A cena fuori? Meglio una Lacoste! A proposito della crisi della ristorazione di fascia media

Pubblicato in: Polemiche e punti di vista

di Marco Contursi

Può sembrare strano che proprio io refrattario a mode e tendenze varie soprattutto nel vestire dica questo. Ma una cena andata storta è stata l’occasione per riflettere insieme ad un amico ristoratore del perché la fascia media (30-45 euro prezzo medio) sia quella più colpita dalla crisi e del perché troppo spesso uno esce da un locale chiedendosi perché non ha speso altrimodo quei soldi. Questi i fatti che mi hanno portato a riflettere: faccio 80 km per provare una trattoria di mare che mi avevano segnalato come buona ed economica, da segnalare sul blog trovandosi in una località turistica seppur non particolarmente rinomata. Antipasto euro 15 euro per 4 pezzi di polipo con 10 pomodorini, 3 dico 3 taratufi crudi e una cocottina minuscola con del sautè che messo il tutto in un piatto da pizza, lo lasciavano tristemente vuoto. Si prosegue con un piatto (12 euro) di spaghetti a vongole con 60-70 g di pasta ( 3 forchettate giuro) e vongole filippine ( corna unite, mentre le veraci le hanno divise), 4.5 euro 1 calice di vino da 8 euro la bottiglia in enoteca. Moltiplicate per due poiché ero con la mia compagna ed ecco il conto su un foglietto volante non valido fiscalmente e senza la specifica dei prezzi sicchè so solo il totale di acqua e coperto. Se avessi preso un filetto mi sarebbe costato 60 euro al kg senza uno straccio di provenienza della bestia che l’ha donato. E dire che la mattina avevo visto e poi deciso di non comprare una bella Lacoste da 50 euro poiché volevo risparmiare qualcosa in vista delle ferie. E questa sensazione di aver buttato i soldi mi capita sempre più spesso a cena fuori, soprattutto quando i conto supera i 20 euro e mi sono chiesto il perché. Vediamo se anche voi, condividete questo mio pensiero:

Se io vado a cena in una trattoria e spendo 20 euro o meno, anche se tutto non è perfetto, esco contento poiché ho speso poco e qualcosa mi è piaciuto senz’altro. Se vado in un locale da 60 euro ed oltre nel 90% dei casi mi trovo in un ambiente chic, con personale all’altezza e anche se qualche piatto non mi piace, ho goduto di tutto il contorno elegante e perfetto. Ma se spendo 40 euro e mangio poco, semmai non tutto è di mio gradimento, e la location non è un granchè, bè qui le scatole mi girano e non poco.

Mangiare fuori è di per sè un atto antieconomico poiché essenzialmente effimero visto che tutto si esaurisce nell’arco di tempo del pranzo, ma diventa qualcosa che va oltre il calcolo dei soldi spesi se il ricordo piacevole del pasto mi accompagna nel tempo, diventa altro, diventa una Emozione. Per capirci, ci sono cene che per pietanze, location, cortesia, compagnia adeguata, ricordo ancora oggi come i soldi meglio spesi della mia vita. Ma si contano sulle dita di una mano poiché sempre più spesso trovo cucina approssimativa, personale scortese e soprattutto rapporto qualità-prezzo assolutamente svantaggioso e questo avviene soprattutto nella fascia di ristorazione media che poi, statistiche alla mano, è quella che ha visto maggiormente diminuire la propria clientela fino a dover chiudere come in diversi casi della mia zona. Posti in cui si mangiava pure abbastanza bene ma il costo non giustificava l’impresa.

Ma quanti di questi ristoratori si mettono dalla parte del cliente e si chiedono: ”Si ricorderà con piacere del mio locale quando esce? Ne parlerà bene?”. Soprattutto nelle località turistiche oggi questo avviene sempre più di rado. Il cameriere è figura fondamentale in un locale al pari dello chef, perché prendere ragazzi svogliati e poco professionali? Solo perché gli metti in mano il 20 euro a sera? E quanto costa un sapone nel bagno? Forse 1 milione di euro perché sennò non mi spiego perché spesso latita.

Oggi, i soldi si son fatti piccoli e si esce meno a cena fuori, motivo per cui il ristoratore deve capire che il cliente cerca non solo di nutrirsi ma una sensazione di piacere che l’accompagni anche quando esce e che dipende oltre che dal cibo, dall’ambiente, dal servizio, dal bagno pulito, dal conto onesto. Soprattutto quest’ultimo in tempi di crisi funge da cartina tornasole del gradimento di un locale, meglio guadagnare meno sul singolo cliente ma assicurarsi una affluenza continua. Sennò poi non lamentatevi che la gente non viene. I posti dall’ottimo rapporto qualità-prezzo hanno visto ridurre di un poco gli affari ma sono ben lungi dal chiudere.

Ma non è affatto vero che non si può coniugare qualità e costi. Chi dice questo è solo perché è ignorante ossia ignora il food cost e come fare la spesa. Una cassetta di alici all’ingrosso non supera i 2 euro al kg e sono pesce gustoso e versatile al pari di tanti altri pesci azzurri. Un vino non blasonato può essere ugualmente buono e costare iva finita 5-7 euro. Che con un giusto ricarico non supera i 14 euro. Basta capirne di vino e saper scegliere. Trovare certe falanghine a 20euro è una offesa che il ristoratore fa a chi l’ha scelto per cenare fuori. Oggi andare a pranzo o cena fuori significa fare un investimento: IO TI DO I MIEI SOLDI – TU MI VENDI UN’EMOZIONE, NON UN SEMPLICE PIATTO DI PASTA CON 4 FRUTTI DI MARE SENNO’ ME LO CUCINAVO A CASA MIA. DIMOSTRAMI, O RISTORATORE, PERCHE’ HO FATTO BENE A VENIRE DA TE. E DAMMI UN MOTIVO PER RITORNARE!!!!


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