100 Best Italian Rosé 2023: intervista ai produttori della Top10 | Adolfo De Cecco

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di Chiara Giorleo

La guida ai migliori rosati d’Italia, edizione 2023, curata da Antonella Amodio, Chiara Giorleo, Adele Granieri, Teresa Mincione e Raffaele Mosca con il prezioso supporto di DS_Glass e Vinolok oltre che di Hubitat e Arte Capuano 1840 è disponibile da luglio su questo sito (100 Best Italian Rosè ).Tra le varie iniziative, ecco anche le interviste ai produttori della Top10 di quest’anno, una per una.

Raccontiamo meglio la vostra realtà: Inalto.

Inalto (www.inaltovinidaltura.it) è il progetto vitivinicolo che ho iniziato a pensare 8 anni fa per poi concretizzarlo nel 2018, nella mia terra, l’Abruzzo, dove sono le mie radici – la mia famiglia produce qui la pasta De Cecco da quasi due secoli – e dove ho sempre creduto che si potessero produrre vini di altissima qualità capaci di confrontarsi con i grandi vini italiani e francesi. A certe condizioni ovviamente, la prima, come svela anche il nome dell’azienda, è che si producano le uve in altura, “inalto”. Questo non significa che più si sale in quota è più aumentano le chance di fare grandi vini: bisogna saper scegliere la giusta altitudine combinata ad altre caratteristiche pedoclimatiche. È così che ho scelto, dopo tanta ricerca, studio, vita di territorio, i posti per me giusti dove concentrarmi per la produzione, tutti nella provincia aquilana, fra i 400 e gli 800 e rotti metri di altezza. Da Ofena, dove ci sono la cantina e alcuni vigneti, fino ai cru più “estremi” nei comuni di Acciano e Villa Santa Lucia degli Abruzzi. Crediamo in una viticoltura sostenibile, che prende il meglio dal biologico e dal biodinamico ma senza voler rivendicare certificazioni, crediamo nei nostri vitigni autoctoni: Montepulciano, Trebbiano, Pecorino. Crediamo nelle fermentazioni spontanee con pied de cuve, con i nostri lieviti indigeni insomma, in lavorazioni di cantina rispettose dei frutti. Perché vogliamo vini puliti, eleganti, da invecchiamento, ma genuini. Produciamo un numero variabile e limitato di bottiglie secondo la annata, così da lasciar esprimere il meglio ai frutti e dare il massimo carattere ad ogni vino, dalle 15 alle 35.000, dipende, fra la linea Inalto con Montepulciano d’Abruzzo, Trebbiano e Cerasuolo d’Abruzzo Superiore, Pecorino Terre Aquilane, i cru Campo Affamato (rosso) e Le Pagliare (bianco da Pecorino), il Rosato Le Pastorelle.

Parliamo del vino in classifica: Inalto Cerasuolo d’Abruzzo Superiore DOC 2021.

È un vino a cui siamo molto legati, nonostante non sia stata una delle annate memorabili per questo nostro Cerasuolo. Proviene dai vigneti di Ofena, uve Montepulciano allevate a spalliera con potatura a guyot singolo e doppio, su terreno argilloso-calcareo, ricco in scheletro con buona dotazione organica, a 400 metri s.l.m. Rese basse, 70-80 quintali per ettaro, vendemmia manuale in cassette a metà ottobre. Dopo la pigiadiraspatura, eseguiamo una macerazione a freddo per un paio di giorni; separiamo il fiore e parte spontaneamente la fermentazione con pied de cuve. Affina in parte in legno e in parte in acciaio, restando circa 4 mesi sui lieviti, con risospensioni settimanali. Poi la massa finale affina un anno in acciaio. Imbottigliato resta un anno in vetro.

Ne esce un vino color rosa cerasa con riflessi rubino, molto intenso all’olfatto, immediatamente riconoscibile, con i suoi profumi di ciliegia, prugna, lamponi, oliva, rabarbaro, rosa canina. Al gusto è pieno, ammaliante, lungo ed appagante nel finale. Da goderselo con piatti di terra o di mare del nostro Abruzzo, come ravioli di ricotta al sugo delle tre carni o brodetto di pesce alla pescarese.

Cosa rappresenta questo rosato per la vostra azienda?

Probabilmente il vino più identitario, dal punto di vista territoriale, per noi. Vorrei precisare infatti che Inalto Cerasuolo non è un rosato, è un Cerasuolo, per noi c’è una bella differenza che bisognerebbe cominciare a evidenziare anche con le parole. Il Cerasuolo è il vino identitario, tradizionale, della provincia dell’Aquila, dalla valle del Tirino alla valle Peligna per fare gli esempi più antichi. È un vino con una sua storicità, una sua specificità, nel colore, nella struttura, nelle tecniche produttive, nei profili organolettici. Nulla a che vedere con i vini rosati che pure si procedevano e si producono nella stessa zona, è per questo che usciamo l’etichetta del Rosato IGT Terre Aquilane per “Le Pastorelle”. È il nostro messaggio di differenziazione dei due vini: Cerasuolo da un lato, Rosato dall’altro, proviamo con un approccio che potrei definire filologico, a rimarcare l’identità del Cerasuolo, purtroppo estesa decenni fa per via della Doc a tutto il territorio regionale e dunque, volendo, a tutte le tipologie di vini rosati, anche le meno ortodosse, creando confusione su questo vino. Dopo bianco, rosso e rosato per me è infatti il “quarto vino”.

Cosa rappresenta questo premio per voi?

È stato un modo per confrontarci con altre realtà nazionali che interpretano ognuna secondo territorio o stile il mondo dei rosé italiani. Un onore essere menzionati fra i primi 5 dei migliori 100 italiani.

 


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