Abolire il 75% delle sagre gastronomiche è battaglia di civiltà: perchè 7,5 su dieci fanno letteralmente schifo

Pubblicato in: Polemiche e punti di vista
Sagre da abolire

Sagre da abolire

Abolire le sagre? “Gentile dottore, sappiamo che lei è contro le sagre, ma può segnalare la nostra che è autentica e antica etc etc etc”. Iniziano spesso così le mail che arrivano a questo sito e mi rendo conto il motivo per cui Sisifo non avrebbe mai trovato la possibilità di uscire dall’ingrato compito di portare in cima alla montagna un masso che inevitabilmente scivolava giù. Pretendere approfondimento e riflessioni è diventata impresa impossibile nella civiltà dei social e delle immagini che ci rende sempre più simile alle scimmie da cui siamo partiti. Hai voglia a dire che la nostra critica è alle sagre fatte male, a quelle con patatine e wurstel, a quelle che non danno garnazie ai consumatori, a quelle che insozzano il pianeta con i piatti e le forchette di plastica monouso. Tutto inutile. E allora, forse sarebbe davvero il caso di abolirle tutte per decreto legge?
No vabbè, però leggendo il comunicato della Fipe, qualche dubbio draconiano viene. In pratica 7,5 sagre su dieci sono giudicate di bassa qualità, ogni comune italiano ha una media di cinque sagre. E allora, si può andare avanti così?
“Leggete con meFipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi – denuncia che sono circa 32.000 le manifestazioni prive di requisiti di autenticità che non promuovono prodotti tipici e non hanno legami con il territorio di riferimento. Una deriva commerciale che rischia seriamente di modificare la natura stessa di eventi che dovrebbero raccontare ed esaltare le tradizioni degli italiani.

Assistiamo sempre più spesso a eventi a dir poco paradossali: la sagra del pesce di mare in alta montagna, con tanto di paella spagnola, a centinaia di km dalla costa, la sagra dell’arrosticino abruzzese nel varesotto, o le migliaia di feste della birra che fanno sembrare l’Italia una provincia tedesca. Questi sono solo alcuni esempi che dimostrano come, purtroppo, stiamo andando nella direzione sbagliata.

Lo scenario analizzato da Fipe ci dice che ogni anno nel nostro Paese si svolgono oltre 42 mila sagre, in media 5 per ogni comune, per un complesso di 306.000 mila giornate di attività, con una durata media di 7 giorni, ed un fatturato notevole che arriva a 900 milioni di euro.

Ben 8 sagre su dieci si svolgono tra giugno e settembre, e proprio in questo periodo i giorni di attività si allungano fino a coprire il 90% del totale. In particolare solo nel mese di agosto si realizzano circa 15000 sagre ovvero oltre 104mila giorni dedicati a questi eventi, pari al il 34% delle giornate complessive dedicate ad esse.

Ma ciò che ci spaventa di più è l’abusivismo dilagante. Sono tantissime le manifestazioni che non hanno requisiti di autenticità e non raccontano nulla dei territori dove vengono organizzate, mettendo da parte tradizioni e cultura in nome del profitto. – commenta Lino Enrico Stoppani, Presidente Fipe Inoltre, c’è da segnalare che questi eventi generano un volume d’affari di circa 600 milioni di euro su cui non ci sono imposte e contributi, con grave danno, non solo per l’erario, ma anche per tutti quei pubblici esercizi che devono rispettare leggi molto stringenti in materia di fisco, di sicurezza alimentare, di igiene, di accessibilità per disabili. Se le regole non sono uguali per tutti le “finte” sagre diventano una concorrenza che erode spazio e mercato ai pubblici eserci zi onesti, obbligati sempre e comunque ad avere tutte le carte in regola”.

“In generale la Federazione non è assolutamente contraria a queste manifestazioni – prosegue Stoppani – Tuttavia, crediamo sia importante dare priorità a quegli eventi enogastronomici con una riconosciuta valenza di tradizione, magari coinvolgendo gli operatori del territorio con la possibilità di creare partnership con i ristoranti della zona per proporre menù tipici ad hoc. Inoltre, sarebbe opportuno un intervento delle Istituzioni, con la creazione, da parte di ogni Regione, di un proprio registro delle sagre autentiche, per fornire ai Comuni delle linee guida da seguire”.

Detto questo, ecco l’articolo scritto da Marco Contursi sei anni fa, ma che non ha cambiato la situazione perché i primi a volerle sono proprio i sindaci.

di Marco Contursi

Tutto iniziò con una  sagra. Chi segue il blog sa che la mia trasformazione da viandante goloso e silente  a novello  Catone dei malcostumi gastronomici e non, fu causata da una pseudo sagra tipica cilentana in cui trovai torrone irpino e taralli pugliesi. Quella fu la classica goccia che fece traboccare il vaso. Tuttavia non mi ero mai occupato prima d’ora di dire la mia sull’argomento.

L’imput a parlare di sagre o feste di paese varie, campane e non, mi è partito da due cose accadute di recente: 1)  l’aver partecipato alla SAGRA PERFETTA,  2) l’aver saputo di una sagra dedicata a Bacco, ridimensionata all’osso poiché la prima sera è successo di tutto, con risse e danneggiamenti vari.

Ma partiamo dall’inizio. Sagra era, originariamente, come anche l’etimo suggerisce, “ una festa religiosa in occasione della consacrazione di una chiesa o di una immagine sacra”, termine divenuto poi,per via estensiva, una festa di rione o di paese dedicata ad un prodotto locale.

E qui mi soffermo un attimo sul significato di “locale” che è molto più importante di “tipico”- Locale, identifica la stretta connessione tra un prodotto e un territorio e quindi richiama a caratteristiche proprie di quella determinata zona spesso irreplicabili. Tipico, invece è molto più generico. Ad esempio trovando nel Cilento del torrone di Avellino posso dire che è un prodotto tipico (avellinese) ma NON locale. E quindi tipico è un vocabolo con una accezione molto ampia che si presta a fraintendimenti vari.

Quindi, in origine le sagra erano feste religiose, divenute poi momenti di promozione e conoscenza di prodotti, piatti e usanze dimenticati. Ok, e ora che sono?

DEI MANGIFICI APPROSSIMATIVI, CON CIBI SPESSO DI SCARSA QUALITA’ E LEGAME COL TERRITORIO PARI A 0. DEI MODI PER FARE SOLDI, SPACCIANDO PER LOCALI, CARNI E PASTE COMPRATE NELLA GDO  E CUCINATE UNA SCHIFEZZA. QUESTO OVVIAMENTE NON TUTTE LE SAGRE MA UN BUON 70%.

OLTRETUTTO, SPESSO, SONO UN’OCCASIONE CHE HA LA POLITICA PER SDEBITARSI CON CHI HA DATO UNA MANO IN CAMPAGNA ELETTORALE , DANDO CONTRIBUTI-SAGRA SPESSO AD EVENTI CHE DI VALORIZZAZIONE DEL PAESE E DEL TERRITORIO NON HANNO NULLA. E  SOVENTE SONO SEMPRE GLI STESSI AD AVERLI.

BASTA VEDERE I  NOMI PER CAPIRLE CHE QUALCOSA NON VA: Sagra dello struzzo, Sagra della frittura di pesce (a 60 km dal mare), Sagra dei Mangioni, Sagra delle Sagre, Sagra della Montagna, Sagra del Mare, Sagra della Pizza, Sagra dei Sapori Tipici( di dove?) Sagra della Porchetta (sulla spiaggia, il 15 agosto?), Sagra di inizio Estate, Sagra di Fine Estate,, SAGRA ECCHITTEMUORTO!!!!!!

E DELLE DATE VOGLIAMO PARLARE? E’ normale una sagra che duri tutti i week end da maggio a luglio?

Sagre così durature, lungi dal promuovere il territorio, recano un danno non trascurabile alle attività ristorative locali che pagano tasse, sono sottoposte a controlli mentre solitamente nelle sagre si chiude un occhio sul fatto ad esempio che tutti coloro che maneggiano il cibo abbiano il patentino di alimentarista e comunque hanno un regime fiscale agevolato trattandosi di attività di promozione delle proloco.

E i prodotti sono davvero locali? Si, se la sagra è fatta con coscienza, no se fatta solo per soldi. Comprare 50 kg di salsicce o pasta fresca in un cash fa risparmiare tempo e spesso anche soldi, quindi perché affannarsi? Taroccare prodotti locali, spacciando per essi merce scadente e a volte estera ( i prosciutti???)  è irresponsabile e ancor più grave se fatto con fondi pubblici, comunali, provinciali o regionali.

E ancora, tempo fa andai alla sagra dedicata ad un frutto di bosco, nel mezzo di una città di 60mila abitanti, e a parte un paio di dolci a tema, trovo nell’ordine: quello del per ‘o muss, quello dello zucchero filato, quello del torrone, il paninaro che si gira tutte le sagre e feste patronali della zona, 5-6 extracomunitari con merce contraffatta e per non farci mancare nulla un improbabile imitatore, che faccio meglio io Beppe Grillo e Oscar Luigi Scalfaro (ebbene sì, anche imitatore!!!) e una soubrette alquanto surreale. MA SE PO FFA??????? Se la Sagra è del Mirtillo o della Fragola, io voglio trovare mirtilli e fragole,  nel primo, nel secondo e pure nel caffè, sennò è solo un modo per vendere panini e penne al sugo evadendo il fisco.

CAPITOLO PREZZI. Solitamente non sono alti, tuttavia a volte ci si imbatte in vere e proprie speculazioni. Nelle Marche, ad una sagra dedicata al porcello, mezzo stinco con 4 patate mi costò ben 12 euro e faceva pure pena.

CAPITOLO TOILETTE. Manca poco che mi porti il cesso da casa. Sto studiando come fare e poi brevetto l’idea e divento ricco.

OVVIAMENTE NON TUTTE SONO COSI. SI RAGIONA SEMPRE PER GRANDI NUMERI.

MI FAREBBE PIACERE SENTIRE ESPERIENZE IN MERITO, DI CHI LEGGE, BELLE O BRUTTE.

Eccellente quella del maiale nero a Morcone dove per 10 euro avevi bruschette con lardo, un primo al ragù di nero, una costoletta ed una salsiccia con patate più un bicchiere di vino. Non male vero? Ma la sagra perfetta è quella di Stio, dei Cicci Maritati (17-23 agosto) a cui deve andare chiunque pensi di organizzare una sagra. Tutto funziona, tavoli assegnati tramite un sms che ti arriva sul cellulare dopo che ti sei registrato all’ingresso. Ragazze  in abito tradizionale  che ti servono con gentilezza e solerzia, SOLO piatti, locali e rari, come il grano cotto e foglie e patate, niente di fritto o arrostito, vini del territorio a prezzi ottimi. Stand di produttori della zona che spaziano dai salumi ai lavori in legno d’ulivo. Stand istituzionale del museo Paleontologico di Magliano Vetere con una gentile Responsabile e una graziosissima fanciulla, dal nome epico della figlia di Priamo, che ti trasmettono passione e competenza (Andate al museo, merita seppur piccolo). E soprattutto un distinto signore, viandante dei boschi a caccia di tartufi ed erbe rare da cui ho comprato un mazzetto di “ i capelli della Madonna”, è un seme? è un fiore,? non lo so, crescono solo in una zona interna vicino ad una chiesa dedicata alla Vergine e si dice portino fortuna. A me servirà dopo aver fatto incazzare anche gli organizzatori di sagre, dopo i cilentani e i ristoratori di fascia media. MA MAI NESSUNO CHE FA AUTOCRITICA PRIMA DI INCAZZARSI??????????????????????????

P.S. Se avete perso quella di Stio a inizio settembre a San Mauro Cilento c’è quella dei fichi, l’ho trovata sempre valida. Chi ne suggerisce a me qualcuna?

 


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