Dieci consigli giusti ai giovani cuochi che hanno aperto il loro ristorante

Pubblicato in: Polemiche e punti di vista

In questi ultimi anni tanti giovani cuochi hanno avviato la loro attività. Alcuni tra mille difficoltà, molti altri con successo. Si tratta di una generazione di cuochi tecnicamente molto più preparata della precedente che ha fatto il rinascimento della nuova cucina italiana e spesso ha anche molta esperienza. E’ abbastanza comune per i cuochi trentenni, lasciata casa a 18 anni, aver girato nelle migliori cucine in Italia e all’estero.
Ci sono alcuni consigli, gratuiti perciò non saranno ascoltati, che vorrei dare perché spesso basta poco per trovare il giusto equilibrio tra la voglia di esibirsi e la necessità di far quadrare i conti, soprattutto quando queste imprese vengono aperte in posti lontani dai grandi flussi perché vicino casa e dunque per non soffrire la pressione del fitto.

1-E’ il cliente che deve aspettare il piatto e non il piatto il cliente. Vanno bene certo le preparazioni base, ma pensare di risolvere tutto con la botta di microonde finale è profondamente sbagliato.

2-La materia prima deve essere prevalentemente locale. Non sono certo un pasdaran del chilometro zero ma trovare agnelli di famose ditte in regioni dove spesso le strade sono bloccate da un gregge o pesci e carpacci pre-parati in riva al mare indebolisce la proposta perché queste cose è possibile mangiarle ovunque. Questo spiega le mode che attraversano l’Italia, dalla guancia di vitello al cappello del prete che spesso si trovano in modo seriale. Dobbiamo essere noi a scegliere e non essere scelti. Sono solo palle favolose quelle che legano l’uso di questi prodotti agli inviti nei congressi o alla buona valutazione delle guide. Come quella che voleva vini francesi per prendere le stelle Michelin. Se avete prove contrarie scrivetelo con chiarezza nei commenti qui sotto, grazie.

3-La tendenza mondiale vira decisa verso il pesce e soprattutto verso le verdure. Verso il biologico e la compatibilità ambientale. Spesso si trovano in questo locali menu dove un vegetariano, non un vegano, non ha altra scelta che alzarsi e andarsene. E questo al Sud soprattutto non è concepibile. Al Noma dove sono stato di recente solo due piatti su 23 erano di carne. Oggi il cuoco non deve essere più solo bravo in cucina, ma anche in sala e soprattutto al mercato. Del resto solo così si diventa punti di riferimento di contadini e artigiani del cibo nel proprio territorio.

4-I tempi del successo sono lunghi, non bisogna cadere nell’ennesimo illusionismo televisivo, stavolta gastronomico e non politico, che annebbia il nostro paese da vent’anni. Non è possibile saltellare da un posto all’altro solo perché una cosa non viene fatta come vogliamo noi. La maturità professionale, in qualsiasi lavoro, è il risultato della ricerca del continuo equilibrio tra ciò che pensiamo sia giusto fare e quello che è possibile, per il semplice motivo che non siamo soli al mondo.

5-Bisogna cucinare per i clienti e non per i giornalisti o i critici. Non a caso alla fine ad essere apprezzate sono le cucine solide che si sanno aggiornare perché l’Italia ha già un enorme patrimonio su cui si deve lavorare e ci si può divertire.

6-Bisogna sempre far pagare il conto, a meno che non sia un vostro ex compagno di scuola che viene a visitarvi o se avete fatto voi l’invito. Non fatevi intimorire quando qualcuno caccia macchine fotografiche alla Rocco Siffredi: vuole solo sbafare ed è meglio perderlo che guadagnarlo. E soprattutto ricordate il meccanismo della estorsione: data la prima gratuità, sarete costretti a darla a tutti. Inoltre così facendo dimostrate di non rispettare voi per primi il vostro lavoro.

7-Questo vale anche per molti chef affermati: come nessuno di voi andrebbe a fare un quattro mani con uno studente dell’alberghiero in una manifestazione organizzata da privati perché pensate che critici professionisti, giornalisti e blogger rinomati debbano fare lo stesso e trovarsi a tavola con la compagnia dello sbafo in una cena annunciata come esclusiva? In questo momento di iperesposizione di tutto e di tutti vince l’effetto Mina, il ritiro con poche ma giuste manifestazioni o esibizioni fuori dal locale, ben motivate professionalmente.

8-Questo perché il ristorante non viene riempito e non campa con una stella, con un articolo, ma con il passa parola dei clienti che dopo essere stati una volta ci tornano e lo consigliano. La critica può dare le pinne, ma bisogna saper nuotare.

9-Per contenere il food cost bisogna realizzare un menu preciso che non abbia la pretesa di fare concorrenza ai grandi ristoranti. Bastano anche tre proposte per portata e così già siete a dodici che non sono poche. Carne, mare e vegetariano/vegano. E’ sempre più importante esibire i prodotti che si usano ed è sicuramente meglio se sono certificati biologici perché questa, piaccia o no, è la tendenza dei prossimi anni.

10-Soprattutto lasciate da parte il servizio ingessato che stanca e spesso non fa tornare, il cliente non va riverito, ma servito.


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