Aldo Grasso, Expo e Manpower. Il critico televisivo del Corriere passa alla sociologia basandosi su una notizia poi risultata falsa, anzi falsificata dalla Manpower che sembra dover giustificare l’inefficienza da più parti denunciata con cui sta gestendo la partita Expo.
Secondo Grasso, la maggior parte dei giovani avrebbe rifiutato uno stipendio da 1300 euro e conclude: una generazione non abituata al lavoro.
Ascoltate l’incredibile pistolotto dopo aver sopportato anche la pubblicità che non si può saltare. Neanche un minuto e mezzo di cazzate. Forse lavoro sarebbe anche verificare le fonti.
Dunque, a parte che dalle migliaia di commenti in Rete emerge una realtà ben diversa, molto simile a quella di “fronte del porto”, con chiamate last minute, contratti rivisti al ribasso e a cottimo che non basterebbero manco a pagare il fitto di una stanza vicino l’Expo. A parte tutto il merito, dunque, mi colpisce la generalizzazione di Grasso: una generazione non abituata a lavorare.
Ecco, se posso fare un po’ di populismo, se c’è una generazione abituata al non lavoro è proprio la nostra, quella del baby boom intendo, con ferie, 13esima, 14esima, malattia pagata, baby pensionamenti anche a 45 anni fino a qualche tempo fa, e altri diritti (permessi, aspettativa, riposi etc) , direi a volte privilegi, che oggi non sono non dico immaginabili, ma persino impronunciabili per chi ha meno di 40 anni.
Giro da decenni per cucine e sale, vigne e aziende agricole e invece vedo tanti giovani che non si risparmiano, che viaggiano a proprie spese lavorando anche gratis in tutto il mondo per apprendere una professione che lo Stato non gli riesce a insegnare. Che sudano e si impegnano lavorando ben oltre le otto canoniche ore per 5 giorni alla settimana.
Certo, ogni generazione parla male della successiva, è l’invidia della giovinezza. Ma che queste chiacchiere da desco familiare si possano trasferire alla tribuna televisiva del Corriere lascia basiti.
Chiediamoci piuttosto, se l’Expo dove si faranno tanti bei discorsoni per nutrire il Pianeta in realtà non serve altro che a nutrire i conti in banca di chi sfrutta la forza lavoro togliendo il futuro al Pianeta. Pensiamo alla disperazione di chi ha studiato, fatto master di specializzazione, imparato una o due lingue e si vede offrire un lavoro a cottimo per sei mesi malpagato.
Un tempo la sinistra si sarebbe preoccupata di evitare che questa kermesse diventasse un esempio di sfruttamento. Ma perché scandalizzarsi se tra gli sponsor ci sono persino alcune multinazionali del cibo? Pecunia non olet, questo detto antico è la modernità renziana.
Ecco, chiediamocelo oggi, nel giorno della Liberazione. Forse non era questo nuovo mondo di schiavi che i partigiani volevano costruire.
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