 21 agosto 2006. La svolta muscolosa delle ultime due versioni del Vigna Cinque Querce inizia a far arricciare il naso a qualcuno. Non piace, in sostanza, la rottura con il filo tradizionalista degli anni ’90 con cui Salvatore Molettieri ha costruito la sua fortuna trasformando quella che aveva avuto in eredità come stalla per le vacche in una delle più importanti cantine e significative del Mezzogiorno. Insospettisce i palati più fini il consenso generalizzato raccolto dal Vigna Cinque Querce 2001 che ha sfondato praticamente in tutte le classifiche: segno della capacità di Molettieri di fare grandi vini o di adattarsi alla filosofia del Palato Unico?

Difficile dare una risposta, io registro sicuramente la svolta, che del resto ha coinvolto anche altre aziende importanti come Mastroberardino, e aspetto di capire l’evoluzione: dico subito che questi Taurasi di concezione più moderna spingono verso il frutto e la potenza alcolica e dunque sono destinati a piacere immediatamente, a differenza dei precedenti che invece avevano comunque bisogno di un altro tempo per esprimersi. Viene da dire: è il mercato, bellezza. Non credo, però, che sia questo il modo di tradire la filosofia aziendale e di territorio, non parliamo di vini taroccati o piallati dal legno.

Ripeto, dobbiamo aspettare l’evoluzione e poi esprimerci ponderatamente confrontando le diverse annate con un verticale. Io, invece, ho arricciato il naso soprattutto quando dalla cantina di Montemarano sono usciti Fiano e Greco perché ritengo che, sull’esempio francese, i piccoli vigneron debbano legare il proprio nome ad uno, massimo due prodotti, lasciando alle grandi aziende il compito di affrontare il mercato offrendo una gamma più completa. Una scelta analoga, ad esempio, l’ha fatta Caggiano.

Non so, del resto, se il fatturato sia aumentato e si sia consolidata la posizione di mercato, credo invece che il nome di Molettieri e di Caggiano, resta comunque sempre legato indissolubilmente al Taurasi. E se proprio volete un loro bianco, scegliete allora il Fiagre di Antonio e l’Alopegis di Salvatore. Non capisco proprio questa ansia che ha preso tanti piccoli produttori irpini di presentarsi sempre e comunque con tutte le tre docg e altro ancora. 

La mia valutazione, insomma, è che la Campania e il Sud hanno bisogno di creare una tradizione che manca, fatta qualche rarissima eccezione, e che solo la storia di una azienda, dunque la cultura, è capace di sfidare il mercato e di affrontare i cambiamenti di umore del pubblico e della stampa specializzata. Il Sud non ha bisogno più di comunicazione commerciale curate da uffici stampa in franchaising, ma di vere storie di tradizione da raccontare al target medio alto dei consumatori e degli appassionati.

Al netto di queste valutazioni, se volete, ideologiche, resta comunque un dato di fatto incontrovertibile: il Vigna Cinque Querce di Molettieri è emerso con prepotenza nella degustazione coperta fatta per Vini Buoni d’Italia alla quale hanno partecipato circa 650 etichette. Dunque, c’è poco da dire o da discutere, siamo in presenza di un gran bel vino. In primo luogo, è un rosso perfetto, intenso, ben calibrato in tutte le sue componenti: il naso inizia con note quasi dolci di confettura e di tabacco per poi fare posto ad uno spettro olfattivo di spezie, cacao, note balsamiche, caffé davvero infinito, prolungato, interessante.

In secondo luogo l’ingresso è autorevole, abbastanza morbido ma con un nerbo di freschezza tipica dell’Aglianico che rivela il grande vino e le sue potenzialità evolutive per resistere bene al passare delle stagioni. Il finale è lunghissimo. Il naso è il punto di forza assoluto, la bocca rivela invece la necessità di aspettare ancora un po’.

 Rispetto al 2001 ha una punta maggiore di eleganza, è al tempo stesso una linea meno possente e meno completa. Lo abbineremo a quello che vi pare, certo non ad una sogliola in clinica, perché ha una molteplicità espressiva molto complessa e risoluta che rende possibile i grandi piatti tradizionali di pasta conditi con il ragù, le carni arrosto o bel salsate, i pecorini stagionati. Oppure, ancora, bevuto assoluto con un tarallo napoletano per assorbire l’impatto dei tannini.

Salvatore Molettieri resta dunque un punto di riferimento che dà lustro alla viticoltura campana e meridionale, il fatto che a pensare il vino sia il figlio Giovanni è l’assicurazione sulla vita di una favola contadina dell’epoca globalizzata.

Sede a Montemarano, Contrada Iampenne. Recapito Contrada Musanni, 19/b. Tel. 0827. 63424, fax 0827. 63722. www.salvatoremolettieri.it Enologo: Giovanni Molettieri. Ettari: 10 di proprietà. Bottiglie prodotte: 65.000. Vitigni: aglianico, fiano, greco, coda di volpe


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