Terre di Resilienza in Cilento: il ritorno dei laureati per coltivare gli antichi grani

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Terre di Resilienza

di Nicola Nicoletti

Non lontano dal Golfo di Policastro, nel Cilento interno, il Palio del grano attira sempre più persone. In estate è un’attesa gara di mietitura tra 8 rioni e 8 paesi «compari», gemellati tra loro. Un’intuizione di successo per catalizzare l’interesse sull’ambiente e sul grano, un evento che ha registrato anche le malefatte dei cinghiali. A Caselle in Pittari la cooperativa Terre di Resilienza vive un progetto legato alla terra grazie a un gruppetto di laureati tornati nel Cilento con un “Treno a Sud”, come canterebbe Angelo Loia. “Siamo la prima generazione ‘alfabetizzata’ agli studi universitari desiderosa di ritornare in questo lembo delle provincie napoletane con la pretesta di non ingrossare le fila dei ‘professionisti’ e degli impiegati”.

Si respira la voglia di tracciare il solco dei contadini contemporanei dalle parole di Antonio Pellegrino. Laureato in Sociologia a Napoli, copiosi capelli al vento e folta barba, è il presidente della Cooperativa nata da giovani forze amanti di una “reazione ecologica” all’immobilismo imperante.

“La novità, per il Cilento, è già quella di una cooperativa!”, commenta sarcastico. Lui, di Caselle in Pittari, proviene da una famiglia contadina. “Ho avuto la fortuna di respirare la cultura cilentana più autentica, non inquinata e attraversata dalla modernità”. Con gli amici di Sapri, Sicilì e Morigerati, Dario Marino, Claudia Mitidieri e Marianna Falese, ha dato vita a un laboratorio basato su terra e futuro. Dal 2008 esiste una biblioteca del grano. Nel 2012 è nato un blog, Camp di Grano e la Comunità del cibo Slow Food Grano di Caselle. L’idea sgorga da stimoli come la crisi del lavoro, la ricerca di identità e radicamento. “Una legislazione più elastica aiuterebbe tanto chi coltiva”, spiega con dati alla mano”. L’ausilio delle stazioni meteo per sapere come sarà il tempo della semina e l’uso, senza scavare, della semina su sodo, con l’assenza di qualsiasi lavorazione meccanica del terreno, fanno parte dell’innovazione e della sperimentazione per un’agricoltura organica rigenerativa. Praticano una tecnica conservativa per rispettare il suolo, combattere la desertificazione e migliorare l’uso delle risorse idriche. L’assenza di prodotti chimici fa sì che si possa rispettare i terreni dove producono “L’olio fai da te”, una esperienza formativa di lavoro nei campi, e anche zucchine, pomodori e tanti frutti degli orti.

La collaborazione con un sindaco illuminato come quello di Morigerati, Cono D’Elia, è un reciproco vantaggio su idee e progetti. “Partendo da 20 chili dell’inizio arriviamo agli attuali 40 quintali di grano del 2015: è un segno di cammino”, spiega fiducioso Dario. Iangulidda, carosella, abbondanza, saragolla, grano farro le specie introdotte in un progetto che risente di influenze illuminanti, come quella di Angelo Avagliano e la sua comunità a Pruno, tra Rofrano e Laurino. Con una parte dell’otto per mille, la Chiesa Valdese contribuirà alla costruzione di un mulino per la macina del grano. Non manca la fantasia ai 19 soci della cooperativa. Con “1-2-3 Morigerati” il borgo si trasforma in un paese albergo in attesa di ospiti interessati a uno stile di vita attento al territorio, curiosi della storia e dei sapori perduti. Con “Morigerati, paese ambiente” il villaggio diventa un albergo con le sue viuzze e i posti dove mangiare contadino.

Basilare è l’inserimento di vittime da dipendenze, alcol o droghe, in un progetto di agricoltura sociale redatto con la Asl. Non manca poi la denuncia, come quando in vetrine pompate mediaticamente vi è solo business, senza la possibilità concreta di fare agricoltura nel Cilento. “L’impossibilità di allevare tre maiali o di fruire di molte zone agricole nell’area del Parco nazionale, hanno materializzato una serie di vincoli che di sostenibile hanno ben poco e che oltraggiano il mantenimento della biodiversità e del paesaggio così come li abbiamo ricevuti”. Il Monte frumentario, la possibilità di ricevere semi da rendere a un interesse bassissimo, come faceva la Chiesa nel 1500, ha un intuito solidaristico. La voglia di cambiamento si registra anche nelle Cumparete, una rete di “compari” che in diverse località della provincia si fanno da supporto reciproco su ogni necessità.
Insomma, Terre di Resilienza è un riferimento che speriamo sia seguito da altri


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