I dieci migliori rossi campani da bere nei prossimi dieci anni

Pubblicato in: Verticali e orizzontali

Voi che mi seguite sapete in sintesi qual è il mio orientamento, ossia di come la Campania sia grandissima terra di bianchi capaci in numerose espressioni di competere con qualsiasi altro vitigno e territorio.
Negli ultimi anni anche i rossi sono diventati molto interessanti, ormai liberi dalla dialettica tra stile polveroso e stanco del passato e stile lamponato e zuccherino degli anni ’90.

Voglio segnalarvi quelli che ci accompagneranno nei prossimi decenni. Attenzione, la fascia di prezzo si intende orientativa in enoteca

Montevetrano 2010 Colli di Salerno igt
Non c’è nulla da fare per i suoi tristi detrattori: resta il grande classico della Campania, sempre più elegante e fine, come in questa versione assolutamente entusiasmante. Questo rosso è il risultato di uno straordinario equilibrio di personalità, ha grande longevità e, pur essendo figlio di un’epoca felice, mantiene intatte le ragioni del suo essere un vino moderno e di tendenza. Euro 35-40

Sabbie di Sopra il Bosco 2011 Terre del Volturno igt
Se il Montevetrano fosse una mamma, questo sarebbe il suo primo figlio. Le uve sono diverse, come è noto, ma il sapiente dosaggio del legno, centrare l’attenzione sul territorio in cui si coltivano le viti del vini, l’essere un blend, iscrivono d’ufficio il capolavoro di Giovanni Ascione nella stessa squadra di Silvia Imparato. Del resto, il mio atteggiamento psicologico quando allungo la mano verso queste bottiglie è lo stesso: lo bevo quando desidero un classico. Euro 25-30

Poliphemo 2009 Taurasi docg
Dopo Mozart Beethoven:-) Grandissimo sforzo concettuale di segno opposto, un bicchiere poliedrico, ricco, variabile, a volte inafferrabile, ma di grande stoffa già in queste sue prime uscite recaciltranti. Un vino artigiano nel senso pieno del termine, da bere quando il clima è freddo, o hai voglia solo di stare solo con l’Aglianico. Euro 25-30

E’ Iss 2009 Campania igt Tenuta San Francesco
La progressione in bottiglia è davvero impressionante: ha la stessa vivacità acida del precedente ma la metà della materia. Nasce da antichissime vigne prefilossera a 450 metri di altezza nell’areale di Tramonti in Costa d’Amalfi. Un rosso del freddo, ancora acerbo in queste prime battute ma che, mantenuto nel bicchiere, rivela tanta terrosità, frutta, persino note ematiche. Un vino che, come il precedente, implica grande concentrazione ma che non lesina faciltà agli abbinamenti su numerosi piatti. Monumentale. Euro 20-25

E adesso passiamo alla batteria dei Piedirosso anno dopo anno sempre più buoni. Appena dieci anni fa sarebbe stato quasi impensabile inserirli in una top ten del genere.

Vigne storiche 2011 Piedirosso dei Campi Flegrei doc
Terminati gli studi di Enologia, Vincenzo Di Meo ha ormai preso il timone della piccola cantina di Bacoli, il padre Luigi ben felice di tornare nei campi. Un’azienda in cui abbiamo sempre creduto per la cultura rurale profonda e non inventata. Come pure abbiamo sempre creduto nel Piedirosso anche se, francamente, non ci aspettavamo potesse arrivare a questi livelli. Sicuramente in questo momento è un vino molto più avanti, nella media intendo, dell’Aglianico. Forse perché agisce su un protocollo già collaudato da tempo e patrimonio collettivo, un po ‘come avviene per il Fiano e il Greco. Euro 10-15

Piedirosso 2009 Campi Flegrei doc Contrada Salandra
Peppino Fortunato ha una visione onirica di questa uva: immerso nel suo vigneto biologico, è riuscito a tirare fuori l’anima gentile e conviviale del Piedirosso lavorando su una beva sottile, salata, ciliegiosa con note di geranio. Una bottiglia dissetante, che si vuota subito. Meglio se con i piatti di Marianna Vitale. Euro 10-15

Piedirosso 2010 Campi Flegrei doc Agnanum
Un vino dalla trama ancora più sottile, se possibile. Spuma di geranio, pepe, note di cenere con un ingresso di assoluta faciltà e senza alcuna concessione dolce. Un piccolo grande capolavoro di Raffaele Moccia, il contadino che combatte le volpi nel cuore degli Astroni: è davvero incredibile la capacità di tirare fuori l’eleganza assoluta da questo Piedirosso di città. Euro 10-15

Ficonera 2011 Piedirosso Paestum igt
In realtà segnaliamo un vino introvabile, poco più di 600 bottiglie. Dopo le belle prove con il Castellabate, grande bevibilità, e il Maroccia, il terzo rosso di questa bellissima azienda che seguiamo con convinzione dagli albori, quando neanche telefono e corrente elettrica c’erano, è un grande colpo d’ala, una via alternativa a una impostazione cilentana spesso segnata da eccessi di alcol e di frutta matura. Leggerezza ma anche tanta acidità, piccolo capolavoro dell’enologo Michele D’Argenio, miracolo di equilibrio con la sensibilità di Ida e Mario Corrado in questo angolo di Paradiso protetto dall’uomo. Euro 15-20

Ora alcuni Aglianico da mettere in cantina per il prossimo secolo:-)

Redimore 2011 Aglianico Irpinia doc
Un rosso in cui la terra e il frutto si bilanciano in maniera incredibile e innovativa rispetto alla tipologia. La mineralità e la sapidità rilanciano la ciliegia matura e completa di queste uve, un biotipo registrato dalla Mastroberardino nella nuova tenuta di Mirabella Eclano. Un Aglianico che, sia pure giovane, non rinuncia al suo carattere ruspante. Euro 10-15

Taurasi 2008 Contrade di Taurasi
Opera Mia 2008 Tenute del Cavalier Pepe
Macchia dei Goti 2008 Taurasi di Antonio Caggiano
Renonno 2008 Taurasi Molettieri
Dopo lungo pensare e ripensare, chiudiamo a sorpresa con quattro Taurasi a pari merito di grande spessore che confermano l’annata positiva. Per Caggiano e Pepe si tratta di un’ottima ripresa dopo il 2007 molto incerto. Per Contrade è una conferma mentre del Renonno è avvenuto quello smagrimento necessario ai vini di Salvatore Molettieri che ha messo in risalto la frutta e la terrosità di Montemarano. Pur nella loro diversità, tutti hanno un ottimo rapporto con il legno, non sono dolci, mantengono inalterata la freschezza, sono lunghi e ancora molto giovani. Il loro prezzo oscilla tra i 20 e i 25 euro in enoteca

In sostanza, quattro piedirosso, due blend (uno bordolese, l’altro campano con aglianico, pallagrello nero e casavecchia), un tintore e tre aglianico contando il decim0 come uno.

Potrei ora fare uno di quei post lunghi e cervellotici per spiegare le scelte, ma la sintesi è questa: blend e piedirosso rispondono meglio alle esigenze del momento di immediatezza e bevibilità, ti vengono incontro, mentre l’Aglianico devi sempre aspettarlo per goderlo.

Ma non è al fine, un po’ la parabola antropologica della nostra regione?:-)


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