Cantine Benvenuto: il contributo sostanziale alla fama del vino calabrese di qualità

Pubblicato in: in Calabria
Cantine Benvenuto

di Chiara Giorleo

La nuova Calabria, quella delle nuove generazioni. La Calabria della nuova ondata che esplora sé stessa alla scoperta dei propri tesori e si perfeziona. Questo è quello che rappresenta Giovanni Celeste Benvenuto che con un’azienda di pochi anni ha fatto il giro del mondo portandosi dietro le potenzialità di un territorio che sta facendo tanto parlare di sé.

Siamo a Francavilla Angitola (VV) in un’azienda familiare (AZIENDA – CANTINE BENVENUTO) di 10 ettari di proprietà per un totale di circa 60 mila bottiglie e 7 etichette gestita con passione ma anche piena convinzione da chi questo territorio lo ha scelto venendo dall’Abruzzo – per linea materna – seppur attingendo dall’eredità calabrese paterna. Un territorio, quello sull’Appennino centrale, che a questa altezza si distingue per uno strato superficiale di granito che dona profondità ai vini di carattere. Senza entrare in troppi dettagli tecnici, i vini sono lunghi e concentrati, di grande estratto, a riprova della qualità delle uve e del vino che ne deriva.

Giovanni parte con una prima annata nel 2013 e con l’intento di rilanciare lo Zibibbo, varietà tipica della zona ma che si era persa. Lavora per reinserirlo e avere la possibilità di utilizzarlo sin dal 2002 quando rientra in Calabria per gli studi di agraria prima di lanciare la propria avventura, non a caso viene dedicata una via nei pressi dell’azienda (via delle Zibibbo). lo zibibbo arriva originariamente sulla costa dove, come spesso in Sicilia, accumula zuccheri e alcool ma spostandosi verso l’interno – a suo tempo per evitare gli attacchi via mare – qui in Calabria incontra subito l’Appenino e quindi freschezza e aromaticità più bilanciata che consentono l’uso anche per i secchi. Nelle sue mani assume, infatti, diverse forme: dal più classico (il passito), al secco in purezza (“Benvenuto”) con note di albicocca, salvia e zucchero filato per un sorso vellutato e materico; o al blend con la Malvasia che in altitudine è meno esuberante aromaticamente e più fresca rendendo il giusto servizio all’ambito equilibrio: si chiama “Mare” ed è intenso e rotondo con finale salino. Fino all’Orange (“Benvenuto Orange”), quindi quello che viene macerato sulle bucce con grande oculatezza: un vino di maggiore austerità ma altrettanto equilibrato, elegante e gastronomico che è stato uno dei miei primi amori incontrando Giovanni per fiere di settore.

Non è da meno la qualità del rosato che non a caso entra subito nelle prime edizioni della guida ai migliori rosati italiani proprio di questo spazio, di Luciano Pignataro, e che si affianca a vini rossi di altrettanta personalità.

Vini del sud, pieni e appaganti lavorati esclusivamente in acciaio – seppur con accompagnamento musicale ben studiato a sostegno dell’armonia – per non intaccare in alcun modo il territorio, a meno che non si svilupperà un contenitore in legni locali, chissà.

Giovanni dimostra, evidentemente, un amore per questa terra che potrebbe essere guida ed esempio per tanti operatori della zona. Faro di un percorso che esalta quelle potenzialità di cui in apertura supportate dalle caratteristiche di un vigneto abbracciato dai venti in continuo scambio montagna-mare che garantisce ricambio e salubrità a favore del regime biologico, facilitato dalla biodiversità. Nonostante l’annata difficile appena trascorsa le prospettive sembrano favorevoli per il futuro anche in vista della prossima apertura dello spazio enoturistico direttamente in vigna.


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