Emanuele Madonna, lo chef brigante! Vi racconto la sua storia

Ha rubato esperienza al mondo per restituirla alla sua terra, trasformando sacrificio in mestiere, disciplina in visione, tradizione in promessa.

di Tonia Credendino

Convivio Urbano, Portici — ottobre 2025

Ci sono storie che parlano di coraggio e gratitudine, di sacrificio che diventa mestiere e di tradizione che non smette di insegnare. Quella di Emanuele Madonna è una di queste. Lo incontro al tavolo del Convivio Urbano, il ristorante dove oggi mette la sua firma e la sua visione. Ha una voce calma, uno sguardo diretto, le mani che si muovono leggere, una persona che si fa voler bene, una di quelle rare presenze capaci di trasmettere sincerità già dalle prime parole.

Tutto comincia nella cucina di casa, tra il profumo del ragù e la voce della madre. È stata lei la sua scuola più vera: da lei ha imparato l’amore per il cibo, la cura, la semplicità. È ancora la prima che chiama quando ha un dubbio. A quindici anni è già al lavoro. Frequenta l’istituto alberghiero, ma la testa è in cucina. Non riesce ad aspettare: vuole capire, sporcarsi le mani, sbagliare, stancarsi. La cucina, per lui, è questo — fatica e felicità insieme.

All’Hotel Parco dei Principi di Sorrento, accanto allo chef Vincenzo Borrelli, capisce cosa significa far parte di una brigata. Impara la precisione, la pazienza, la responsabilità condivisa. Capisce che non basta avere talento: serve metodo, ascolto, dedizione. Lavora tra Sorrento e Napoli, dove la tradizione incontra l’energia della città. Non tutto lo convince, ma ogni esperienza lascia un segno. Sa che in cucina non esistono scorciatoie: o impari, o resti fermo. E stare fermo, per lui, non è mai stato un’opzione.

Con il tempo incontra persone che lo segnano, tra queste, lo chef Pasquale Trotta, amico fidato e guida, con cui nasce un legame di stima e affetto reciproco. Grazie a lui, Emanuele approda a Londra, dove inizia una nuova avventura che lo porterà a crescere professionalmente e umanamente. All’Hotel Brown’s (Rocco Forte), nel ristorante Beck at Brown’s, entra nella brigata di Heinz Beck. Il ritmo è serrato: le giornate iniziano presto, finiscono tardi, e ogni errore pesa. All’inizio si arrangia come può, nascondendo in tasca una colazione salata o un frutto prima del servizio. Non era facile rispondere alle telefonate della madre, che lo sentiva stanco e lontano, ma anche per lei decide di resistere. Non c’è tempo per lamentarsi, solo per migliorare. In quei mesi capisce che la cucina è anche questo: restare in piedi, con gratitudine.

La Svizzera, con l’esperienza al Carlton Hotel di St. Moritz, gli regala un altro tipo di rigore. Lì tutto è misurato, ogni gesto controllato, ogni movimento necessario. Impara che la precisione è una forma di rispetto e che il sacrificio non è una fase, ma un modo di vivere.

Il ritorno in Italia segna una svolta. Quando entra al Don Alfonso 1890 di Sant’Agata sui Due Golfi, guidato dallo chef Ernesto Iaccarino, gli sembra di attraversare una soglia luminosa. Quel luogo gli appare quasi angelico: l’ordine, il profumo delle erbe, la luce che filtra dalle cucine, il mare poco più in là. Ogni dettaglio parla di dedizione e di eleganza. Qui comprende che la cucina può essere arte e disciplina insieme, che ogni gesto ha un peso e ogni silenzio insegna.

Poi arriva l’incontro con Nicola Somma, chef dell’Aqua Countryside di Antonino Cannavacciuolo a Vico Equense, il maestro che più di tutti segnerà la sua formazione. Lo definisce ancora oggi un punto di riferimento umano e professionale. Da lui impara il rigore e la calma, la pulizia del pensiero prima ancora che del piatto. Somma gli insegna che il rispetto del tempo e della materia è la prima forma di creatività, che la cucina non è esibizione ma verità. «La perfezione non è freddezza», ama ripetere Emanuele, «è amore per il dettaglio, per ciò che non si vede ma si sente».

Al Luminist di via Toledo 177, all’interno delle Gallerie d’Italia di Napoli, lavora in una cucina monumentale, duecento metri quadri di ordine e luce. È un luogo internazionale, elegante, frequentato da viaggiatori e professionisti, dove la cucina dialoga con l’arte e la cultura. Tutto funziona alla perfezione: la brigata, la sala, i tempi. È qui che incontra Riccardo Morra, giovane cuoco determinato e curioso, con cui nasce un’intesa destinata a durare. In mezzo a quella perfezione, in Emanuele cresce però un desiderio diverso: tornare al contatto diretto con le persone, ai profumi di casa, ai tempi giusti del sugo che sobbolle.

Capisce che la verità della cucina non sta negli strumenti, ma nella sincerità del gesto. Così rientra a Portici, non per chiudere un cerchio ma per aprirne uno nuovo. Nasce Convivio Urbano, insieme a Gino Oliviero, Dino Braibanti e al suo secondo storico Riccardo Morra. Una cucina piccola ma viva, dove la tecnica lascia spazio alla sostanza e la tradizione diventa linguaggio.

Ogni piatto racconta un percorso: la selezione delle materie prime, la cura, il rispetto del tempo. La sua è una cucina che non rincorre l’effetto, ma la verità. Una braciola con la salsa, servita con semplicità, può valere più di mille esperimenti. La cucina più difficile, dice, è quella che resta — quella che non ha bisogno di stupire, ma di convincere.

Chi siede ai tavoli del Convivio Urbano trova una cucina autentica, che parla di casa e di coraggio, ma con la precisione di chi ha visto il mondo. È una cucina che nasce dal rispetto, non dalla nostalgia. Ogni piatto ha il sapore delle cose fatte con intenzione: il ragù che sobbolle lento, la pasta al forno che profuma di domenica, la carne che arrostisce sulla brace accesa davanti agli ospiti. La braciola con la salsa è un piccolo manifesto, un ritorno alle origini senza retorica. Le paste ripiene, le verdure di stagione, gli antipasti serviti come un racconto sono la dimostrazione di una mano esperta ma sincera, capace di trasformare la tradizione in un gesto moderno.

Emanuele Madonna non ha bisogno di effetti speciali: parla piano, ma arriva lontano, con una cucina che si fa ricordare, come un profumo d’infanzia che torna all’improvviso e scalda il cuore.

Oggi Emanuele Madonna guarda avanti con la serenità di chi ha imparato a credere nel tempo. Il suo futuro è ancora qui, tra i fornelli del Convivio Urbano, ma nello sguardo c’è già il prossimo passo: nuove idee, nuovi progetti, una curiosità che non si spegne. Scrivere di lui significa scrivere di chi non ha mai smesso di imparare. E ricordare che, a volte, la più grande conquista è restare dove si è felici di essere arrivati.

Un grazie a Emanuele per avermi accolto nella sua cucina e nel suo racconto. Con lui inizia un percorso che voglio dedicare agli chef italiani che hanno trasformato la fatica in visione, la tradizione in futuro.

 

Scheda del 2 settembre 2025

Convivio Urbano: il nuovo bistrot dalle radici del sud a Portici

di Antonella Amodio

Avevo lasciato Gino Oliviero ad Avellino, al ristorante La Maschera, un locale che aveva segnato un nuovo corso della cucina in Irpinia, con l’orto in primo piano e una dedizione ai prodotti locali che oggi può sembrare scontata, ma vi assicuro che vent’anni fa non lo era affatto. Lo avevo perso di vista, Gino. Di mestiere fa il commercialista, ma è appassionato di gastronomia e si è sempre dedicato all’apertura di ristoranti, e non solo. Lo ritrovo per caso a Portici, al Convivio Urbano, un bistrot cittadino, aperto nel dicembre 2024 da un gruppo di imprenditori, dove ha contribuito con una sua idea ristorativa, e che vede il cugino Dino Braibanti come amministratore. Il progetto nasce con l’intento di offrire una proposta gastronomica che fonde sapori locali con quelli del Sud Italia. Anzi, per la precisione, con quelli del territorio che fu il Regno delle Due Sicilie, il più grande Stato dell’Italia preunitaria, nato nel 1816 dall’unione del Regno di Napoli e del Regno di Sicilia. Abbracciava tutto il Sud Italia, dall’Abruzzo alla Sicilia, e rappresentava un crocevia di culture, ingredienti e tradizioni culinarie che ancora oggi caratterizzano l’identità gastronomica meridionale. Al Convivio Urbano, questa eredità storica diventa spunto per un viaggio tra sapori e materie prime del Mezzogiorno.

Un focus chiaro: materie prime e tradizioni che partono da Napoli e si intrecciano con altri areali, dall’Abruzzo alla Sicilia, senza restrizioni né confini forzati e con omaggi gastronomici qua e là che sono divertenti e insoliti, come il soufflé al formaggio. Un tributo ai monsù, cuochi che a Napoli seppure fondere raffinatezza d’oltrape con l’anima verace partenopea.

Una cucina che si muove tra classicità e contemporaneità, con proposte come le tapas (acronimo ironico di “pasta” come porzione da condividere) rivisitate rispetto alle originale spagnole, formaggi di minuscoli casari, piccoli artigiani dei salumi, una selezione di carni da grigliare su carbone naturale e una serie di primi piatti serviti in pentole di ghisa, e già solo queste basterebbero per puntare il navigatore verso Portici, a viale Leonardo Da Vinci, nel cuore della città del Miglio d’Oro.

Il menù è un vero e proprio documento gastronomico: un giornale illustrato dove sono riportate tutte le pietanze, affiancate dalla “gazzetta enologica”, dedicata alla cantina. Una carta che conta un centinaio di etichette per nulla banali, anche con vini vegani, che partono dal Vesuvio e si estendono ai diversi territori della Campania e poi del Sud Italia. Le scelte sono curate da Gino, conoscitore appassionato del mondo del vino, mentre per la mixology ci pensa Dino, esperto in materia di drink e distillati.

Ma l’asso nella manica del bistrot è ai fornelli: lo chef Emanuele Madonna, trentenne di Portici, con formazione alberghiera e un curriculum di tutto rispetto. Ha lavorato al Beck at Brown’s di Londra con Heinz Beck, al Carlton Hotel di St. Moritz, al Don Alfonso 1890 a Sant’Agata sui Due Golfi, a Laqua Countryside di Cannavacciuolo a Vico Equens.

Un bel parterre di nomi, insomma. In cucina con lui c’è il sous chef Riccardo Morra, reduce da un’esperienza al 177 Toledo, sotto l’egida dello chef due stelle Giuseppe Iannotti. Insieme, al Convivio Urbano, propongono una cucina informale, pensata per essere condivisa, che gioca con il quotidiano e segue la filosofia del mercato e della disponibilità giornaliera. Niente fine dining, né virtuosismi creativi, ma tanta sostanza.

Il locale, dallo stile contemporaneo, accoglie gli ospiti con un bar all’ingresso e una cucina a vista, priva di vetro, come se fosse un bancone, creando interazione tra clienti e chef. Conta circa 50 coperti distribuiti in due ambienti, e conserva l’anima accogliente del bistrot tradizionale, arricchita da elementi moderni.

Dal menù

 

Convivio Urbano si prende il tempo di raccontare una storia: quella di un Sud ricco di identità, sapori e memoria. Un bistrot cittadino che valorizza il passato per costruire un presente gastronomico autentico e condivisibile. A breve ci sarà il calendario di serate a tema con produttori di eccellenze gastronomiche e di vini, con la possibilità di acquistare annate straordinarie e millesimi particolari. Un piccolo consiglio: prenotate per tempo, perché le pentole di ghisa e le tapas rivisitate in chiave partenopea piacciono molto e i posti si riempiono in fretta.

I prezzi: un tegame di pasta per due va dai 28 ai 35 €, a seconda del condimento e della stagionalità. I plateau di salumi e formaggi, con una selezione di salse e confetture sono proposti a 20 €. Le tapas all’italiana, perfette per iniziare o per comporre una cena libera e informale, partono da 8 €. La carne alla brace, grigliata su carbone naturale, spazia dai 7,50 ai 18 €, in base al taglio e alla provenienza.

Convivio Urbano, Portici (NA)
Viale Leonardo da Vinci, 1/3
Telefono: 081 1981 0251
Dal martedì al venerdì dalle 18:00. Sabato e domenica dalle 11:00 alle 15:00 e dalle 18:00 alle 24:00


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