Contrada Salandra di Giuseppe Fortunato a Pozzuoli

Pubblicato in: Cantine e Produttori di Vino

Pozzuoli
Licola, via Tre Piccioni, 40
Tel. 081.5265258
www.dolciqualita.com
dolciqualita@libero.it
Negozio di vendita di miele, vino e prodotti biologici: via Carlo Maria Rosini, 45. Pozzuoli


Ettari vitati: 4 di cui 2,5 di  proprietà (1 Licola e 1,5 a Monteruscello) e 1,5 in conduzione(Licola)
Enologo: Antonio Pesce
Agronomo: Aurelio Russo
Allevamento e densità di impianto: guyot, e silvoz circa 3.000 ceppi per ettaro di piedirosso e 4500 di falanghina
Composizione chimico-fisica del terreno: terreno vulcanico. A Licola argilla, limo e 80% sabbia. A Monteruscello argilla, limo e 70% sabbia. Terreni ricchi di potassio e poveri di magnesio.
Produzione kg/pianta: kg 1,5 di falanghina e 1 kg di piedirosso.
Esposizione vigne: nord-ovest.
Epoca di impianto delle vigne: Licola 1980, Monteruscello 2000
Altezza media: Licola 90 metri, Monteruscello 250 metri
Lavorazione del terreno:  solo trinciatura
Conduzione: in regime biologico non certificato
Lieviti: autoctoni
Mercati di riferimento: Campania, Italia, Germania, Giappone, Usa.

Bottiglie totali prodotte: 15.000
Percentuale di uve acquistate:  0%
Uve coltivate: falanghina, piedirosso

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LA STORIA
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Giuseppe Fortunato è laureato in ingegneria ma ben presto, insieme alla moglie Sandra Castaldo ha fatto una scelta radicale: quella di vivere immerso nella natura di Licola e di Monteruscello, a Nord di Napoli, siamo nel comune di Pozzuoli. Chiuso il compasso nel cassetto, entrambi si sono dedicati all’apicultura biologica producendo miele, polline, cera d’api, pappa reale, propoli. Finiscono per questo motivo a Montalcino dove dalla metà degli anni ’90 si è organizzata la prima fiera del miele italiano e iniziano a girare in vigna nel momento d’oro della crescita del famoso areale toscano. Entrambi decidono dunque di riorganizzare i vigneti di famiglia, quelli piantati dal padre a Licola dove vive e quelli sui terreni della famiglia di Sandra a Monteruscello. A questi 2,5 ettari si aggiunge 1,5 ettari di un vecchio amico che aveva intenzione di spiantare le vigne.

Come sempre accade in questi casi, il risultato è la sintesi perfetta tra la visione del mondo della giovane coppia, cioé quella di vivere immersi nel rispetto della natura con rispetto e dedizione e il rapporto con l’enologo. In questo caso Antonio Pesce, figlio d’arte: un professionista da sempre concentrato sul suo lavoro più che sulle pippe mentali del neopauperismo. La prima vinificazione è nella stagione 2004 quando già le persone più sensibili stavano radicalmente ripensando il modello produttivo degli anni ’90: il segnale è in due scelte radicali. La prima, in controndenza in Italia ma diffuso in Campania sui bianchi e sul piedirosso, quella di lavorare solo in acciaio. La seconda di aspettare almeno un anno prima di commercializzare la Falanghina e due prima di iniziare a vendere il Piedirosso, una scelta considerata folle all’epoca da un mercato che voleva questi due vin igià a Natale ma che si è dimostrata vincente. Anno dopo anno, vendemmia dopo vendemmia, il bianco e il rosso di Giuseppe si sono dimostrati davvero eccezionali. Non a caso è un chiocciola Slow Wine sin dalla prima edizione con il plauso delle commissioni regionali e nazionale.

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LE VIGNE
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E’ davvero molto bello entrare nel vigneto di Giuseppe: un mondo vivente dove ogni essere vivente, dalla pianta all’uomo, è a proprio agio. Retsano gli alberi fa drutto che a lungo hanno conteso lo spazio alla vigna, soprattutto gli agrumi che nei Campi Flegrei hanno un sapore straordinario e irripetibile.

Vicino alla cantina c’è circa un ettaro, su terreno per l’80 per cento sabbioso, coltivato a piedirosso e falanghina. Uno spazio è lasciato alla coltura delle marze che di anno in anno servono alle necessità dell’impianto, un altro alle api. Poco distante, a meno di 500 metri, c’è il secondo vigneto, quello di 1,5 ettari in conduzione che ha le stesse caratteristiche. Siamo a circa 90 metri sul livello del mare.

Infine il terzo, a Monteruscello, a circa 250 metri, immerso nel verde dove anche qui troviamo gli alveari, alberi da frutto e una stalla. Si tratta in tutti e tre i casi del tipico terrazzamento flegreo che contribuisce a tenere in sicurezza la zona e che purtroppo è stato assediato dall’avanzata del cemento. Nonostante questo, è bello vedere il mare di Cuma dalla terrzza di casa della famiglia Fortunato, dove sotto è stato organizzato lo spazio per la piccola cantina. Qui arrivarono i greci di Ischia e portarono i loro rudimenti della viticultura oltre 2500 anni fa. E questa storia continua grazie a persone come Sandra e Giuseppe.

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I VINI
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Falanghina dei Campi Flegrei doc
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Uva falanghina
Bottiglie: 9.000
Vinificazione: acciaio
Prezzo orientativo in enoteca: 10/12 euro
Una bianco che capovolge il senso comune maturato negli ultimi decenni su questi vitigno. La sosta in vasca sulle fece di uve ben maturate e dopo una mcarazionepiù lungaregala un bicchiere ricco di energia, dal colore giallo paglierino carico. Al naso profumi agrumati, di fiori di ginestra, di salvia. Al palato è sapido, assolutamente fresco con uno spettacolare allungo nel finale. Colpisce in particolar eil corpo di questo vino, che lo rende adatto anche ad affrontare piatti strutturati.

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Piedirosso dei Campi Flegrei doc
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Uva: piedirosso
Bottiglie prodotte: 6000
Viniificazione: acciaio
Prezzo orientativo in enoteca: 10/12 euro
Sicuramente uno dei migliori rossi italiani in cui la territorialità è esaltata da una finezza assoluta, a cominciare dal colore vivo ma non concentrato che ti fa leggere il fondo del bicchieri. Il tripudio al naso regala davvero belle emozioni, si va dallo socntato geranio, tipico del vitigno, al frutto maturo di ciliegia, al sottofondo di cenere, al rimando anche alla macchia mediterranea asciutta e profumata dal vento: origano, mirto, ginestre. Al palato è di un equilibrio assoluto, perfettamente bilanciato tra alcol, tannini setosi, corpo, freschezza. Un equilibrio tra elementi non urlati che ti impone concentrazione. Sembra un ossimoro, ma è un Piedirosso da meditazione, quasi da non disturbare con il cibo.

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CONCLUSIONI
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Chi è interessato a conoscere l’anima della viticultura millenaria flegrea ha qui una sorta di museo vivente. Non ci vuole molta immaginazione per proiettare indietro nei millenni il rapporto con la ntura di Sandra e Giuseppe. Ma a chi interessa invece solo il contenuto della bottiglia diciamo che dal peso di questo passato trovate vini moderni perché tipici e di carattere, leggeri, prodotti nel rispetto dell’ambiente, molto adatti a tutta la cucina dell’alta ristorazione investita da sane riflessioni sulla salubrità del cibo e del mangiare. Non a caso sono vini che si possono proporre in tutti gli stellati italiani. L’unica cosa che li frena è che costano troppo poco:-) Però è anche un pregio perché i cafoni arricchiti non li sceglierebbero mai. Attenzione: non si tratta di vini da collezione, ma da aspettare sì. La Falanghina più del Piedirosso.
Non siamo abituati a farci i maestrini con nessuno, ma in questo caso non resta altro da dire: ragazzi, continuate così e non deviate di una virgola da quello che state facendo.


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