Ciò che è possibile fare a New York non lo è a Roma: due piani sono stati sequestrati e i lavori bloccati
Farinetti voleva aprire Eataly Roma il 21 aprile, compleanno della Capitale, poi lo slittamento al 20 giugno
Siano sempre alle solite: in Italia non c’è certezza di investimento, proprio come in un paese del Terzo Mondo, perché la casta burocratica e politica non tollera che ci possa essere qualcosa di produttivo che non controlla.
A Napoli abbiamo visto quel che è successo all’Hotel Romeo: il piano ristorante bloccato per due anni, anche in questo caso per una questione di volumetria: adesso completamente funzionante.
Non solo, ma il Comune ha anche risolto il contenzioso con il Gruppo che rimetterà a posto tutta l’area adiacente al Molo Beverello.
Eataly a Roma dovrebbe essere ciò che è Disneyland a Parigi: un richiamo turistico per gli appassionati, una vetrina dell’Italia che produce qualità gastronomica.
La gastronomia: l’unica cosa che sta funzionando nel nostro Paese insieme alla moda e a poco altro.
Ma questo investimento ha il torto di entrare in beghe tra la Municipalità (l’ennesimo ente inutile come le province) e il Comune. Risultato: tutto bloccato.
E nel Medioevo del diritto, dove non c’è certezza di tempi e ogni norma ha un funzionario che la interpreta a modo proprio, non manca la follia: come quella del Codacons che propone di mettere sulle bottiglie le stesse diciture che si usano sui pacchetti di sigarette per limitare il consumo di ciò che fa parte della nostra civiltà da sempre.
Si diceva prima che la classe politica e il ceto burocratico sono espressione della società civile. Sicuramente c’è un fondo di verità in questa affermazione, ma è anche vero che negli ultimi vent’anni burocrazia e politica si sono blindate e si autoriproducono.
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