
Errico Porzio, 49 anni, è forse il pizzaiolo più amato sui social dove conta centinaia di migliaia di follower. Ma l’aspetto più interessante della sua storia che non parliamo di un personaggio bravo solo a smanettare, ma di un professionista che ha lavorato facendo una lunghissima gavetta, abituato però a guardare al futuro oltre che a curare la comunicazione fin dai suoi primi passi. E’ stato capace di passare da una piccola pizzeria di asporto a una catena artigianale con circa 500 dipendenti. Lo vediamo dalla sua risposta al suo piatto preferito.
Una pizza per i 2500 anni di Napoli
“Sembrerà banale, ma il mio piatto preferito è la pizza. Ma non una qualsiasi, quella che sto per dedicare ai 2500 anni della nostra città che spero abbia successo e che sia ricordata come un mio contributo alla storia del cibo più popolare del mondo”.
Errico, una lunghissima gavetta
“Certo, ho iniziato a lavorare a 12 anni seguendo mio padre Antonio che arrotondava quello che guadagnava come dipendente di Scaturchio lavorando nella pizzeria di mio zio Mario Pellone e Cavalleggeri d’Aosta. Da quel momento non mi sono più allontanato da questo mondo, ovviamente da bambino mi affascinavano i movimenti dell’arte del pizzaiolo, la pizza che si ammaccava, quando la facevano volare in alto come fanno i pizzaioli acrobatici.”
E la tua prima pizza?
“A 14 anni, quando venne a mancare un formaio e mio zio si mi disse “Chiattò, mettiti al 0 metri. forno”
Chiattone?
“Si da bambino ero decisamente in sovrappeso”.
Poi come continua la tua carriera?
“Eravamo tre figli, bisognava lavorare e io cominciai a fare le stagioni in Calabria, regione che amo molto perché mi ha sempre accolto bene, poi a 18 anni fui chiamato proprio come pizzaiolo a La Reginella a Posillipo e inziiai a guadagnare 700mila lire a settimana e qui rimasi per quattro anni”.
Quando hai aperto il tuo locale?
“Era il 2000, mio padre aveva perso il lavoro da Scaturchio, si liberarono i locali di un pizzeria, appena 25 metri. Così cominciammo a fare asporto con l’aiuto di mia moglie. All’inizio mi dividevo con il lavoro la mattina a La Reginella, la sera in questa piccola pizzeria che chiamammo Lampo. Poi, dopo la scomparsa prematura di mio padre, si offrì l’occasione di allargarci e passare a 80 metri. Erano tempi difficili, io e mia moglie Valentina facevamo volantinaggio per attirare l’attenzione. Non mi vergogno a dire che utilizzammo anche i groupon.”
Quando hai percepito di avere successo?
“Tra il 2016 liberò un locale di fronte alla pizzeria e lo dedicammo solo all’asporto e poi un altro ancora che ci consentì di aprire Errico Porzio 2. Eravamo ben inseriti nel nostro quartiere, la gente apprezzava il prodotto e ci potemmo fino alla prima proposta da parte del mio commercialista di aprire una pizzeria con pizza al portafoglio al Vomero. Nel 2019 con Emme distribuzione aprimmo al 50 per cento Al Solito Porzio ad Aversa. Sempre con il commercialista andammo a Salerno nel 2019 e da allora è stato un crescendo sino all’ultima apertura a Palermo”.
Che tipo di impostazione ai dati per avere questa crescita?
“Ci tengo a dire che i miei locali non sono franchising, non metto solo il nome. Sono a gestione diretta, giro tantissimo per curare i dettagli. Certo è molto faticoso, ma al momento ho le energie per farlo, soprattutto mi piace e continuo sino a quando posso. Poi si vedrà.”
Parliamo di Porzio Influencer. Non sei un giovincello di primo pelo eppure sei il beniamino dei bambini.
“Come tanti miei colleghi ho capito che i social sono fondamentali per la crescita di un locale. Durante la Pandemia l’ho capito ancora di più. Non ho un segreto, cerco di essere me stesso, di trasmettere solo allegria e positività, ogni tanto qualche trovata. Per esempio la recensione da Cracco che ebbe molto successo. Vorrei dare anche un consiglio a qualche mio collega: le critiche e le polemiche fanno sempre male, anche a chi ha ragione. La gente si vuole distendere, parliamo di pizza. Godetevi la vita, non pensate agli altri e dedicatevi al lavoro, vedrete che il successo arriverà”.
Tu sei un pizzaiolo tradizionalista o contemporaneo?
“Devo dire che questa divisione mi da un po’ fastidio. Sicuramente, se questa è la domanda, non amo i cornicioni grandi e faccio un impasto diretto che per me resta l’essenza della pizza napoletana. Detto questo ognuno fa la pizza che gli pare, sarà poi il pubblico a scegliere. Poi il cibo è una moda, vogliamo parlare ad esempio della tradizionale ruota di carro che adesso sta attirando l’attenzione anche dei più giovani?”
Nei social quanto conta l’estetica?
“Sicuramente sì. Però io dico che se uno viene la prima volta e prova una pizza perché la vista su Facebook o su Instagram ma non la trova buona molto semplicemente eviterà di ordinarla la seconda volta. Quindi è una forma di comunicazione moderna ed efficace. Ma sotto ci deve essere sempre e comunque la qualità. Il cliente quando passa dal virtuale al reale deve uscire soddisfatto e soprattutto con la voglia di tornare”.
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