Vino novello e Beaujolais Nouveau, tutto quello che dovete sapere

Pubblicato in: I miei prodotti preferiti

di Enrico Malgi

La storia del vino novello italiano ha soltanto un’analogia con quella del famoso Beaujolais Nouveau francese. Entrambi questi vini sono frutto di un moderno processo di vinificazione, che fu trattato già nel lontano 1861 dal famoso scienziato francese Louis Pasteur e successivamente perfezionato nel 1934 da un gruppo di ricercatori della stazione scientifica di Narbonne.

E, come accade sovente, questa scoperta arrivò per caso, perché questi scienziati erano impegnati a trovare un metodo per la conservazione dell’uva appena raccolta, in quanto allora non esistevano le celle frigorifere. Essi avevano posizionato i grappoli d’uva sotto una cortina di anidride carbonica per alcune settimane e alla fine si accorsero che essi avevano fermentato, diventando gassosi e frizzanti. Decisero, quindi, di procedere ad una rapida vinificazione, col vantaggio che appena poco tempo dopo la vendemmia il vino era già pronto per essere bevuto. Era nata, così, la vinificazione con “macerazione carbonica”.

Questa tecnica consiste nel riempire una cisterna di uva non pigidiraspata, saturata con anidride carbonica e chiusa poi ermeticamente, per un periodo che va dai sette ai venti giorni e con una temperatura interna di circa 30 gradi. L’anidride carbonica, poi, viene prodotta anche dalla stessa uva, poiché parte di essa resta schiacciata dal peso sovrastante e comincia a fermentare naturalmente. Il gas, che riempie tutto il contenitore, determina così una fermentazione intracellulare, o autofermentazione. Poi tutta questa massa viene pigiata sofficemente e dopo la svinatura essa viene collocata in un grande tino per completare la fermentazione, che dura altri tre giorni. Alla fine, con la gradazione alcolica che si attesta intorno agli 11 gradi, si imbottiglia il vino, si lascia riposare qualche giorno ed ecco pronto il “Novello” da lanciare sul mercato.

In Italia, per la produzione di questo vino, esistono molte differenze con l’omologo francese Beaujolais Nouveau. Innanzi tutto, qui da noi si possono utilizzare le uve di qualsiasi vitigno a bacca rossa e anche quelle a bacca bianca, pure in assemblaggio e viene interessato poi tutto il territorio nazionale. L’uscita sul mercato di questo vino decorre dal 6 novembre, giorno del déblocage, e dura fino al 31 dicembre dello stesso anno. Tenendo presente, comunque, che il vino novello presenta una forte instabilità degli antociani e possiede pochi tannini e questo, col passare del tempo, comporta una sensibile diminuzione delle sue specifiche proprietà organolettiche, soprattutto quelle tipiche di vinosità e di fruttato ed è soggetto poi ad un’incipiente ossidazione.  E’ preferibile, quindi, consumare il vino molto giovane, per poterlo apprezzare appieno.

Altra, significativa differenza col novello francese risiede nel fatto che il nostro disciplinare obbliga il ricorso alla macerazione carbonica soltanto del 30% delle uve, mentre per il resto si può seguire la vinificazione tradizionale. Inoltre, si può usare addirittura il vino rimasto in cantina dell’anno precedente, fino al 55%. Insomma, è la solita furbata all’italiana! La produzione annua, comunque, si aggira intorno ai 20 milioni di bottiglie.

Prima che arrivassero i Romani, il Pays Beaujolais era abitato da tribù galliche: gli Edui a nord e i Segusiavi e i Liguri a sud. Di quel periodo sono ancora presenti sul territorio come testimonianze alcuni dolmen e menhir. Nell’anno 967 un grande proprietario terriero, un certo Berard, costruì insieme con la moglie Vadalmonde una cappella mariana all’interno del castello di Pierre Aigue, nell’alta valle dell’Ardieres. In seguito, questa cappella divenne la “Collegiata Notre Dame de Beaujeu”, da cui derivò poi il termine Beaujolais. Ci troviamo in un territorio di oltre 1.600 chilometri quadrati a sud della Borgogna e confinante con la Cotes du Rhone e precisamente tra le città di Macon a nord e Lione a sud e bagnato dai fiumi Saona e Loira. Ha un’estensione vitata di 22.700 ettari, che riguardano 147 comuni riuniti in 12 cantoni.

La AOC Beaujolais comprende dieci crus regionali: Brouilly, Saint-Amour, Chiroubles, Chénas, Cote-de-brouilly, Fleurie, Juliénas, Morgon, Moulin-à-Vent e Régnié. Qui viene coltivato, generalmente col sistema ad alberello, un vitigno denominato “Gamay Noir à Jus Blanc”, originario proprio della Borgogna, col quale viene prodotto un vino con metodo tradizionale, che rappresenta i due terzi dell’intera produzione vitivinicola. La restante percentuale è costituita dal Beaujolais Nouveau, o en premier, che ufficialmente esiste dal 13.11.1951 (secondo una normativa del Journal Officiel), anche se era già in commercio da molti anni prima. C’è anche una piccola area coltivata con lo Chardonnay e l’Aligotè con i quali si vinifica il Beaujolais blancs, che non c’entra assolutamente niente col noveau. Esiste, inoltre, anche una versione rosé, con l’uva Gamay.

Fino al 1985 la data fissata per l’uscita sul mercato del noveau era il 15 novembre, che poi fu spostata all’attuale terzo giovedì di novembre. In tutti i bistrots francesi ancora adesso si aspetta con ansia questa data, tanto che quando arriva viene accolta con lo slogan “le Beaujolais Nouveau est arrivée”. Si producono circa 450mila ettolitri di vino per oltre 50 milioni di bottiglie, le quali vengono spedite in tutto il mondo.

Entrambi i vini si possono abbinare alle carni bianche, ai formaggi freschi e morbidi, ai funghi, alle verdure, alle zuppe di legumi, ai pesci poco elaborati, alla pizza e alle caldarroste. Servire ad una temperatura intorno ai 14 gradi.


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