Vigna del Mar: un pranzo con Severino Garofano e i suoi grandi vini storici

Pubblicato in: Eventi da raccontare

 

di Luciano Lombardi, alias Vigna del Mar

In questa solitamente calda estate pugliese, leggiamo e scriviamo spesso dei rosati. Fra questi spiccano spesso i rosati pugliesi, specialmente quelli da negroamaro. Se parliamo di Negroamaro la memoria ed il pensiero, corrono inevitabilmente al Principe del Negroamaro: il grande Severino Garofano.

Mi ricordo che questo inverno parlando con Luciano Pignataro di vino, ogni tanto parliamo anche d’altro, gli raccontai di un pranzo in Osteria con ospite d’onore proprio Severino Garofano. Pignataro mi invitava a scriverne un racconto, in modo da non perderne memoria.

 

 

Andò così: a me che amo incondizionatamente la non natia Puglia non possono non piacere i suoi vini di punta, i suoi gioielli, quella che l’hanno resa famosa in Italia e nel mondo. Fra questi la fanno da padrone i grandi negroamaro fatti da Cosimo Taurino e dalle sorelle Vallone con il loro enologo di riferimento: Patriglione e Graticciaia.

Li bevo da anni, circa venti. In questo periodo ne ho parlato ed ho condiviso con molti appassionati amici,  le bottiglie. Da qui l’idea: invitare a pranzo Severino, bevendo i suoi vini, ascoltando le sue storie, la sua storia. Gli amici sono entusiasti, alcuni verranno anche da Roma e da Napoli, incominciamo a fare l’elenco di quello che ciascuno di noi ha in cantina. Parteciperà solo chi ha qualche bottiglia da portare.

 

 

Incominciano a saltar fuori delle annate ’93,  ’95, ’96,  ’97, ’00, ’01, accidenti a quei Graticciaia e quei Notarpanaro ’90 che ci eravamo scolati qualche mese prima. Poi si passa alla nuova grande produzione recente, il Le Braci, prodotto dalla Azienda Monaci, proprietà di Severino.

Bene, i vini ci sono, manca l’invitato. Lo chiamo al telefono, lo invito a pranzo, gli dico quello che stiamo organizzando e perché. Rimane interdetto dal fatto che non debba portare vino, non gli è mai capitato. L’appuntamento è preso, sarà per sabato 26 gennaio 2008.

E’ difficile raccontare ora la grande emozione che i miei amici hanno provato nel condividere per la prima volta cibo e vino con il padre di vini così tanto amati.

Sentir parlare di Cosimo Taurino, delle prime vinificazioni, dei primi tentativi di controllo delle temperature, dei primi invecchiamenti pluriennali prima di immettere in commercio il prodotto.

Pratiche allora ultra innovative, eroiche, “da pazzi”. Il racconto procede calmo, tranquillo, impreziosito da camei culturali di altissimo livello. Eh, già, perché Severino è anche uomo di immensa e raffinata cultura umanistica; come spiegare altrimenti l’omaggio al libro dello scrittore Ungherese Sandor Maraj, “Le braci” ?

Il pranzo scorre via  con l’alternarsi di bicchieri e bicchieri di vino. Vini belli, splendidi, longevi, di grande e facile bevibilità ma allo stesso tempo complessi ed affascinanti. Con noi a tavola c’è anche Stefano, il figlio di Severino, enologo anche lui, il futuro dell’Azienda di famiglia. Parla poco, riflette su cosa trova nei bicchieri, ascolta le nostre sensazioni. Persona acuta Stefano, ci fa un’ottima impressione.

Il pomeriggio si fa inoltrato e il pranzo volge al termine. Siamo contenti e commossi. Siamo consapevoli di aver organizzato ed aver partecipato ad un grande evento enogastronomico e culturale. Sarà difficile dimenticarlo. Anche per Severino, stupito di aver trovato al tavolo degli appassionati che custodivano nelle proprie cantine alcune sue vecchie creature.

 

 

Torniamo al presente, a questa solitamente calda estate del 2010. Torniamo a questi grandi vini, a questa grande persona. Adesso vive defilata, in famiglia, in Azienda, lontana da chi come noi ancora avrebbe un enorme desiderio di incontrarla ed abbracciarla.

Da parte mia continuerò a fare come sempre faccio ogni volta che bevo un suo vino; gli rivolgo un pensiero, un augurio, un brindisi: viva Severino, viva il Negroamaro !


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