Domenico Filosa, il pane di San Sebastiano al Vesuvio e la bontà della legalità

Pubblicato in: Panifici, Biscottifici, Pizza al Taglio

Frequento il panificio di Domenico Filosa a San Sebastiano al Vesuvio da diversi anni perché in zona è uno dei migliori ed è poco distante da casa mia. Ma non conoscevo la storia di quest’uomo, così straordinaria e piena di coraggio. Eppure il suo è un mestiere semplice, ma certe piccole cose sono banali solo all’apparenza. Lo incontro durante una riunione del consorzio UNIPAN del pane di San Sebastiano alla quale mi reco per sapere di più su questo prodotto tanto famoso per la sua bontà.

Domenico ne è il presidente e fondatore e mi spiega con una certa energia che ha voluto fortemente la costituzione del consorzio, ottenuta con grande fatica, proprio per salvaguardare l’antica tradizione di fornai di questa zona. Preservare l’ arte di panificatori da queste parti vuol dire strapparla alle mani della camorra. E si proprio così, mi costa dirlo, ma i panifici della provincia di Napoli, ed oltre, sono spesso irregolari e quindi gestiti dall’attività criminale che impone farine, prezzi, zone di vendita e ovviamente il racket.  Domenico è figlio di contadini, come molti abitanti autoctoni del comune di San Sebastiano al Vesuvio.

La sua  famiglia abitava e gestiva una casa colonica proprio in centro, vicino alla chiesa di San Sebastiano. All’epoca questo paesino era costituito da pochissime case oltre le quali c’era solo campagna vesuviana disegnata dai campi di pomodorini che si alternavano secondo la stagionalità a pochissimi altri prodotti dell’orto. Poi gli albicoccheti e la vigna dominavano prevalentemente il paesaggio. Nel casolare di campagna tutti ci si dava un gran da fare e si produceva di tutto, tanto da riuscire ad auto sostenersi. Il pane si faceva una volta alla settimana, da qui il termine pane a ott’ , ancora in uso, per indicare quel meraviglioso palatone croccante che è buono da mangiare fino a otto giorni.

Nel raccontare la vita di campagna vissuta durante la propria infanzia, Mimmo si illumina e modera la voce per l’emozione. I ritmi dei campi, dell’orto, del frutteto, gestivano totalmente quelli  della famiglia, in un’armonia serena e gioiosa. Sin da bambino aveva il compito di aiutare la nonna a fare il pane e questo mestiere gli è piaciuto tantissimo da subito. Incantato dalla magia della lievitazione e gratificato dal ruolo di produrre il companatico per la comunità, ha scelto di essere panettiere per tutta la vita. Con lo sviluppo edilizio il lavoro dei contadini è andato scemando, ma Mimmo vuole rimanere panettiere, così a 13 anni va a lavorare presso il panificio più importante della zona. E’ in via Masseria Monaco Aiello, vicino al vecchio convento che dà il nome alla strada. Il convento era noto già al tempo dei Borbone per la bontà del pane prodotto e riforniva la casa reale.

Divenuto anziano, il suo datore di lavoro decide di chiudere il panificio. Così Mimmo, trentenne e sposato con figli, sceglie di rilevarlo, salvando il proprio lavoro e quello dei suoi colleghi. Il lievito madre utilizzato ancora oggi ha sessant’anni e viene rigenerato ogni  4 – 5 ore perché non perda la sua vitalità. E’ questo un mestiere duro, la squadra di fornai comincia a lavorare puntualmente alle 21, ogni sera.

Mentre fuori la città dorme, qui Mimmo guida la squadra di quattro panettieri, due impastatori più due infornatori: ognuno è vecchio maestro dell’arte bianca da quaranta a sessant’anni. Si ascolta la radio, si parla della propria famiglia, si ripetono con abilità i gesti che rendono nobile il mestiere di fare il pane quando si lavora con grande passione, quando si è scelto di stare dalla parte giusta e quando ormai il proprio ruolo è divenuto così importante da non poter più tornare indietro. Qui, come in tutti i panifici associati al consorzio, si utilizzano solo farine italiane da grano tenero certificate, si usa esclusivamente lievito madre, il pane viene lievitato per 24 ore  nelle tipiche madie di legno (martore) coperte da sacchi di juta per poi essere cotto in forni a volta ad alta tecnologia con piano in pietra di Sorrento, alimentati a gas o a legna. Il prodotto ammesso a tutela, all’atto dell’immissione al consumo deve avere le seguenti caratteristiche:

forma ed aspetto esterno: forma affusolata, allungata, con altezza anche superiore alla base;

crosta: spessore non inferiore a 3 mm, di colore dorato;

pezzatura: palatone da kg 1, kg 1,5 e kg 2;

dimensioni: circa un’altezza di 12 cm, per una lunghezza di 40 cm ed una profondità di circa

9/10 cm (dimensioni palatone da 1 kg);

aspetto interno: mollica di colore bianco, occhiature di forma e dimensioni irregolari anche

sotto la crosta;

sapore: sapido, appena acidulo (da approfondire scientificamente);

profumo: di cereale (che ricorda il granaio);

caratteristiche fisico-chimiche: (da definire scientificamente);

confezione: carta o materiale termoretraibile microforato.

Puntualmente l’alba annuncia il meritato riposo e ben 5 furgoni escono dal Panificio DOC per raggiungere i numerosi punti vendita. Più volte in alcuni comuni ci si è ritrovati con le ruote bucate perché qui non si è ricevuto il permesso a transitare dalle legge del male. Ma la piena consapevolezza di aver scelto la strada giusta rafforza ogni volta la voglia di andare avanti. Quest’anno Domenico Filosa ha ricevuto a Napoli dall’Arma dei Carabinieri un’alta onorificenza per il proprio impegno nel sostenere con determinazione e coraggio la legalità.

Il Panificio DOC ha sede in via Masseria Monaco Aiello 1, San Sebastiano al Vesuvio. Tel. 081 5741042.


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