Napoli, Pizzeria Palazzo Petrucci. Michele Leo scende in campo e fa goal

Pubblicato in: La Pizza e basta

Piazza San Domenico Maggiore 5/7
Aperto sempre
Tel. 081.5512460
Marinara 5 euro, Margherita 6, altre da 7 a 10. Servizio 10%

di Tommaso Esposito

Michele Leo ha lasciato l’accademia e i banchi di scuola.
Anni di allenamento da docente con il Gambero Rosso.
Le farine, le acque, i lieviti.
Gli impasti. Lo staglio. I panetti.
La lievitazione, la maturazione.
L’ammaccatura.
I condimenti.
I forni e i fuochi.
Le cotture.
La tradizione.
L’innovazione.
Capitoli, frames di un capolavoro tutto napoletano.
Stanno dentro di lui sebbene trasferiti a centinaia di allievi.
Ora è sceso in campo.
Da qualche settimana occupa da pizzaiuolo praticante la postazione più bella che Napoli gli abbia potuto offrire.
Palazzo Petrucci, pieno centro, a valle di Via dei Tribunali, dove nel giro di pochi metri sono sedimentati e narrati secoli di storia partenopea.
Lino Scarallo, lo chef di Palazzo, gli sta accanto.
Si prospetta una joint venture da favola.

Intanto si comincia, pieno rodaggio di gomiti e papille.
Vediamo.
Menu essenziale.
Dodici Pizze.
La Mozzarella e tre taglieri di formaggi e salumi selezionati.
Qualche dolce napoletano.
Birre artigianali e cantina in comune con quella del ristorante vicino.
Interni ristrutturati in stile minimal tecno.
Si scelgono e si gustano in sequenza:
Bufalina del Vesuvio con pomodoro del piennolo, mozzarella e parmigiano.

Tutto a crudo con pomodoro cuore di bue, mozzarella di bufala e sedano croccante.

Vegana con patate e verdure di stagione con crumble di mollica di pane al basilico.

La Mia Mastunicola, cioè di Michele Leo, con pomodorini gialli del Vesuvio, sugna, pecorino e pancetta di maiale.

La Margherita con pomodoro San Marzano Dop, fiordilatte, parmigiano.

La Marinara con Pomodoro San Marzano, dop, origano, aglio, e l’eretico basilico.

Ecco le impressioni.
Pizza di taglia M, quella che sta entro il piatto senza raggiungere e superare il bordo, modello Vomero per intenderci. Cornicione alto e moderatamente alveolato sebbene soffice ed elastico, disco ultrasottile.
Al palato tratti comuni dell’impasto, portato a maturazione oltre due giorni in temperatura controllata, sono il suo gusto fragrante, la sua estrema scioglievolezza e levità, nonostante l’accennata crosticina, e la cottura perfetta avvenuta tra il ventre e la bocca del forno.  Più che da manuale.
Così pure è di alto livello la scelta delle materie prime dai pomodori, agli ortaggi, ai condimenti.
Il risultato è quello di una pizza napoletana tra le migliori cinque che Napoli città oggi possa offrire ad un costo moderatamente contenuto.

Tutto questo in una cornice monumentale e architettonica da favola, con un servizio cortese, attento e in un’atmosfera rilassante.
Slow, ovèro!


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