Enzo Coccia e la pizza napoletana

Pubblicato in: Personaggi

La nonna materna si chiama Fortuna ed è stata lei ad avviare la tradizione di famiglia che, come spesso accade in questo settore, ha inizio con una donna.

Fare pizze, soprattutto fritte, era una attività familiare integrativa per rispondere alla domanda delle città brulicante di gente dalla mattina alla sera. Brulicante e affamata.

Enzo Coccia, giusto vent’anni fa, lascia la Duchesca per aprire con i suoi risparmi un piccolo locale a via Caravaggio. Non immaginava che la rivoluzone della pizza napoletana sarebbe partita proprio in una zona dove non c’erano locali famosi.

Anni bui e difficili per il simbolo di Napoli, quando era legge l’affermazione secondo la quale si possono anche utilizzare gli ingredienti peggiori, tanto «è sempre buona».

Come tutti i rivoluzionari, Enzo vede quello che tutti si limitano a guardare e inizia a lavorare sull’impasto per renderlo il più digeribile possibile. Anno dopo anno, pizza dopo pizza, quel piccolo locale con quattro tavoli diventa la meta di chi è stanco di mangiare pizze banali.

Il suo calzone fritto è un piccolo grande capolavoro di leggerezza e riconcilia questa cottura con i salutisti.

Dopo l’impasto inizia a puntare sulla qualità degli ingredienti anche grazie all’incontro con Slow Food che proprio alla fine degli anni ’90 inizia a ragionare sul futuro della pizza napoletana. Ma Enzo è uno a cui piace alzare l’asticella in continuazione ed è così che, unico caso a Napoli, nella stessa lunga strada che collega il Vomero a Fuorigrotta apre una pizzeria di nuova concezione, con bollicine e birre artigianali.

Una nuova rivoluzione, adesso una conditio sine qua non per essere presi in considerazione. I tradizionalisti alzano le spalle, ma il pienone è assicurato ogni sera. Come anche nel locale in cima alla strada, di recente ampliato sino a triplicare lo spazio. Così Enzo, generazione di mezzo tra i vecchi pizzaioli e i giovani, riesce a riassumere le due anime attuali della pizza, quella popolare e quella gourmet, senza tradire mai se stesso.

Sicuramente, quando si scriverà la storia della pizza napoletana dell’ultimo secolo, il capitolo dedicato a lui dovrà essere intitolato: lo spartiacque tra passato e presente.


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