Don Alfonso e i nuovi piatti di Ernesto Iaccarino

Quando apre il Don Alfonso? Apre il Don Alfonso. Ha riaperto il Don Alfonso? Come gli orologiai di Konisberg mettevano a posto l’ora quando passava Kant famoso per la sua precisione, così la stagione della Penisola è segnata dall’inizio ufficiale della famiglia Iaccarino a Sant’Agata sui due Golfi.

La sala è sempre uguale, luminosa e mediterranea. Quest’anno non ci sono sostanziali novità strutturali nel ristorante.

Ci sono capitato per caso, un appuntamento con Giuseppe Di Martino, il re della pasta di Gragnano, uno dei pochi imprenditori dell’agroalimentare appasisonato gourmet e impegnato nel 2.0. Dove andiamo? Massì, andiamo al Don Alfonso.

 

Il servizio in sala è sempre perfetto, l’atmosfera è ormai quasi ferma nel tempo: si tratta del Giovedì Santo, a Sant’Agata c’è nebia come in Val Padana, ma la sala è piena di turisti e appassionati.

Siamo curiosi di provare le nuove cose per capire verso cosa si sta orientando la cucina, anche alla luce delle esperienze all’estero di Ernesto. Troviamo una proposta molto rilassata, con la prua puntata sulla tradizione e una predisposizione accentuata alla freschezza piuttosto che all’equilibrio tondo del piatti e questo non può che farci piacere. Anno dopo anno Ernesto sta maturando consapevolezza liberandosi dall’ansia di dover sempre dimostrare qualcosa come succede  tutti i figli di uomini dalla forte personalità

Il benvenuto e il primo antipasto sono degli starter di freschezza e territorialità molto centrati.

 

Anche l’uovo al tartufo riesce ad essere molto leggero e non appesantisce, il suo ritorno nei menu dei grandi ristoranti italiani era necessario. Ora aspettiamo il pollo.

Non ci fate caso: è stata una nostra richiesta alla cucina perché il Giovedì Santo a Napoli si mangia la zuppa di cozze. Ma la tradizione è tradizione, io sono scaramantico ed è andata così, pago il daziodegli sfottà di Mario: d’ora in avanti i piatti si pagano a peso:-)

Insomma, non è proprio la zuppa di cozze alla napoletana, però l’importante è avere l’idea. Invece del forte c’è la crema allo zafferano.

Partiamo con gli spaghetti, acidità, mare, semplicità e tanta freschezza. Grande piatto di primo.

Anche il secondo è molto fresco: l’acidità del pomodoro bilancia lo gnocco ripieno in maniera perfetta.

La carne di manzo, insieme agli spaghetti, è forse il piatto che più ci è piaciuto. Di solito arrivati a questo punto ci si siede, ma in questo caso il gioco è ancora stato puntato tutto sulla salsa che regala altra acidità e il piatto si finisce.

Più classico, invece, il piatto ottenuto da questa beccaccia marocchina che ha attraversato il Mediterraneo per finire in questo piatto. Piatto di selvaggina giocato sulla materia prima e sul tartufo ben dosato, che regala l’allungo senza sovrastare.

Finale, di dolci con ancora tanta leggerezza.

 

 

Insomma, una partenza sicura, allegra, consapevole dei tempi difficili, ma che ha alle spalle molto mestiere ben capitalizzato. Ormai in cucina il ricambio è ben definito, in sala Mario e Livia si alternano e il tono dell’atmosfera non ha mai cadure.
Il Don Alfonso, insomma, resta sempre una esperienza imprescindibile quando si vuole conoscere la nuova cucina campana, il punto di partenza necessario per tutti palati e tutti gli orientamenti.
Ecco il servizio del Don Alfonso 2012 sui piatti di Ernesto e del Don Alfonso 2011


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