
Da quando ha aperto la Pizzeria Fresco alle spalle del giornale a via Partenope, di fronte Capri e Posillipo, sotto la sua supervisione, mangio la sua pizza un giorno sì e l’altro pure. Adesso da domani dovrò dire: “Cavalié, mi mandate una pizza?”. Ecco la storia nel pezzo del collega Treccagnoli pubblicato ieri sul Mattino.
di Pietro Treccagnoli*
Finora era il pizzaiolo con la cravatta («L’ho sempre portata mentre lavoro, gli altri se la toglievano, io la mettevo»), ma anche ’o Re, con tanto di corona («Un titolo che mi è stato attribuito dai colleghi, me lo sono guadagnato sul campo»). Ora Alfredo Forgione, che tra forni, pale, farina, mozzarella e pomodoro ha cominciato a bazzicare a 12 anni, quando i genitori lo mandarono a garzone da Pasqualino a piazza Sannazaro perché il ragazzino non sopportava di andare a scuola, ora Forgione è il Cavaliere della pizza. Per la precisione, è stato nominato cavaliere dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana.
L’onorificenza gli è stata assegnata direttamente dal presidente Giorgio Napolitano, «motu proprio», cioè senza input di Palazzo Chigi come normalmente accade. È un titolo, per statuto dell’Ordine, che si conquista sul campo per «ricompensare benemerenze acquistate verso la Nazione nel campo delle scienze, delle lettere, delle arti, dell’economia».
E la pizza questi campi li contiene tutti. Re Alfredo è stato ben contento di scendere di qualche grado per montare a cavallo. È il coronamento concreto di una vita che l’ha visto davanti al forno delle maggiori pizzerie napoletane, prima di costruire una casa tutta per sé, proprio di fronte al mare di Napoli con Capri all’orizzonte. È «Fresco» a via Partenope, aperta nell’agosto del 2009 e che in due anni ha bruciato i tempi. Sull’insegna, a mo’ di scaramanzia, è scritto «fondata nel 2020».
E Forgione ne spiega la ratio: «È la scadenza che avevamo fissato per sfondare, ma è andata molto meglio del previsto». Praticamente si potrebbe cambiare e retrodatare con la vera nascita, perché «Fresco» (che prepara anche piatti della cucina napoletana) da un due anni non solo è diventato uno dei locali più accorsati di Napoli (provate a trovare un tavolo il sabato sera o la domenica, senza prenotazione), ma ha anche raddoppiato con un gemello a Milano.
«È stata la sfida più bella della mia vita, perché ho fatto conoscere al Nord quanta arte c’è in questo nostro piatto» commenta con orgoglio. Per ora, tra le mani, Alfredo ha il telegramma del segretario generale del Quirinale, che gli è arrivato ieri. Quando avrà la pergamena la affiggerà a una parete, tra la sua foto con la corona (che fa il paio con la leggendaria cravatta dove è ricamato «’o re») e un quadro di Pulcinella. La lunga carriera l’ha visto all’opera da Ciro a Mergellina (in due fasi e in totale per quarant’anni) e da Salvatore alla Riviera, fianco a fianco al compianto maestro Salvatore Jossa, ma pure da Pizzicato a piazza Municipio (che per ironia della sorte da anni ospita un fast food) e poi al Voga di Bagnoli, con intermezzi a Stromboli e a Londra (dove conquistò i compassati sudditi di Sua Maestà).
I cavalli di battaglia del neo-cavaliere sono quelli collaudati, perché lui nella tradizione ci crede. Margherita, Salsiccia e Friarelli, Ripieno, Pizza Fritta, ma non esita a crearne di nuovi (Pasqualina, Acciughina). Perché quello che conta e fa la differenza, spiega, è la pasta, la sua leggerezza. «Ora aspetto il presidente» commenta mentre gli brillano gli occhi sopra il suo il suo pizzetto sale e pepe.
«A Capodanno Napolitano viene sempre qualche giorno a Villa Rosebery. Spero che mi faccia questo onore. Voglio ringraziarlo di persona con un omaggio: creerò per lui la pizza Napolitano». E azzarda: «Magari avrà pure più successo della Margherita». Come sarà? «Ci devo pensare, ma non potrà mancare il tricolore che lui ci ha fatto tanto amare per i 150 anni dell’Unità».
pubblicato sul Mattino del 31 dicembre 2011
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