Effetto Striscia: morte di un ristorante di provincia

Pubblicato in: Polemiche e punti di vista

Salerno, chiude il Conte Andrea

Da Raffaele Pappalardo via Facebook. “Finita la storia Conte Andrea. Il 28 si chiude : è finita un’altra storia di qualità a Salerno, un peccato. Grazie dott Pignataro per il suo sostegno ma a Salerno la qualità non viene ancora capita esco sconfitto ma a testa alta. Ciao a presto”.

Faccio da 22 anni un lavoro dove le cattive notizie, le peggiori, sono ormai routine cinica quotidiana pari all’impatto psicologico del rumore di un orologio di un computer.
Ma questa lascia l’amaro in bocca perché dimostra quanto sia profonda la melma dei sensi comuni rimestata da Striscia la Notizia, nutrita su questi elementi: 1-la paura del nuovo; 2-l’istinto di conservazione; 3-l’appiattimento mentale; 4-gli interessi delle multinazionali del cibo che usano chimica a go go; 4-l’autorefernzialità attuale italiota simile a quella del Ventennio (del resto, ci siamo quasi…); 5-la gelosia e l’invidia verso chi si è affermato onestamente; 6- la superficialità culturale; 7-i luoghi comuni; 8-la totale indifferenza della maggioranza delle persone per quello che mangia e beve; 9-Il ministro Zaia che addenta il panino McItaly come gli indiani cavalcavano nel circo di Buffalo Bill ridotti a buffoni dei bianchi vincitori; 10-la crisi che rende tutti più cretini.

L’effetto di questa campagna contro la ristorazione di qualità, come è ovvio, colpisce anzitutto i più deboli e nelle zone periferiche. Un’onda lunga che si alimenta.
Il Conte Andrea è un piccolo locale gourmet nel centro di Salerno, vicino Napoli, con un potenziale bacino di utenza di 157.000 residenti nel capoluogo, un milione in provincia, sei milioni in regione e altri 300.000 in provincia di Potenza che ruota verso il Golfo di Salerno.

E’ stato aperto tre anni fa in un posto molto favorevole, proprio di fronte alla questura e alla prefettura, a cento metri dal bellissimo teatro comunale e dal mare, nel cuore della movida che vede ogni notte migliaia di giovani e meno giovani girare per decine e decine di locali sparsi nel centro storico, sapientemente ripreso negli anni ’90
Eppure questa gioia di vivere è la campana a morte della qualità.

Difficilmente si paga sopra i 40 euro, un bacino di utenza così vasto potrebbe sopportare benissimo 25 coperti al giorno per questa cifra. In fondo è un pieno di auto di piccola cilindrata al quale non rinunciamo pur potendo usare mezzi pubblici e passaggi.

Non fa una cucina virtuale, i sapori sono quelli tradizionali ma presentati in modo aggiornato con qualche divertimento di incrocio terra-mare.

Il servizio è curato, con un sommelier professionista in sala.

Eppure lo chef annuncia la chiusura.

Non credo sia un problema economico, quanto piuttosto un problema culturale, mentale. E non solo di Salerno come scrive amareggiato Raffaele Pappalardo, ma di tutte le città di provincia. Anche a Bottura i modenesi chiedevano i tortelli con la zucca e sapendo che non c’era uscivano lasciando indignati il ristorante.

Purtroppo la tanto esaltata provincia italiana è bella perché è tranquilla, sicura, più ordinata, ma spesso la realtà presepiale è soffocante per il cervello, la creatività, la voglia di misurarsi con il mondo. Ci si adagia, si perde la spinta al miglioramento e spesso la curiosità che è la molla della vivacità mentale.
Tutti i capoluoghi presentano problemi analoghi. Spesso anche le città medio grandi come Bologna, Reggio, Palermo, la stessa Torino.

E’ l’Italietta di Rosarno, dell’abusivismo e dell’odio, che vive palpitante ovunque arrabbiata per non essere diventa abboffata di superfluo quanto desiderava, almeno quanto il miliardario pifferaio che la incanta.

Forse il fascino profondo della gastronomia è proprio l’essere lente di ingrandimento della predisposizione culturale di una comunità. Nel bene e nel male. In provincia, ad esempio, è anche comune la figura del gourmet tronfio che dice di conoscere tutta la Francia mostrando sovrana indiferenza verso quel che succede sotto casa per paura di sembrare provinciale. Come negli anni ’90 si bevevano i Supertuscan invece delle bottiglie di territorio. Imbecilli ciucci e presuntuosi che appallano poi con recensioni non edibili.

In un Paese normale, dove però, caro Max, non è normale fare inciuci con il nemico, il Conte Andrea avrebbe reso ricchi chi ci lavorava. In un paese normale la trasmissione più seguita di prima fascia non provocherebbe la chiusura dei ristoranti con inchieste allarmistiche, ma premierebbe la qualità.
In un paese normalmente colto, invece dei discount e dei pub in franchaising, aprirebbero locali di gusto etico ed estetico.

Ecco, fate un gesto consapevole: è aperto ancora per dieci giorni. Andateci a mangiare per salutare questi ragazzi coraggiosi e bravi.
Sta in Via Roma. Tel.089.9951832. ristoranteilconteandrea@live.it


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